Politica
Una Costituzione (e un Pd) fragile
di Antonella Gramigna
Era il 1946,una dittatura finita in modo tragico da poco, con le macerie materiali e morali che invadevano il nostro paese, c’era la volontà generale di produrre uno strumento governativo che prediligesse la pluralità delle voci, delle correnti politiche, delle idee, e sopratutto che potesse fornire a tutti la possibilità di esprimersi in una coralità egualitaria e democratica. Nacque così la Costituzione italiana. La volontà di "libertà di pensiero" a fronte di una sola voce che per 20 anni, nel bene e nel male, aveva deciso il tutto e per tutti. Oggi,un mondo profondamente cambiato.
Gli eventi politico-sociali-economici si sono velocizzati considerevolmente al punto che il "fare" è molto più importante del discutere o, peggio, dei vuoti discorsi demagogici e delle esercitazioni retoriche su altrettanto vuote e fallimentari ideologie.Occorrono governi capaci di sintesi, di convogliare e trasformare le varie ipotesi, i punti di vista, le visioni politiche in azioni concrete e decise. Quindi, la nostra Costituzione nata "fragile" che produceva governi "fragili", risulta essere alquanto antiquata. Ecco perché l’esigenza di cambiarla, ecco che, nel 2012, sorge alla ribalta politica Matteo Renzi, un leader che propone una svolta radicale, un "Cambiaverso" del panorama politico italiano. Renzi pone in primo piano la necessità di "Riforme", un passo sostanziale per entrare nel terzo millennio e nell'orizzonte del PSE : una capacità governativa che prediliga le capacità immediate di "operare", di prendere decisioni, di compere azioni che diano risultati concreti, tangibili e sopratutto veloci.
Un pragmatismo che per noi italiani risulta alieno, abituati a continue e inutili elucubrazioni pseudo-democratiche nelle quali tutti hanno diritto a parlare e "nessuno" poi a decidere, con l'aggiunta di un doppio Parlamento (deputati e senatori) che per legiferare impiegano anni ed anni, l'avere un governo decisionista appare una "stortura" e preoccupa. Ma oggi, il presente,deve necessariamente essere occupato politicamente da uomini e donne in grado vedere con chiarezza, limpidezza di intenti, assenza di vuote ideologie, il futuro. Occorre coraggio, capacità e decisionismo. Ecco perché Matteo Renzi ha raccolto molti consensi che lo hanno visto a capo di un Pd vittorioso al 40% all'Europee.
Non è vero che la sinistra ha sempre perso, come lui di recente ha affermato, la sinistra ha vinto due volte le elezioni politiche nazionali con Romano Prodi, caduto poi per problemi interni alla maggioranza. Ciò dovrebbe insegnare, perché il passato è un grande professore che dovremmo tutti ascoltare. Al di là dei personalismi di taluni che si lanciano nel sostenere l'errore di un monocameralismo, fedeli al loro ruolo che li vede in un Senato elettivo e quindi attori primi delle decisioni ultime, ciò che davvero oggi occorre è la visione dell'unità. È il momento nel quale "occorre" una Nazione unita negli intenti ed in possesso di una forte identità collettiva. Un Pd unito e non spaccato, perchè è di sinistra chiudere le promesse fatte al popolo, è di sinistra capire che occorre dare una svolta all'economia ed al mondo del lavoro, è di sinistra cercare di dare risposte veloci, e di sinistra ostacolare la avanzata di chi, demagogicamente sfrutta il mal di pancia della gente per farsi largo a suon di populismi. La battaglia sull'abolizione del Senato elettivo sta conducendo allo scontro frontale. Le proposte, tutte naufragate, hanno tentato di dare comunque uno Status ed un grande ruolo come espressione dei territori, al Senato,ma a nulla vale. Il 24 febbraio del 2014 è stato il giorno in cui il premier ha incassato la fiducia delle Camere, giorno in cui egli promette un cambiamento veloce per uscire dalla “palude” in cui stagna il nostro Paese, insomma una vera rivoluzione.
L'onda Renzi avanza, coerente e compatta, unita al suo Premier, unita sopratutto al suo intento riformista : quello di cambiare ciò che non funziona e quello di ridare dignità al nostro Paese, a partire dai territori, dalla gente, dai problemi di cui sono afflitti. Ed è questo che oggi occorre fare: ascoltare ed agire. Ed è di sinistra cercare di tenere unito un Partito come il Pd, oggi primo partito d'Italia, nell'interesse di tutti. Quello che viene chiesto con forza al Premier dai suoi sostenitori è di tornare nei territori, dialogare con le persone, ritrovare quel senso di vicinanza che il ruolo gli ha pericolosamente levato. Ciò che occorre è l'incontro e la costruzione veloce di una rete che oggi a livello locale manca. Quello che si respira un po' ovunque è questo : un partito dove prevale solo l'espressione del passato. Non è di sinistra creare muri e tagliare fuori dalle segreterie chi ha dato tanto alla politica ed è un valore, non un'anima disgregante. Non è di sinistra osteggiare il cambiamento necessario, non è di sinistra uscire dal partito perché si ha paura di perdere la propria poltrona. È di sinistra confrontarsi, capirsi, discutere e poi unirsi alla maggioranza che decide. E ci piace pensare che " il meglio deve ancora arrivare " perché la storia non debba ripetersi.