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Politica
Sgarbi, 300mila € per consulenze: soldi a 2 srl a lui legate. "Ma è vietato"

Sgarbi e le consulenze (vietate). Lui si difende: "Non è vero che non posso farlo". E scatta la querela a Il Fatto

Vittorio Sgarbi è finito nel mirino per le sue consulenze vietate dalla legge in quanto membro del governo. Il sottosegretario alla Cultura avrebbe incassato da febbraio 300mila euro per aver partecipato a mostre e avrebbe ritirato anche diversi premi. Ma la legge lo vieta. Da vent’anni - si legge su Il Fatto Quotidiano - impone ai titolari di incarichi politici di dedicarsi esclusivamente alla "cura degli interessi pubblici". Vietando "attività professionali in materie connesse alla carica di governo". Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano sa? Ha dato un beneplacito? Sgarbi intanto replica: "La mia attività non è vietata dalla legge. Sono come un ministro che scrive libri". E annuncia querele. I soldi finirebbero a due srl a lui riconducibili.

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Ma cosa dice la legge? Sgarbi - prosegue Il Fatto - è vincolato alla 215/2004 che impone a chi la ricopre di dedicarsi "esclusivamente alla cura degli interessi pubblici". Dal giuramento in poi, "al titolare non può derivare, per tutta la durata del governo, alcuna forma di retribuzione o vantaggio". La legge vieta anche di "esercitare attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di governo, di qualunque natura, anche se gratuite, a favore di soggetti pubblici o privati". Il legislatore precisa: "Sono vietate anche all’estero". L’avvocato di Sgarbi ha scritto al Fatto: "La prego per ora di astenersi dal pubblicare notizie, anche per non violare la privacy e il segreto istruttorio".


Il Fatto accusa Sgarbi per cachet illegali, lui nega e querela L'avvocato: "nessun conflitto di interesse, tutto regolare"

 

"L'attività di conferenziere del sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, così come la presentazione di libri, mostre e iniziative culturali di enti privati o pubblici, non è mai stata in 'conflitto d'interesse' con i suoi compiti istituzionali, che sono quelli - è bene ribadirlo - della tutela e della conservazione dei beni culturali". Lo sostiene in una nota Giampaolo Cicconi, avvocato del sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, replicando all'articolo del Fatto Quotidiano dal titolo "Sgarbi è al governo e incassa cachet d'oro: la legge lo vieta" e annunciando iniziative legali. Nell'articolo si precisa che Sgarbi ha guadagnato "almeno 300 mila euro, solo da febbraio a oggi" per conferenze, interventi e partecipazioni televisive. I soldi - si legge ancora - "sono per il sottosegretario Sgarbi, ma vengono dati anche al suo capo segreteria e alla sua compagna, e son tutti felici". "E che fine ha fatto - si chiede il quotidiano - la legge che da vent'anni impone ai titolari di incarichi politici di dedicarsi esclusivamente alla "cura degli interessi pubblici" vietando "attività professionali in materie connesse alla carica di governo"? Buon per lui, solo che dal 31 ottobre 2022 Sgarbi è pagato dai contribuenti italiani per svolgere il suo incarico di sottosegretario".

Il Fatto aggiunge che, "stando ai documenti che ha visionato, attorno al critico-politico e ai suoi collaboratori di fiducia ruoterebbe invece una vera e propria industria fondata sull'arte di procacciare attività che si svolgono pure alla luce del sole, ma le cui remunerazioni restano nell'ombra, a volte erogate ad altri, non di rado spacciate come 'missioni' e poi messe a rimborso del ministero". Cicconi precisa che "non si capisce affatto dove stia il conflitto d'interesse tra il ruolo di sottosegretario e la presentazione di una mostra su Andy Warhol (pagata da privati), una Lectio magistralis su Caravaggio (pagata da privati), la partecipazione a una mostra di artisti contemporanei (anch'essa pagata da privati) o uno spettacolo teatrale su Michelangelo (pagato da un Comune)". "Meraviglioso è pensare - prosegue - che vi sia incompatibilità fra la funzione di sottosegretario e quella di presidente della giuria di Miss Italia. È uno scherzo? O è inopportuno per ragioni di prostata?". "Mai nessun rimborso è stato chiesto dal sottosegretario, né dai collaboratori del suo Ufficio per le iniziative di carattere 'non istituzionale', cosa facilmente riscontrabile dai documenti al ministero - sottolinea ancora il legale -. Ma Il Fatto Quotidiano, invece di provvedere, come impone il codice deontologico dei giornalisti, a uno scrupoloso riscontro di quello che gli è stato sottoposto da ignoti (crediamo ancora per poco) 'corvi', ha preferito amplificare quella che è una calunnia, per la quale annunciamo sin da adesso di agire in sede civile contro il direttore, l'autore dell'articolo articoli e l'editore". 

"Quella che 'Il Fatto Quotidiano', con artificiosa suggestione, definisce 'industria fondata sull'arte di procacciare attività' - sottolinea ancora il legale -, non è altro che una normalissima attività lavorativa, come lo può essere quella del giornalista che partecipa, pagato, a una conferenza, presenta un libro o porta in scena uno spettacolo teatrale". "Riguardo al capo segreteria risulta del tutto gratuita, diffamatoria e lesiva della sua professionalità l'affermazione secondo cui 'al ministero anziché fare il capo segreteria risulta fare un altro lavoro' - si legge ancora nella nota -. Anche in questo caso, potendo dimostrare documentalmente il contrario, si procederà in sede civile, trattandosi di mere illazioni, prive di qualsiasi prova. Riguardo, infine, alle società 'Ars' ed 'Hestia' si precisa, senza tema di smentita alcuna, che tutte le attività svolte sono state regolarmente contrattualizzate, e che per ogni attività è stata emessa regolare fattura. L'avere invece, come ha fatto 'Il Fatto Quotidiano', alluso a 'remunerazioni che restano nell'ombra', è un'altra affermazione diffamatoria di cui il quotidiano sarà chiamato a risponderne". "Considerato, infine - conclude Cicconi -, che 'Il Fatto' ha ripreso, amplificato e utilizzato, dandogli "dignità" di notizia, una lettera anonima (per la quale, si ribadisce, è stata depositata una denuncia alla Polizia Postale) con allegati ottenuti in maniera fraudolenta e violando apparecchi informatici e telefonici in uso al sottosegretario e ai suoi collaboratori, diffondendo altresì anche dati coperti dal vincolo della riservatezza e della privacy, si diffida dal pubblicare notizie di questo tenore, con riserva di ricorso al Garante della Privacy".

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