Ipazia, diversamente umana
Messaggio in bottiglia a Affari

Ipazia scrive da Taranto, ma è facile leggere e vedere nel suo "messaggio in bottiglia", affidato ad Affaritaliani, il disagio, la rabbia, la tenacia e la speranza dei tanti "diversamente umani", ancor prima che "più o meno abili", che quotidianamente ci passano accanto, incrociano il nostro sguardo o accompagnano i nostri passi con il loro, spesso senza trovare la corrispondente e dovuta attenzione.
Aprire la bottiglia lanciata nel mare del web, per far sì che parole, stimoli e aneliti possano replicarsi e diffondersi, con la frequenza ritmata e incalzante delle onde in fibra ottica, è solo la spontanea reazione alla sorpresa affiorata. Un passo, piccolo, su un percorso lungo....
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Gentile Umanità,
dove sei che ti raggiungo? Probabilmente hanno detto anche a te “Vai altrove” com’è successo a me.
Ti capisco. Questa città non è per gente debole di cuore, troppo sensibile ai rifiuti, agli sguardi seccati di automobilisti parcheggiati sugli scivoli dove tu hai bisogno di passare: “Devo proprio spostarmi?”.
Lo so, ti senti in colpa per averli disturbati con la tua presenza.
Succede per esempio, quando entri nei luoghi pubblici e chiedi del bagno… insomma impara a trattenere i tuoi “istinti” vuoi vedere che gli altri devono pagare i lavori di ristrutturazione perché tu non te ne stai nella tua tana?

Addirittura vorresti poter accedere anche a strutture private come le piscine, per fare terapia in acqua dove nessun movimento rischia di essere sbagliato? Almeno hai un badante con te o pretendi che la piscina si munisca di strutture per farti agevolmente uscire dall’acqua… insomma il problema sei solo tu… arrangiati!
Sì, signora Umanità, io appartengo a un’altra specie, quella dei Disabili (o diversamente uomini che dir si voglia), due braccia e quattro ruote, sangue e ferro a seconda dei modelli.
Qui a Taranto, ho avuto problemi con la doccia della piscina comunale e mi sono rivolta a quelle private… come voler camminare per strada fra buche, scivoli occupati e automobilisti che mi suonano incitandomi a “levarmi davanti”.
Parlando dei migranti che vengono pensando di trovare l’Eden, ho espresso contentezza perché l’idea che qualcuno riesca ad andare avanti nonostante la sua condizione “diversamente umana”, questa idea-speranza, mi dava coraggio fin quando uno della specie umana mi ha detto: “Non siamo un paese grande come la Cina, non possiamo accogliere tutti”… Una canzone della mia adolescenza recitava: “Chi visse sperando morì non si può dire”.
Non c’è posto per noi in questa terra di uomini abili, e credo non ci sarà mai.
L’ho cercata, ma mi han detto che lei appartiene ad un’altra civiltà e che, forse, ha cambiato nome oltre alla residenza. Spero le giunga questa mail lanciata nel mare nella bottiglia virtuale di Affaritaliani.it, sarei lieta di sapere che sta bene e magari potremmo incontrarci, naturalmente la raggiungerei io.
In attesa di sue notizie, le porgo molto cordiali saluti
La diversamente umana Ipazia