Palazzi & potere
Rcs, scoppia la grana Gazzetta. "No alla vendita per fare cassa"

Una montagna di debiti e un azionariato polverizzato. All' indomani dall' annuncio dell' uscita di Fca dallo storico editore di Via Solferino in seguito al matrimonio tra Repubblica e La Stampa, per Rcs quello che doveva essere l' anno del rilancio, presenta più sfide del previsto. Ma il mercato ieri ha visto solo l' aspetto speculativo e il titolo ha chiuso in rialzo del 3,4% a 0,58 euro.
I grandi soci dell' ex salotto buono si sfilano, oggi Fca (che nell' assemblea del 15 aprile ad Amsterdam avrà all' ordine del giorno anche la distribuzione agli azionisti della quota detenuta in Rcs, pari al 16,7%) e quanto prima, presumibilmente, anche Mediobanca (al 9,93% del capitale), e lasciano un gruppo alle prese con un piano industriale complesso e obbiettivi piuttosto ambiziosi. I cdr delle testate di Rcs hanno esplicitamente parlato di «debito voragine provocato da scelte industriali scellerate» e di una società «smembrata» e, negli anni, «pesantemente impoverita da scelte industriali disastrose» dopo anni di reggenza torinese. E, in effetti, il prossimo futuro del gruppo appare un percorso a ostacoli che potrebbe quanto prima passare da un nuovo aumento di capitale il cui esito, questa volta, non sarebbe scontato.
Finora il top management ha gettato acqua sul fuoco scrive il giornale: non c' è alcun bisogno di chiedere a soci di mettere mano al portafoglio. I numeri tuttavia non sono così rosei.
Sulle spalle dell' editore grava un debito di 487 milioni di euro, 3 volte superiore al patrimonio e 7 volte al margine operativo lordo. Considerando gli incassi derivanti dalla cessione di Rcs Libri a Mondadori, il debito scenderebbe, secondo le stime, intorno ai 350 milioni.