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Palazzi & potere
Economia, Politica, Finanza: Elio Lannutti a tutto campo

Matteo Renzi afferma che contro suo padre nell'ambito del caso Consip non c'è nulla se non il suo cognome: Lei che è uno dei massimi esperti in Italia di questioni giudiziarie riguardo banche e aziende, avendo anche vinto tantissime battaglie, che ne pensa? Qual è la sua opinione a riguardo?

Affermare che il cognome abbia penalizzato Babbo Renzi nel gravissimo scandalo Consip, mi pare un’eresia. Stiamo ai fatti ed ai gravissimi intrecci di interessi, alle pressioni ed omissioni, su un appalto pubblico truccato da 2,7 mld di euro, che hanno lambito fior di istituzioni, compreso il Consiglio di Stato accusato di corruzione in atti giudiziari. Il 30 agosto 2016, il presidente del Consiglio Renzi, sempre più baldanzoso ed arrogante, con la sicumera della vittoria in tasca al Referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, dati gli appoggi di mezzo mondo, compresi i banchieri di affari (JPMorgan in primis) e la grande finanza internazionale, ritenendo di avere l’Italia sotto il tallone, fece approvare dal Consiglio dei ministri per decreto (quindi con carattere di urgenza) una proroga dei pensionamenti per i magistrati a 72 anni, solo per i vertici di Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei conti e Avvocatura dello Stato. Una norma così discriminatoria ed incostituzionale, da contrariare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che tuttavia controfirmò. Il pasticcio ebbe inizio nel 2014, sempre per volere di Renzi (contrario il Guardasigilli Andrea Orlando), nell’approvazione di  una legge che portava da 75 a 70 anni l’età per la pensione per i magistrati, senza  norma transitoria o scaglionamento, per aggiungere ancor più caos all’amministrazione della giustizia, generando un vuoto di organico di ben 1.000 giudici, malgrado il Csm abbia provveduto ad oltre 400 nomine (coi consueti metodi spartitori tra le correnti rappresentate nel Consiglio Superiore).

Il beneficiario più importante di quel decreto, il primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, alto magistrato per il quale il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, si era impuntato sulla sua proroga dopo averne già beneficiato nel 2015, grazie alla quale concorrere e diventare presidente della Cassazione. I fatti parlano anche di Giovanni Colangelo, procuratore Capo della Repubblica di Napoli, che da quando aveva  assunto la carica di procuratore della Repubblica di Napoli, il 2 maggio del 2012, aveva assestato molti  colpi alla criminalità organizzata, tra Napoli e Caserta, smantellando la struttura federativa del clan dei Casalesi, (che esiste ancora in fazioni separate); gli ingenti sequestri dei patrimoni riconducibili ai clan; le inchieste sulle connivenze tra malaffare organizzato, politica e imprenditoria; le indagini sugli illeciti nella pubblica amministrazione e quelle per assicurare alla giustizia i killer delle vittime innocenti di camorra, mandato in pensione il 17 febbraio scorso, nel pieno dell’inchiesta che faceva tremare il giglio magico. Un addio  inesorabile, nonostante l’impegno istituzionale a mantenere in servizio, almeno fino alla fine dell’anno, i capi degli uffici minori, diversamente dagli altri vertici prorogati.

Infine, come scrivono sull’Espresso, Nello Trocchia ed Emiliano Fittipaldi, in un articolo del 14 maggio 2017 dal titolo: “Corruzione in atti giudiziari: trema il Consiglio di Stato”,  nel nuovo esplosivo filone dello scandalo Consip, l'indagine si concentra su una presunta compravendita di sentenze nella giustizia amministrativa. L’Espresso svela gli affari dell'ex presidente Virgilio con l’avvocato Amara, indagato per associazione a delinquere per frodi fiscali, e il renziano Bacci. “Una di queste sentenze, in particolare, suscita ancora l’interesse negli investigatori: quella del 2015 che ha restituito a Silvio Berlusconi le azioni di Mediolanum, che sia Bankitalia, in virtù della condanna definitiva subita dall’ex premier, e poi il Tar avevano imposto di cedere. Sulla fotocopia della sentenza di Palazzo Spada, forse scaricata da Internet, c’era un appunto manoscritto che segnalava presunti incontri tra legali di B. e persone dentro il Consiglio di Stato. Per la cronaca presidente del collegio giudicante era il presidente di sezione Francesco Caringella (che ha scritto di recente un libro con Raffaele Cantone e che in una lettera al “Corriere della Sera” ha rifiutato con forza qualsiasi insinuazione), mentre relatore della sentenza è stato Roberto Giovagnoli, un giovane magistrato attaccato anni fa da un altro giudice, Alessio Liberati, per aver vinto il concorso «senza i titoli necessari». Infine, il presidente Renzi, invece di fare la vittima, dovrebbe spiegare perché ci siano stati due pesi e due misure degli inquirenti, che hanno sequestrato telefonino e computer di Marco Lillo, il giornalista del Fatto che tra i primi aveva raccontato lo scandalo, le indagini sul magistrato Henry Woodcoock e la giornalista Rai Federica Sciarelli, mentre il telefonino del ‘su babbo’, che poteva contenere prove schiaccianti e notizie interessanti, non è stato neppure sfiorato. Dati questi fatti incontrovertibili, non è difficile immaginare l’epilogo.

 

Con la possibile vittoria dei 5 stelle in Sicilia, cosa cambierebbe nel panorama politico italiano? La Sicilia potrà veramente essere un 'trampolino di lancio'?

Mi auguro che il M5S, l’unica ed ultima speranza di un Paese ai primi posti per corruzione, tra gli ultimi per libertà di stampa, possa ottenere la vittoria in Sicilia, arrivando a governare la prima Regione a Statuto speciale super indebitata, dopo grandi comuni come Torino e Roma, il cui giudizio sugli amministratori di queste città spolpate e saccheggiate da decenni di malgoverno, ruberie, grassazioni, nomine amicali e clientelari, parentopoli ed affini, che hanno portato al collasso, primarie municipalizzate  che erogano prestazioni pubbliche degradate nei servizi offerti agli utenti, dovrebbe essere cautamente sospeso fino alla fine della legislatura. La vittoria in Sicilia, potrebbe essere il volano per una prospettiva di governo per l’Italia, che per paradosso potrebbe diventare ancor più difficile, portando la partitocrazia a fare carte false pur di arginare il M5S ed il popolo degli onesti, fatto di risparmiatori espropriati e truffati da Bankitalia e dallo Stato; di pensionati ed insegnanti traditi;  artigiani, commercianti e PMI perseguitati dal fisco e dalle banche sui quali grava un carico fiscale insostenibile; lavoratori sfruttati dal Jobs Act, dalla precarietà e dalla concorrenza dei disperati, immigrati a basso costo costretti a lavorare 15 ore per 15/20 al giorno; giovani talenti umiliati, costretti ad andare all’estero dopo essersi formati in Italia, ai quali la partitocrazia ha rubato presente e futuro. Tuttavia mi permetto di fare qualche osservazione, sul M5S, fatto di bravissimi ragazzi e ragazze, la futura classe dirigente formata in pochissimo tempo dalla genialità di un comico e da un visionario mite com’era Gian Roberto Casaleggio. Ricordo che l’8 settembre di dieci anni fa, in pochissimi (e mi permetto di dire, che fui tra quelli che parteciparono ad  un evento straordinario del potere messo alla berlina), condivisero il Vaffa Day, con il sottotitolo “Parlamento Pulito”, lo sberleffo di Beppe Grillo alla partitocrazia ed al parlamento pieno di indagati, che mass media e Tv, guidati  come di consueto dai cinegiornali Rai-Luce, volevano censurare ed ignorare. Beppe Grillo riteneva in quegli anni, che il ‘sistema politico’ potesse autoriformarsi, al punto che provocatoriamente tentò di offrire un tangibile contributo nell’estate 2009, iscrivendosi alla sezione Pd di Arzachena, per partecipare alle primarie e diventare segretario, ricevendo da Piero Fassino il diniego, perché ostile, sfidandolo a farsi un partito. Nel 2009 infatti, l’ex segretario Fassino dagli studi di RepubblicaTv, intervistato da Massimo Giannini attacca il comico genovese: "Se Grillo vuol fare politica - testuali parole - fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende". https://www.youtube.com/watch?v=8T_8D_0PEPU .

Partiti e giornali, che dopo aver contribuito a cacciare anni prima Beppe Grillo dalla Rai, continuavano a definire volgare fascista qualunquista, uno statista travestito da comico, che dopo aver visto e previsto il crac Parmalat, lo scandalo della Banca d’Italia, l’inquinamento e le nuove tecnologie per attenuare l’impatto ambientale, oltre mille altre idee e proposte per un’Italia migliore, ha avuto il coraggio nel 2012 di attraversare a nuoto lo Stretto di Messina, come primo atto di liberazione della Sicilia. In caso di vittoria in Sicilia, ci potrebbe essere la nuotata a ritroso da Messina a Reggio Calabria, per liberare l’Italia dalla partitocrazia marcia, corrotta, che ha si è mangiata l’Italia. Tuttavia, pur non volendo essere annoverato tra i tanti “consigliori”, troppi riciclati, che si accapigliano per un posto sotto i riflettori, già sostenitori di Renzi e del Si al Referendum del 4 dicembre 2016, adusi a fiutare l’aria ed il vento che tira per accreditarsi, mi permetto di suggerire ad una parte della classe dirigente del M5S, che si candida a guidare il Paese, di scacciare eventuali  tentazioni di calpestare i valori fondanti del M5S, barattandoli per il potere e la governabilità. Da ultima ruota del carro, qualora si dovesse verificare questo pericolo, me ne andrei finalmente in pensione, andando a dare il becchime ai piccioni su qualche panchina di un parco, come suggerì Beppe Grillo ad un dirigente di Vipiteno, in una famosa assemblea della Telecom Italia.

 

Che ne pensa del governo Gentiloni/Padoan? Pensa che si stiano muovendo bene rispetto alle esigenze dei cittadini?

Il governo Gentiloni/Padoan è l’esatta continuità di Renzi, sia nelle politiche economiche  restrittive dettate dalla Troika, che nei provvedimenti d’urgenza a favore delle banche, con miliardi di euro regalati ai banchieri di Intesa San Paolo, ben 17 mld, per salvare le banche venete a spese della collettività con conseguente aumento del debito pubblico, arrivato a 2.281,4 mld euro, dopo averne stanziate 20 per MPS;  eccetto che per i fenomeni di immigrazione, finalmente e giustamente contrastati dal Ministro degli Interni Marco Minniti. Un governo tutto fumo e poco arrosto, che grazie alla complicità dell’informazione, spaccia per successi i più cocenti fallimenti, sul piano del lavoro, occupazione, crescita del Pil, Anticipo Pensionistico Ape, con mutuo ventennale a tassi da strozzo per favorire banche ed assicurazioni, con la costante di restringere libertà e garanzie costituzionali verso coloro che osano reclamare i propri diritti lesi. Come ha scritto Giacomo Amadori in un articolo sulla Verità del 5 settembre 2017, una rete di controlli degni della Germania Est, prova la schedatura, le intimidazioni quotidiane e l’uso disinvolto di Digos e Forze di Polizia per controllare, in una stagione di atti terroristici, gli innocui pensionati truffati ed espropriati da Bankitalia e dallo Stato, 130.000 famiglie di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara, rei di voler protestare per aver perso i loro sudati risparmi ed essere costretti a rinunciare perfino alle cure mediche.

Un governo che galleggia, con l’ineffabile ministro dell’Economia, garante della stabilità del sistema bancario pieno di buchi spacciato per solido, scimmiottando la narrazione interessata di Bankitalia, smentito dai fatti e dalle cronache, e ciononostante tronfio a dispensare lezioni di finanza pubblica.  Aspettiamo curiosi il Def (documento di economia e finanza), ma a guardare dalle dichiarazioni del ministro Padoan, su debito pubblico, solidità delle banche, congiuntura economica, non c’è da essere tranquilli.

Al Consiglio Ecofin (25 maggio 2016),sui conti pubblici, Padoan: debito Italia scenderà molto rapidamente.

«Il debito pubblico italiano si è stabilizzato, ha smesso di crescere e non potrà stare fermo per molto tempo, scenderà rapidamente». Lo ha assicurato il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, all’Ecofin a Bruxelles, confermando come il governo preveda ancora la discesa del debito già quest'anno. il governo stima che il rapporto debito/Pil scenderà dal 132,7% del 2015 al 132,4% quest’anno, per poi calare al 130,9% nel 2017, al 128% nel 2018 e al 123,8% nel 2019.  http://amp.ilsole24ore.com/pagina/ADteXOP

«Continuiamo a prevedere per il 2016 l'inizio della discesa del debito e questo dipende da una diversa valutazione che noi facciamo in tema di privatizzazioni rispetto a quella delle istituzioni internazionali».

A giugno 2017, dopo 40 mesi  del governo Renziloni-Padoan, il debito attestato a 2.107,157 mld di euro a febbraio 2014, ha  registrato una impennata record pari a 2.281,4 mld di euro, con un aumento di 174,3 miliardi ossia 4,35 mld di euro al mese; 138 milioni al giorno; 5, 748 milioni l’ora; 95.800 euro al minuto; 1.596 euro al secondo; con un gravame di 37,666 euro per ognuno dei 60 milioni di abitanti, ed una tassa occulta pro-capite di 2.551 euro, in aggiunta alle decine di stangate a danno delle famiglie e dei cittadini.

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