Papabili/ Ritratto di Tarcisio Bertone, il segretario di Stato di Joseph Ratzinger
Di Antonino D'Anna

Certamente ha segnato un'epoca. Non è stato un diplomatico, spesso ha fatto cose che i diplomatici della Segreteria di Stato (il governo del Papa) hanno quantomeno in cuor loro poco approvato, ma nel bene e nel male è rimasto al suo posto malgrado i corvi, gli interisti (e i corvi interisti, che lo volevano vedere scendere le scale dei Sacri Palazzi, e di corsa) e qualche sganassone rimediato metaforicamente in quel di Milano dal povero Giovanni Maria Flick, suo uomo di fiducia che avrebbe potuto (dovuto?) prendere il controllo del San Raffaele, l'ospedale di Don Verzè travolto dai debiti. E pure all'Istituto Toniolo, la cassaforte dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Ma lui è sempre lì, con la sua simpatia e creatività salesiana. Stiamo parlando di Tarcisio Bertone, il Segretario di Stato vaticano voluto da Benedetto XVI nel 2006 per guidare la macchina vaticana. Scelto per quello che "non" è, e cioè perché non è un diplomatico a differenza dei suoi predecessori (e del suo immediato predecessore, il potentissimo Angelo Sodano), Bertone non ha avuto vita facile nella gestione del governo papale. Però ha saputo gradualmente piazzare uomini di sua fiducia (molti promossi anche al cardinalato) nei posti che contano.
Non ce l'ha fatta, in Vaticano, con l'AIF (l'Agenzia per l'Informazione Finanziaria, l'antiriciclaggio) guidata dal varesino cardinale Attilio Nicora. Non ce l'ha fatta contro la CEI in due occasioni importanti (Toniolo e San Raffaele), ma per il resto Oltretevere dicono SDB e la traducono ironicamente in "Sono di Bertone" quel che sarebbe invece "Società Don Bosco", ossia i salesiani. Purtroppo non si era portato il registratore con sé quando ha intervistato suor Lucia Dos Santos sul contenuto del Terzo Segreto di Fatima, e questo ha dato origine all'ennesima ridda di dietrologie e interpretazioni sul contenuto reale di quel colloquio, ma tant'è: ha scritto un bel libro con il grandissimo Giuseppe De Carli, indimenticato capostruttura Rai Vaticano, in cui raccontava del colloquio e del Caso Fatima. Da lungo tempo collaboratore del cardinale Joseph Ratzinger, poi divenuto Benedetto XVI, agli americani non è piaciuto e lo hanno bollato - nei cablo di Wikileaks che abbiamo pubblicato su Affaritaliani - come uno yes-man. Lui ci ha riso sopra dicendo: "Io uno yes man? Ne sono orgoglioso, questo giudizio rispecchia in modo colorito la mia sintonia con l'azione del Papa". Nel frattempo, però, chi gli è stato buon amico ha ottenuto incarichi importanti. Incluso il sanremese Marco Simeon, lanciato giovanissimo nel firmamento di Rai Vaticano (e non solo, visto che ha anche lavorato, e bene, con Cesare Geronzi).
Noto tifoso della Juventus, già telecronista per una Tv genovese quand'era arcivescovo sotto la Lanterna, ha dato impulso alla Clericus Cup, campionato vaticano per seminaristi e sacerdoti che però l'anno scorso avrebbe subito una battuta d'arresto. Problemi di tifosi non sempre moderati sugli spalti, dicono. Il che, per un campionato misericordioso in cui c'è l'espulsione a tempo (cartellino azzurro, che si somma ai tradizionali rosso e giallo), è forse un pelo troppo. Adesso si prepara al Conclave. Sta pensando a tutto: chissà se riuscirà davvero a nominare il successore di Ettore Gotti Tedeschi alla guida dello IOR, la Banca vaticana, o se dovrà aspettare il nuovo Papa. Di farlo Pontefice per il momento non sembra il caso: ha 78 anni, usciamo da un Papato comunque breve e forse sarebbe bene puntare ad un candidato "giovane", ossia tra i 60 e massimo 70 anni. Non sono pochi quelli che fuori dal Vaticano potrebbero azzoppare un suo candidato, ma don Tarcisio da Romano Canavese (i più complottisti dicono possa essere lui il "Pietro Romano" che sarà l'ultimo Papa secondo la profezia di Malachia) ha saputo darle e anche prenderle. Che, in un ambiente non sempre dalla navigazione facile, è la cosa più importante. Auguri.