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Politica
Virus, Cultura Italiae scrive al governo: "Subito un piano di recovery"

Nel mezzo della crisi da coronavirus, arriva una proposta al governo da parte di Cultura Italiae, un’associazione che riunisce i nomi più grossi del mondo culturale italiano. Ne fanno parte direttori di musei nazionali, assessori regionali alla cultura, membri del Consiglio di Stato. L'associazione ha inviato una lettera al governo intitolata "Colpire il coronavirus, e non l'Italia", con la proposta di riportare la cultura al centro del rilancio del "Brand Italia" nel mondo. Affaritaliani.it pubblica in esclusiva la lettera di Cultura Italiae e ha intervistato il presidente dell'associazione Angelo Argento.

ECCO IL TESTO DELLA LETTERA DI CULTURA ITALIAE AL GOVERNO

L’associazione Cultura Italiae riunisce alcuni tra i più autorevoli esponenti del mondo della cultura attivi in Italia, nonché alcuni professionisti, donne e uomini che ogni giorno fanno della comunicazione un mestiere e il tema di ricerche, studi e insegnamenti, in campo culturale ma non solo. Da poco più di una settimana, il Coronavirus Covid-19 è arrivato in Italia, con un numero di contagiati per fortuna – per ora – limitato, anche grazie alla capacità di risposta sul campo delle autorità sanitarie preposte. "La salute prima di tutto”: ne siamo lieti, ma l’occasione è tuttavia propizia per condividere una riflessione.

L'INTERVISTA AD ANGELO ARGENTO

Angelo Argento, che cosa propone Cultura Italiae?

“La nostra è un’iniziativa che proviene da alcuni dei nostri aderenti, esperti in comunicazione che fanno parte della nostra associazione come Luca Poma, Maurizio Ravidà, Ludovico Fois e altri, che considerano in questa fase la diffusione dell’infodemia un rischio altrettanto serio e grave di quello legato alla diffusione del Coronavirus. Abbiamo posto posto un tema di recovery strategy da attuare rispetto al brand Italia, dando loro disponibilità ad aiutare, qualora ce ne fosse bisogno o richiesta, chi in questo momento ha responsabilità istituzionali. Abbiamo un programma ampio di nome “Resilienza Italia” con 5 task force di vari protagonisti dell'arte, della scienza, dell’economia, della cultura italiana e che pone gratuitamente al servizio del Paese una serie di proposte concrete”.

In che cosa consistono queste vostre proposte?

“Non vi è solo un tema connesso alla comunicazione, per il quale abbiamo fatto un video con una serie di immagini emozionali che mostra l’Italia come appare nell’immaginario collettivo internazionale, capace di influenzare culturalmente il mondo. Occorre capire che in questo delicato momento non siamo più capaci di farlo, e va fatta una recovery strategy per tornare ad essere i numeri uno al mondo per quello che riguarda le imprese, specie quelle turistiche, creative e culturali. Il nostro invito è rivolto a tutta la politica, a cui chiediamo di mostrare responsabilità".

L’epidemia (non ancora pandemia) del Coronavirus sta avendo un impatto enorme, dal perimetro e dal lasso temporale ancora incerti, sulla vita economica del Paese: in questo brevissimo periodo, il virus ha messo in crisi, tra le altre organizzazioni, le aziende sia sul fronte delle supply chain sia dei fatturati, fermato interni settori dell’economia come quelli legati al turismo, ha avuto un impatto significativo sulla capitalizzazione delle società quotate in borsa e quindi sul risparmio di molti italiani, e soprattutto compromesso il valore del “brand” Italia nel mondo.

Tutto questo è destinato ad avere effetti negativi anche sulla già difficile condizione economica dell’Italia. Sono conseguenze gravi ma nella norma, stante la situazione venutasi a creare? Probabilmente si. Sarebbe forse stato possibile ridurre l’impatto di questa crisi? A giudizio di molti osservatori esperti, la risposta è certamente si. Una migliore preparazione e una più accorta e ragionata strategia di comunicazione avrebbero potuto ridurre l’allarmismo, proiettando l’Italia in una dimensione di eccellenza dal punto di vista della sanità pubblica e mostrando sulla scena internazionale un Paese realmente pronto ad affrontare l’emergenza. Facendo un necessario passo indietro, ricordiamo che da tempo in Italia è aperto un dibattito sotto traccia tra i professionisti della comunicazione, sulla valutazione della qualità della comunicazione pubblica e dei soggetti pubblici.

Non che quella privata goda di chissà quale “salute”, spesso inadeguata anch’essa (si veda il caso della gestione della comunicazione in occasione della tragedia del Ponte Morandi); tuttavia, un conto sono gli interessi di azionisti privati, ben altro è ciò che riguarda l'interesse di tutti i cittadini e dell’intera Nazione. Drammaticamente, le vicende di questi giorni hanno chiuso questa vexata quaestio: la comunicazione pubblica delle istituzioni e di parte della classe politica ha confermato l’opportunità di rivedere, in ottica costruttiva e migliorativa, alcuni aspetti della legge 150/2000 sulla comunicazione pubblica.

Chiamata a informare i cittadini, a indirizzarne i comportamenti e a ridurre l’impatto della crisi, a seguito dei doverosi provvedimenti del Governo e delle Regioni coinvolte, la Pubblica Amministrazione è stata fonte - di fatto - di un’ulteriore crisi: una narrazione catastrofista, che ha riempito tutti i possibili spazi informativi, con telegiornali dedicati per l’intera durata solo al Coronavirus, ben lontana da quanto consigliato dalla corretta applicazione dei più basilari principi del Crisis management e della Crisis communication; una narrazione che ha generato forte incertezza nei cittadini, diffidenza verso gli italiani nel resto del Mondo, drastica riduzione dei flussi turistici e d’impresa verso e dall’Italia, blocco delle attività culturali, nonché brusco rallentamento dell’economia.

Più che tentare di individuare responsabilità o elencare sterilmente gli errori commessi, è necessario a nostro avviso: - riposizionare rapidamente tutta la comunicazione su basi di razionalità, coerenza, lucidità, pacatezza, forte coesione interna e istituzionale e – non ultimo - corretto equilibrio tra attenzione agli aspetti di indispensabile prevenzione sanitaria, e necessità di non generare inutili angosce tra i cittadini; - sollecitamente, progettare una fase “recovery" (il piano per il ripristino delle condizioni pre-crisi), da avviare a tempo debito per ricostituire quanto questi accadimenti hanno compromesso, ovvero la reputazione dell’Italia, dal momento che il danno tocca l’intero sistema Paese in un momento di grande trasformazione e competizione aggressiva sui mercati mondiali.

Prima linea del fronte, sono certamente i settori turistico e culturale, che rischiano conseguenze nefaste per molti mesi, seguiti dal settore fieristico e da quelli ad elevato export, per il rallentamento degli incontri commerciali verso l’Italia e dall’Italia. Riteniamo che in luogo di costose campagne pubblicitarie tradizionali, dall’esito incerto, proprio il sistema culturale nazionale, potrebbe costituire la “chiave di volta” per un efficace, ambizioso e concreto piano di “recovery” del brand Italia, sul territorio nazionale e anche – in particolar modo – sui mercati esteri, partendo dalla messa a sistema e dal coordinamento e promozione dell’esistente, e delle molte iniziative già in programma: un vero e proprio progetto reputazionale, un design di sistema che, pianificando intelligentemente, anche per evitare la possibile sovrapposizione disordinata di eventi al momento della ripresa, usi il linguaggio della cultura – includendo in ciò grandi eventi organizzati ad hoc e in grado di “parlare da se” con il giusto tono di voce – per rilanciare l’immagine del Paese.

Dal canto nostro, siamo certamente disposti a mettere pro bono le nostre competenze ed esperienze al servizio del Governo, delle Istituzioni nazionali e regionali, al fine di collaborare per identificare, sviluppare e mettere in atto le azioni necessarie per il superamento delle conseguenze determinate dalla crisi del Coronavirus. In tal senso, ci permettiamo di proporre un incontro, senza ritardo, del Governo nazionale e dei Governi regionali con una delegazione di Cultura Italiae, così da poter dare un contributo concreto ad affrontare e superare la crisi reputazionale in atto, che - se gestita solo sulla base dell’emergenza quotidiana - rischia di pregiudicare irrevocabilmente il capitale sociale e reputazionale del nostro Paese.

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    cultura italiae





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