Renzi, un diluvio di delusioni - Affaritaliani.it

Politica

Renzi, un diluvio di delusioni

di Pietro Mancini

Chiunque voglia ragionare rettamente deve dominare la propria emotività. Il giudice – in una certa misura lo siamo tutti – dovendo valutare un atto, non deve badare all’autore di esso, e non deve tenere conto del fatto che quell’uomo gli sia simpatico o antipatico. Naturalmente nessuno può essere sicuro di esserci perfettamente riuscito. Infatti “perfettamente” implica perfino che si sia riusciti a non essere troppo benevoli con chi ci è antipatico, nel tentativo di compensare il nostro possibile pregiudizio. Questo è un lavoro faticoso e molta gente se ne dispensa senza scrupoli. Dire perché qualcuno ci è simpatico o antipatico, è cosa che può interessare solo gli intimi. Ma nel caso di Matteo Renzi, sapendo che moltissime persone votano più secondo i loro sentimenti che secondo i dati obiettivi, confrontare le nostre impressioni con quelle degli amici può non essere una perdita di tempo.

Nell’era della televisione, un politico non è più un testo scritto o qualcuno di cui si parla in terza persona: è un essere umano che siamo abituati a vedere molto da vicino. Addirittura in primissimo piano, se così decide il regista della trasmissione. Un tempo c’erano i comizi, ma l’oratore era lontano, era una figura vaga. Oggi invece, vedi caso, la maggior parte delle donne che si dànno alla politica non sono da buttar via. E ci si può anche chiedere se Maria Elena Boschi, Daniela Santanché, Alessandra Moretti, Mara Carfagna e tante altre sarebbero così note, e avrebbero fatto la stessa carriera, se fossero state brutte come Adele Faccio. Matteo Renzi - che già fisicamente non è disprezzabile - ha cominciato con l’essermi simpatico innanzi tutto per la sua aria di totale spontaneità. In un mondo in cui i politici si esprimono con cautela, e usano il loro gergo, il suo modo di presentarsi col cuore in mano e col linguaggio “di tutti i giorni” dava una tale impressione di sincerità che si aveva tendenza a credergli.

Come se non bastasse, aveva la capacità di farsi capire e ciò che proponeva corrispondeva spesso ai nostri desideri, in particolare l’insofferenza nei confronti dei magistrati e dei sindacati. Infine, qualità tutt’altro che insignificante, il suo eloquio era corretto, scorrevole, azzeccato, efficace, anche se un po’ popolaresco. Non stupiva che avesse fatto già tanta carriera: un po’ come Mozart, era contemporaneamente irriverente e pieno di talento, scanzonato e geniale. Sembrava l’incarnazione del coraggio e dell’innovazione. Così come l’ebbi in simpatia io, lo trovarono simpatico gli italiani. Lo percepimmo come una forza irresistibile di svecchiamento e gli aprimmo una ad una tutte le porte. Vuoi vedere che questo outsider, questo “cane sciolto per temperamento”, realizzerà qualche miracolo che fino ad ora non è riuscito a nessuno? Del resto le persone colte non dimenticavano a che età Ottaviano Augusto si dimostrò eccellente politico, e che Napoleone non aveva quarant’anni quando si rese celebre con la campagna d’Italia. L’età, a volte, è più una raccomandazione che un impedimento.

Questo incanto ebbe una prima battuta d’arresto quando Renzi rassicurò Letta, allora Presidente del Consiglio, con la famosa frase: “Enrico, stai sereno”, nel momento stesso in cui si apprestava a pugnalarlo e prendere il suo posto. Troppo vecchio per essere ingenuo, mi dissi che non dovevo né stupirmi né indignarmi. Questa era la politica come la concepiva Machiavelli, quell’altro genio fiorentino che nel mio piccolo ho così spesso difeso. Ma i sentimenti e la ragione possono divergere. Mentre il mio cervello applaudiva questo politico spregiudicato, i miei sentimenti prendevano un’altra strada. Malgrado gli alti ideali che (forse) animavano Bruto e Cassio, non posso perdonare chi uccide in un agguato. Ho sempre trovato rivoltante Riccardo III. Ho sempre disprezzato quelli che prima, senza necessità, dicono “Stai sereno”, e poi tradiscono l’amicizia. Per questo considero un gaglioffo coronato quell’Enrico VIII che fece uccidere Thomas Moore. Anche quando hanno vinto, anche quando hanno conquistato un trono, certe persone rimangono infrequentabili.

Quel primo segnale fu tuttavia un’acquerugiola rispetto al diluvio di delusioni che seguirono. Sotto l’apparenza ingenua e bonacciona di Renzi si celava un uomo senza scrupoli, incapace di veri rapporti umani, un demagogo con un fondo di volgarità selvaggiamente innamorato di sé e del potere. Se per esempio provava a fare una simil-riforma che avrebbe dovuto almeno un po’ essere a favore della nazione, si percepiva nettamente che la sua prima funzione era la possibilità di vantarsene. E mentre queste particolarità si rivelavano a volta a volta, quando avevano occasione di manifestarsi, ciò che prese a caratterizzarlo con impressionante regolarità fu il suo essere assolutamente privo di rispetto per la verità. Per lui cercare di spacciare lucciole per lanterne, raccontare frottole, arrivare alla più inverosimile iperbole autocelebrativa, è semplice routine. In questo campo non dimostra mai il minimo imbarazzo.

Un po’ perché cinicamente crede il prossimo capace d’ingoiare le più grandi panzane, un po’ perché – forse – non gli viene nemmeno in mente che una singola bugia, una singola vanteria esagerata ed imprudente possano squalificare una persona. Col tempo l’iniziale simpatia si è trasformata in viscerale rigetto di questa facciata di statista, anche se Renzi è favorito da una qualità che Napoleone apprezzava molto: è fortunato. In questi mesi il livello degli interessi sul debito è basso, il costo del petrolio è ai minimi, i suoi nemici sono divisi, i parlamentari pur di non andare a casa gli votano sempre la fiducia e i media sono pressoché nella loro totalità proni a sostenerlo e non gli rimproverano mai nulla, nemmeno cose per cui avrebbero linciato Berlusconi. E così avviene che uno, nel suo intimo, finisca con lo sperare ardentemente che il cugino Gastone inciampi, che qualcuno o qualcosa sputtani questo spudorato professionista del bluff. L’uomo razionale dice che Renzi è un grande politico. Che a conti fatti potrebbe anche essere utile all’Italia. Che va ammirato per essere riuscito a fare la carriera che ha fatto, in così poco tempo. Ma la razionalità non è tutto. Dal punto di vista emotivo personalmente sarei contento di vederlo sparire all’orizzonte, inseguito dai sarcasmi.