Il rosso va e 'fa bene' al pesce
Ricerca proficua sull'Uva di Troia
di Antonio V. Gelormini
Chi l’ha detto che il rosso non va bene col pesce? Va benissimo, anzi: “Fa bene!”
Il mio amico Paolo Sacco, che prima di dedicarsi all’allevamento in acqua di mare – a Margherita di Savoia – di spigole e orate era titolare delle Cantine Federico II di Lucera, forse lo aveva intuito già alcuni decenni fa. Con gli scarti di uva da vino si poteva arricchire il mangime per i suoi pesci di allevamento.
Oggi i ricercatori dell’Università di Bari e quelli della Farmalabor, azienda farmaceutica di Canosa di Puglia (Ba), ci dicono che il fitocomplesso estratto da uva di Troia, ad acino piccolo - da loro messo a punto - ha effetti positivi che riducono drasticamente l’uso di antibiotici e di vaccini.
L’uva di Troia – dal nome dell’antica cittadina e diocesi del Subappennino Dauno, ma coltivata nell’areale compreso tra il nord Barese e il Foggiano - è un antiossidante attivo ricco di polifenoli in grado di potenziare il sistema immunitario dei pesci, riducendo l’impiego di antibiotici.

Una vera e propria rivoluzione, che probabilmente apre nuove frontiere di ricerca ed applicazione anche per gli ambiti di altri vitigni autoctoni pugliesi. Pesci più sani, carni più genuine, alimenti più nutrienti.
Sono14 i ricercatori impegnati nel progetto “Vis Maris” (forza del mare) che hanno sperimentato l’arricchimento del mangime tradizionale con il fitocomplesso che potenzia il sistema immunitario dei pesci, limita l’impiego di antibiotici e vaccini e migliora la qualità degli alimenti ittici.
“Il pesce - spiega Emilio Jirillo, docente di Immunologia dell’università di Bari, impegnato nel progetto - ingerisce il polifenolo contenuto nel mangime e stimola le sue cellule immunitarie intestinali. Da lì si propagano a tutti gli organi del pesce proteggendolo dai patogeni presenti negli allevamenti”. In tal modo, incorpora sostanze protettive che altrimenti otterrebbe dai vaccini e dagli antibiotici.

Ma non è tutto: finito in tavola, il pesce trasferisce i polifenoli direttamente all’uomo. Analogamente i farmaci assunti, sul lungo periodo, hanno effetti gravi sul tubo digerente dell’uomo. Alla collaborazione operativa tra l’Università e la Farmalabor è interessata una multinazionale del settore, che intende siglare un accordo a livello europeo con l’azienda di Canosa, per la produzione del mangime arricchito.
Un risultato finalmente gratificante per la Farmalabor e i suoi ricercatori - oltre 70 dipendenti, età media 32 anni, fatturato 2013 di 9,3 milioni di euro e stime per quest’anno oltre i 10 milioni – che ha visto il progetto “Vis Maris”, finanziato anche dai fondi Ue e regionali del Fesr. In programma ora l’ulteriore potenziamento del centro studi e ricerche e l’inaugurazione, nei prossimi giorni, anche di un fronte didattico. Perché il centro studi è stato scelto come occasione di specializzazione post-laurea del dipartimento di Farmacia dell’università di Bari, “Un caso unico qui al Sud”, dice Sergio Fontana, fondatore della Srl nata 13 anni fa in una sorta di acquario a secco di due vani scarsamente ammobiliati.
(gelorminiòaffaritaliani.it)