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Palazzi & potere
La Lega di Salvini si appresta a cambiare pelle

La Lega, stimolata, all'interno, da personalità politiche come il governatore della Regione Veneto, Luca Zaia e dal vice segretario del partito, Giancarlo Giorgetti e, dall'esterno, da politici liberali sopra la mischia come l'ex presidente del Senato, Marcello Pera, sta cambiando pelle un'altra volta, scrive Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi. L'operazione, a lungo sotto traccia, dove si sviluppava in borbottii contenuti e in prese di distanza appena accennati, adesso è emersa chiaramente in superficie e sta diventando un esplicito terreno di dibattito anche perché la risolutezza di Salvini è stata nel frattempo attenuata dall'isolamento politico nel quale il partito si è venuto a trovare dopo aver fatto saltare il primo governo Conte al quale Salvini ha fatto improvvisamente mancare il suo sostegno.

Il segretario della Lega, chiedendoli dal Papeete Beach di Milano Marittima, voleva i «pieni poteri» e invece, grazie anche alla inaccettabile politica dei Dpcm di Conte, tollerati da troppi, li ha persi tutti, i poteri. Anche quelli che, come opposizione, gli spetterebbero di diritto. Non solo, dopo essere diventato il primo partito italiano per voti conseguiti, la Lega, investita da un fuoco politico, mediatico e giudiziario, concentrato, che ricorda i peggiori tempi di Berlusconi al governo, pur non perdendo molti consensi, ha cominciato una fase discendente che, per evitare che il suo partito entri in vite, e quindi diventi irrecuperabile, esige provvedimenti adeguati.

La Lega, per decisione e merito di Salvini, da partito risolutamente secessionista, voluto così da Bossi, che aveva come nemici il Sud del paese e Roma ladrona, si è trasformato quasi improvvisamente in un partito nazionale, che vuole rappresentare tutto il paese. Siccome tutti i partiti (anche se tutti non lo ammettono, ma le cose stanno così) per stare in piedi, hanno bisogno di un bau-bau, quest'ultimo, non essendo più il Meridione, era diventato, per la Lega, l'Unione europea.

Solo che Salvini, pur sapendo che attaccando il Sud ne perdi i voti (infatti la Lega di Bossi, prima del grande balzo di Salvini prendeva il 7% dei voti) non ha tenuto conto che, attaccando frontalmente la Ue, sarebbe stato stritolato da quest'ultima, così come essa aveva già dimostrato di saper fare con Silvio Berlusconi il cui governo infatti, ai tempi di Napolitano, non fu mandato a casa dal voto degli italiani, ma direttamente da una crisi finanziaria e politica alimentata specificamente da Bruxelles.

Pur essendo da diverse legislature un parlamentare europeo, Salvini ha sottovalutato pesantemente l'Europa. E non si capisce perché abbia potuto farlo, visto che spesso è sì un politico grossier ma al quale non manca certo il fiuto di capire le cose. Sul piano europeo infatti Salvini ha fatto tutti gli errori che avrebbe potuto combinare, muovendosi come un elefante imbizzarrito nella cristalleria dell'Unione. Sulle prime, il proprietario della cristalleria (la Ue) allarmato dai barriti sconsiderati di Salvini e dalla cristalleria che andava in frantumi, è rimasta allibito perché non pensava proprio che esistesse un suicida in grado di alimentare un tale sconquasso.

Per non lasciarsi mancare nulla, Salvini decise anche di allearsi con Marine Le Pen che, in Europa, è come toccare il filo dell'alta tensione. Chiunque rimane fulminato. Non credo che sia giusto, ma è così.

Non solo, incurante di aver imboccato con la sua vettura-partito la via dei campi, a livello europeo, si era alleato ai 5stelle proprio mentre questi ultimi, guidati da Giggino Di Maio, decisero di andare a Parigi per portare la loro solidarietà e sostegno ai gilet gialli, provocando così il ritiro immediato dell'ambasciatore francese dall'Italia. Una misura, questa, (per dare l'idea dell'imbufalimento di Macron) che non era mai stata più presa da quando l'Italia, all'inizio della seconda guerra mondiale, aveva deciso di dichiarare guerra alla Francia, per dire.

L'ulteriore passo anti-Ue di Salvini fu quello di offrire la sua sponda al paesi del Gruppo di Visegrad (Polonia, Cechia, Slovacchia, Ungheria). Questi paesi sono fastidiosi per Bruxelles perché si oppongono esplicitamente alle politiche di immigrazione alluvionale e di assimilazione forzata. Bruxelles, anche se infastidita, sa però che questi sono paesi che vanno capiti perché sono stati occupati e calpestati per secoli. L'ultima dominazione è stata quella sovietica che è stata durissima e il cui ricordo è ancora diretto e recente. Infatti chi, in questi paesi, ha più di 50 anni sa che cosa vuol dire non essere padroni in casa propria. E quindi questi sono inevitabilmente dei paesi particolarmente sensibili a qualsiasi riduzione delle loro sovranità.

Ma, essendo demograficamente irrilevanti e politicamente scafati, essi svolgono una funzione critica ma non si propongono certo di dissolvere la Ue. Anche perché non ce la farebbero in ogni modo. E loro (al contrario di Salvini) lo sanno perfettamente. Se però ad essi si aggiunge la Lega che è il partito più votato in Italia che, a sua volta, si allea al Rassemblement National (che è il partito della Le Pen, secondo partito più votato in Francia) allora la rivolta all'interno dell'Europa, da folcloristica, diventa strategica per cui in Europa, dove non operano, come in Italia, dei dilettanti della politica (basti vedere i sorci verdi che stanno facendo vedere alla Uk di Boris Johnson) hanno adottato il piano di emergenza, non contro l'Italia, ma specificatamente contro Salvini che, da questo scontro, ha rischiato di uscirne con le ossa rotte, come del resto gli ricordava spesso anche il suo vicesegretario Giorgetti che continua ad essere leale con Salvini (con grande disappunto dei grandi media e dei grandi politici italiani che puntano da sempre sul divide et impera fra i loro avversari). Ma Giorgetti, pur rimanendo leale a Salvini, non ci sta ad avallare una deriva suicida della Lega. Che, secondo lui, deve rapidamente trovare un rapporto di collaborazione con la Ue. Non dico che debba fare come i grillini che, da forza eversiva alleata addirittura dei gilet gialli francesi, hanno fatto un doppio salto carpiato all'indietro che non riesce nemmeno agli acrobati del Circo di Pechino. I grillini infatti, improvvisamente e senza fare una piega, hanno fornito i loro voti, che erano determinanti, per far eleggere presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, braccio destro di Angela Merkel, che, senza i voti dei grillini, sarebbe stata restituita, fracassata, alla sua nazione di partenza.

Per rendersi potabile (che poi è anche l'unico modo per poter sopravvivere politicamente in Italia) Salvini deve adesso muoversi in modo tale per poter essere credibile nel porre la candidatura del suo partito come componente del partito popolare europeo (il partito dove la Merkel suona la musica). Nel partito popolare europeo oggi già siede il partito di Berlusconi al quale quindi la Lega dovrebbe unirsi in rappresentanza dell'altra fetta (oggi diventata maggioritaria) del centrodestra italiano.

Solo da quella posizione, Salvini potrebbe dire di aver toccato finalmente terra dopo una traversata difficile e guascona, fatta in gran parte a nuoto, fuori dalle regole dei grandi partiti che sono coscienti delle forze con le quali si debbono intendere o scontrare. O tutte e due.

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