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Politica
Stati generali, Marcucci: ma quale Conte, “l’iniziativa è nata in casa Pd"

Presidente Marcucci, domani partono gli Stati generali. Ammetterà che all’inizio li avete un po’ subiti.  Voi non li avreste fatti?
L'idea di fare il punto sul recovery plan nazionale nasce in casa Pd. Serve un appuntamento istituzionale che faccia il punto della situazione, mettendo in campo la capacità di ascoltare tutti: imprese, sindacati, categorie, terzo settore. Ha detto oggi giustamente il viceministro al Mef Antonio Misani: il recovery plan nazionale è un piano per il Paese, non riguarda la maggioranza. Per questo è un errore mortale quello della destra che ha scelto ancora una volta di non esserci.

Allora, nel Pd ha prevalso solo la stizza per non essere stati interpellati o magari il timore che si risolvano in una passerella mediatica?
Faccio prima a dirle quello che non serve soprattutto in questa stagione ovvero solo uno spot propagandistico. Il Paese esce da un periodo terribile, sta soffrendo in molti suoi strati. Ora da una situazione di crisi, possiamo passare ad un'opportunità. I finanziamenti europei possono imprimere una svolta per il futuro: non dobbiamo sbagliare un colpo.

Chiedete concretezza e tempi veloci sulle misure. Ma poi avete proposto voi di estendere gli Stati generali per più giorni. Non è una contraddizione?
Bisogna ascoltare tutti, soppesare in modo concreto ed equilibrato il piano Colao, sono cose che non si possono risolvere in 24 ore.

Che cosa ha spinto Conte a lanciare questa iniziativa? Il bisogno di prendere tempo o il timore che questa fase due gli potesse sfuggire di mano?
Lo ripeto: l'iniziativa è partita da un'idea del Pd. Ieri insieme a Graziano Delrio abbiamo sottolineato al presidente Conte che questa deve essere la stagione della concretezza. Come spenderemo i soldi di Bruxelles? Su quali settori punteremo per rimettere in piedi il Paese? C'è un drammatico bisogno di fatti ed in più ci sono scadenze da rispettare e dobbiamo arrivare preparati.

Guardando alla cronaca degli ultimi giorni, il premier per la prima volta è stato contestato da alcuni cittadini in piazza a Roma. Oggi rilascia interviste a diversi quotidiani nazionali. E per di più sarà in capo solo a lui tirare le somme di questo appuntamento a Villa Doria Pamphili. E’ un modo per blindarsi, secondo lei?
Il premier sa bene che il suo è un governo di coalizione, composto da M5S, Pd, Italia Viva e Leu. In un governo di coalizione serve sempre accordare le voci tutti insieme e le fughe in avanti sono in ogni caso fortemente sconsigliabili. Poi basta entrare nel contesto che l'Italia sta vivendo per rendersi conto che abbiamo bisogno di tre cose: coerenza, coesione e concretezza.

Il presidente del Consiglio allontana le voci su un suo partito personale. Se così non fosse, per il Pd sarebbe un problema?
Anch'io come lei, oggi ho letto le interviste del presidente. Conte nega in modo reciso di pensare ad una sua lista. Io gli credo.

Anche un Conte ufficialmente riconosciuto come guida del M5s però creerebbe un caso nella maggioranza di governo, non le pare?
Rimaniamo ai fatti. Conte è il presidente del Consiglio di tutta la maggioranza.

Passiamo al piano Colao. Il Pd si dice che abbia voluto fortemente questo studio. Ora però il Partito democratico non lesina critiche. Il manager vi è un po’ sfuggito di mano?
Sono tra coloro che hanno dato complessivamente un giudizio molto positivo del lavoro fatto. Nel piano di Colao ho trovato molti spunti interessanti. In più mi pare che l'intenzione sia proprio quella di partire dal piano del manager. Chi sostiene che poi deve essere la politica a decidere, dice una cosa vera e scontata. Sarà la politica a decidere. E in Italia, per fortuna, a decidere è il Parlamento.

Oggi il premier riferisce ai magistrati di Bergamo sulla mancata zona rossa a Nembro e Alzano lombardo. Se arrivasse un avviso di garanzia si aprirebbe una crepa politica nel governo? C’è un rischio derby garantisti contro giustizialisti?
Sono garantista sempre, tanto più in una vicenda del genere. Conte ha detto bene: non esisteva un manuale di comportamento durante una pandemia. Dal punto di vista sanitario, il governo ha fatto tutto quello che doveva e poteva fare.

L’Europa non solo osserva l’Italia, ma partecipa pure agli Stati generali. Le risorse che dovrà concederci sono vincolate anche alla solidità del programma di rilancio che l’Italia sarà in grado di mettere sul tavolo. Crede che il rifiuto di partecipare all’appuntamento da parte delle opposizioni possa essere un boomerang, oltre che per le minoranze stesse, anche per il governo?
Ho detto con amarezza che le opposizioni ancora una volta hanno deciso di abbaiare alla luna. Questo è il momento di esserci e di partecipare.  Mi auguro che in Parlamento prevalga una posizione maggiormente orientata al dialogo. Dobbiamo scrivere un piano di rilancio del Paese, non un memorandum che serva solo alla maggioranza.

Il Mes, a lungo schivato e accantonato nel dibattito, torna a imporsi con prepotenza. Il M5S, a parte le aperture di qualcuno, continua a rifiutare lo strumento. Come si esce da questa impasse?
Vale il principio di realtà. Esiste oggi in Italia un prestito a tassi così favorevoli come il Mes? Se la risposta è sì, sono pronto a ricredermi, se la risposta è no, utilizziamo il Mes. Anche in questo caso nessun colpo di mano, voterà il Parlamento, ma sottolineo che sul Mes siamo riusciti a strappare persino tassi negativi.

Dopo l’estate si terranno le Regionali. Nonostante gli appelli di Zingaretti agli alleati ad andare insieme contro le destre, l’alleanza di governo non pare replicabile a livello locale. Questo può a lungo andare minare la stabilità della maggioranza nazionale?
Sono ambiti separati. Guardi, le alleanze locali, da sempre, si creano in base a vincoli territoriali. Non mi stupirei, quindi, se anche a settembre, andasse così.

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