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Politica
Servizi, via la delega al premier. I motivi del blitz di Pd e renziani

Non c'è pace per la maggioranza di governo. Di buon mattino il ministro Dem per gli Affari Europei Enzo Amendola lancia un'altra 'bomba' contro il presidente del Consiglio, già alle prese con lo scontro con Italia Viva su Recovery Plan e Mes. "Confermando l'amicizia e il rispetto nei confronti di Conte credo che la delega sui servizi segreti sia un onere molto grande per il presidente del Consiglio, su quello aprirei una riflessione, non per mancanza  di fiducia ma perchè sappiamo bene che nello scenario multilaterale e politico internazionale è una delega gravosa di grandi responsabilità, una riflessione la farei", ha detto il ministro. In sostanza, sta emergendo tutto il malumore che per mesi è covato nel Partito Democratico, pienamente d'accordo con Matteo Renzi almeno sul tema dei Servizi.

Per la prima volta dalla riforma del 2007, Giuseppe Conte non ha assegnato al sottosegretario alla presidenza del Consiglio la delega per i Servizi Segreti scegliendo invece di tenersela. Un'anomalia che non è piaciuta affatto né ai Dem né a Italia Viva e che sta venendo a galla in modo dirompente. Renzi ha proposto per quel ruolo delicato due nomi: o il 'suo' Ettore Rosato o il dem Emanuele Fiano, quest'ultimo forse per cercare di bruciarlo. Fatto sta che il premier, sempre se il governo andrà avanti, dovrà cedere su questo punto, anche perché i 5 Stelle - e in particolare Luigi Di Maio e Vito Crimi - non sembrano proprio intenzionati a immolarsi per difendere la delega di Conte ai Servizi.

A questo punto il nome di Fiano potrebbe davvero essere in pole position, visto che grillini e Dem difficilmente potranno accettare un nome renziano. A far scattare il blitz coordinato di Pd e Itali Viva sono stati in particolare due fattori. Il primo è la decisione del 24 novembre di Conte di confermare il prefetto Gennaro Vecchione per altri due anni come direttore generale del Dis, il dipartimento informazioni e sicurezza dei servizi segreti. Vecchione era stato nominato dallo stesso Conte durante il governo con la Lega e per questo motivo la scelta del presidente del Consiglio non è piaciuta al resto della maggioranza. Altro fronte sono le nomine dei vice-direttori dei vari dipartimenti dei Servizi e il timore di Dem e renziani è che Conte voglia piazzare solo suoi uomini senza trattare con gli alleati.

Ecco perché il timing della mossa per togliere quello che fonti vicine a Nicola Zingaretti definiscono "un potere esagerato che non si è mai visto nelle mani del premier e un nodo da risolvere rapidamente". Un primo obiettivo, però, Pd e Italia Viva lo hanno già ottenuto ed è stato togliere dalla Legge di Bilancio per il 2021 la Fondazione per la Cybersecurity cara al premier. Secondo Dem e renziani, ma su questo anche gran parte del M5S è d'accordo, per la sicurezza informatica devono operare i Servizi esistenti e non inventarsi un nuovo ente che, dicono, avrebbe avuto molti fondi a disposizione e soprattutto una governance ancora tutta da definire.

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