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Regeni, il Copasir contro Renzi: "Un errore credere agli egiziani"
Regeni, il Copasir contro Renzi. Stucchi: "Un errore credere agli egiziani"

"Mi auguro che la famiglia di Giulio Regeni non debba veramente trovarsi costretta a rendere pubbliche le foto del corpo per ottenere giustizia. Quello che ha detto la madre del povero ragazzo é una sfida al governo italiano per obbligarlo ad ottenere una totale collaborazione dall'Egitto affinché in tempi rapidi si accerti quanto effettivamente è accaduto e si individuino i responsabili. Credo che sia una pressione legittima che la famiglia Regeni ha deciso di fare". Lo afferma ad Affaritaliani.it il presidente del Copasir Giacomo Stucchi.

"Fin da subito serviva una maggiore determinazione da parte del governo italiano, perché affidarsi a determinate manifestazioni di buona volontà intese come garanzia dell'accertamento della verità fatte da parte degli egiziani e credere che questa fosse la loro reale intenzione ha significato riporre la speranza verso soggetti che non si sono mai dimostrati particolarmente affidabili. Sappiamo bene quali attenzioni vengano riservate agli oppositori in certi contesti e nella vicenda egiziana si è capito fin da subito che molte cose non quadravano. Solo dopo le dure e ripetute prese di posizione di vari soggetti della società civile e della politica, il governo italiano ha capito che bisognava ricercare la verità vera. Finalmente Renzi, con quasi due mesi di ritardo, si è sintonizzato con il Paese e ha proferito le stesse parole: 'ricerca della verità vera e non di una solamente sostenibile'. Lasciamo poi perdere le ricostruzioni grottesche degli inquirenti egiziani che sono risultate offensive verso la memoria di Regeni e poco rispettose dell'Italia", afferma Stucchi.

Il presidente del Copasir parla senza mezzi termini di un "ritardo di due mesi del governo italiano che aveva confidato troppo nella disponibilità e nella volontà sincera delle autorità egiziane di individuare i responsabili. Fin da subito Renzi avrebbe dovuto agire in modo diverso e chiedere un team congiunto di inquirenti ma con la regia affidata agli italiani".

Secondo Stucchi, "probabilmente Regeni aveva scritto cose che avevano dato fastidio ad Al-Sisi e al suo apparato. Hanno evidentemente pensato di trovarsi di fronte ad un soggetto scomodo perché rendeva di pubblico dominio verità scomode e in certi posti del mondo, dove il significato del termine democrazia é sconosciuto, questo fatto non viene accettato ". Secondo il presidente del Copasir, comunque l'università di Cambridge "non credo adotti direttive differenti in base alla nazionalità dei propri ricercatori e Regeni al pari dei suoi colleghi produceva scritti in gran parte pubblici".

E' come se un giornalista pubblicasse qualcosa di sgradito sul governo italiano e per questo venisse torturato e ammazzatto... "Il concetto è quello. In tutto l'Occidente però democrazia e libertà di stampa sono principi insiti nel nostro DNA e certe cose non accadono più da tantissimi anni. In Egitto però sono distanti anni luce dagli standard occidentali", conclude Stucchi.

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