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Politica
Salvini: dopo le Europee, di corsa a Palazzo Chigi?
Foto: LaPresse

Il ruvido ping-pong quotidiano fra M5S e Lega e le fibrillazioni interne ai due partiti di governo, specie fra i pentastellati, accendono le speranze di chi, a sinistra come a destra, cerca rivincite dal ko del 4 marzo 2018, certi che a breve l’alleanza di governo si scolli riaprendo i giochi. In politica, si sa, niente è scontato e tutto può sempre accadere. Tuttavia qui vale il monito evangelico “Non guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro quando nel tuo c’è una trave”. Fatto sta che il rischio del governo Conte non sta tanto nella burrasca ma nella bonaccia dovuta all’attesa per l’appuntamento delle Europee. Le urne del 26 maggio sono lo spartiacque per una Ue profondamente cambiata nei suoi rapporti di forza fra europeisti e sovranisti: elezioni con importanti risvolti interni, un test nazionale per l’esecutivo e per M5S e Lega.

Il Paese non può stare per tre mesi a “bagnomaria”: serve una nuova spinta per proseguire l’azione di rinnovamento intrapresa dal governo pur non senza limiti e contraddizioni per lo più dovute allo sbandamento del M5S. I 5Stelle perdono appeale consensi elettorali, sull’orlo di una crisi che dopo il voto di maggio potrebbe deflagrare, fino allo sbocco finale di una scissione del partito. Altre volte nella storia, non solo in Italia, partiti “rivoluzionari” capaci di andare al potere (attraverso le urne o con la forza) hanno poi fallito nell’opera di governo. Nel M5S, la coperta si è ristretta e non è più in grado di coprire il variegato elettorato confluito in massa il 4 marzo 2018: molti i delusi che cambieranno strada fra l’astensionismo, il ritorno a sinistra, l’ingresso nella Lega. Il pallino, ancora e più di prima, è in mano a Matteo Salvini chiamato, dopo l’annunciato trionfo elettorale di maggio, a cambiare passo e a ridisegnare tattica e strategia. Con i rapporti di forza radicalmente mutati fra i due partiti di governo a favore della Lega, Matteo Salvini dovrà scegliere cosa fare “da grande” assumendosi la massima responsabilità politico-istituzionale, ben sapendo che la poltrona di Palazzo Chigi spetta al leader del partito elettoralmente più forte.

Fino ad allora non accadrà nulla di politicamente significativo e destabilizzante. Dopo maggio e passata l’estate, tutto può succedere. Il parlamento, espressione del voto del 4 marzo 2018, non riflette gli attuali rapporti di forza fra i partiti: così diventa una strozzatura per l’azione del governo, terreno di imboscate, una zavorra capace di frenare l’azione di Salvini e di spostare alle calende greche il suo ingresso a Palazzo Chigi. Da qui l’esigenza di un nuovo parlamento, possibile solo con le elezioni politiche anticipate, non oltre la primavera 2020. Se i sondaggi per le elezioni di maggio venissero confermati con la Lega al boom elettorale e primo partito in Italia, con il M5S in forte discesa, idem a destra per Forza Italia e a sinistra per Pd e cespugli, Salvini ha il diritto-dovere di trarre le conseguenze avendo in mano l’interruttore per decidere le sorti dell’esecutivo, spegnendo di fatto la legislatura. A quel punto, un eventuale governo tecnico, oltre che un vulnus istituzionale, diverrebbe una contraddizione rispetto alla volontà democratica del popolo italiano. I tempi stringono. Salvini deve tirare diritto dialogando direttamente con gli italiani, non perdendosi in questioni di lana caprina e non mediando al ribasso sui vari nodi di governo (conti pubblici, immigrazione e sicurezza, regionalismo differenziato, Tav ecc.): deve liberarsi di lacci e lacciuoli interni (quelli del M5S) e delle sirene esterne (leggi Berlusconi) interessate a imbrigliarlo o a farlo precipitare nella buca.Chi ha tempo non aspetti tempo. Serve coraggio ma senza strappi. Il “capitano” lasci ad altri (M5S) i dardi velenosi dei ricatti e l’incombenza di rompere la maggioranza. Salvini deve tener ferma la barra sui contenuti e i frutti maturi cadranno dalla pianta da soli. Dopo le urne di maggio, nella Ue e in Italia, niente sarà più come prima.

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