Il decalogo del segretario Pd, scrive Blitzquotidiano.it, offre un adeguato termine di confronto per valutare le ragioni del sì (non necessariamente incondizionato) e quelle del no (non obbligatoriamente a prescindere).
Ha ragione chi invoca razionalità economica e denuncia le “danze immobili” di chi rifiuta per ideologia superata dai tempi e dai fatti 37 miliardi di prestiti a costo meno di zero (ne restituiremo circa 32) per mettere subito in sicurezza la sanità italiana?
“Il passato che ferma il Movimento 5 Stelle” chiama questa ostinazione Antonio Polito sul Corriere della Sera.
Oppure ha ragione chi teme non solo le famigerate condizioni capestro e l’occhiuta vigilanza subordinate agli aiuti come avvenne con la Grecia, ma è preoccupato perché finita l’emergenza il monte del debito italiano drogato anche dal Mes ci renderà ancora più vulnerabili e sotto tiro da parte dei mercati?
Sul Fatto quotidiano, Salvatore Cannavò risponde idealmente a Zingaretti.
Non punto per punto, perché il segretario del Pd enuncia in 10 mosse la strategia di riforma strutturale della sanità: il decalogo del giornalista raccoglie tutte le obiezioni, prova a rivelarne le illusioni prospettiche e a vaccinarsi da qualche “ritornello al limite della molestia”.
Primo, “non è vero che mancano le condizionalità”
Nessuno ha modificato o messo mano alla lettera dei trattati europei vincolanti: restano condizionalità e sorveglianza.
Anche perché, ed è il secondo punto, “il Mes non è un fondo salva-Salute”.
E’ vero che si parla di spese sanitarie “dirette e indirette”, ma il Mes resta pur sempre una banca che presta soldi a determinate condizioni.
Il presupposto sanitario non sostituisce gli altri presupposti, al massimo si aggiunge.
Dal momento che “la Commissione Ue non può garantire di più” (nel terzo punto Cannavò cita i commissari Gentiloni e Dombroskis) non ci si può illudere che “un Mes light” possa esistere (quarto punto).
Altra illusione è quello di considerarlo uno strumento di mutuo soccorso europeo: “la natura del Mes è garantire la stabilità” (quinto punto).
Tanto è vero che lo stesso scopo, la salvaguardia della stabilità (sesto punto “Il senso politico dell’articolo 136 del Tfue”), guida i principi di Recovery Fund.
Ed eurobond sottesi: se fosse vera la solidarietà perché non ci pensa il Mes ad emetterli?
Sette: “Il ricorso al Mes non riduce il debito”.
Punto nevralgico: il problema non sono le condizioni di accesso al Mes, ma quello che succede dopo.
“Quando la crisi sarà magari superata e all’Italia sarà richiesto di rientrare, sia pure nell’arco di dieci anni”.
Una domanda (ottavo punto) si impone: “nessuno lo utilizza, chissà perché?”.
Lo spiegava un esponente del Pd stesso, Emanuele Felice: bisogna calcolare l’effetto “stigma”.
Cioè la possibile percezione dei mercati secondo cui il Paese che ricorre al Mes è più vulnerabile, pregiudizio che farebbe salire il tasso d’interesse sul resto del nostro debito.
Per concludere, il gioco vale davvero la candela?
Si dimentica infatti che “il Mes è un creditore senior” come il Fmi: per cui bisogna attendersi un aumento dei rendimenti sul debito residuo italiano.
“Caro Mes, ma quanto mi costi?”. L’ultimo punto: davvero vale la pena indebitarci a queste condizioni per risparmiare, alla fine, 260 mln l’anno?
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