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La comunicazione è relazione L'analisi di Enzo Quarto
Passato, presente e futuro dell’informazione, un viaggio plurisecolare nel rapporto dell’Uomo con la notizia. Un rapporto travolto e sconvolto dalla tecnologia e dai nuovi paradigmi dell’informazione, influenzati prima e condizionati dopo dal marketing e dalla pubblicità. Una “rivoluzione” che ha avuto nella televisione il suo strumento principe per segnare una mutazione profonda, capace di trasformare le persone in consumatori.
quarto comunicazione
 
 
È un’analisi per nulla indulgente quella che Enzo Quarto, giornalista pugliese di conclamata professionalità in forza alla sede regionale pugliese della Rai, fa nel suo libro La Comunicazione è Relazione” (Gelsorosso - 96 pagine - 10 euro). Una rotta che attraversa i mari in tempesta di una deontologia formale, ma genera il naufragio dell’etica della verità. Una navigazione a vista in cui autoreferenzialità, sensazionalismo, pietismo e suggestione prevalgono su approfondimento, analisi, confronto e ascolto.
 
Intendiamoci, non è, in senso stretto, un manuale per addetti ai lavori. Non lo è perché si muove sul terreno dell’etica della comunicazione, coinvolgendo in pieno una categoria che, muovendosi abilmente sul piano dei tecnicismi, sposa la religione del verosimile e non della verità.
 
Il testo assolve in modo esemplare a due funzioni. Si rivela un potente stimolo per i giornalisti che hanno scelto il mestiere per spirito di servizio e sono pronti a un esame di coscienza per una piena, totale verifica della professionalità, bandendo titoli tossici e ricostruzioni manipolate: un passo fondamentale nel rispetto del destinatario delle loro attività troppo spesso considerato residuale nella catena del valore e ridotto al rango di mero consumatore.
 
Quarto exposte
 
Poi, si rivela un portentoso strumento nella mani di chi vuole disfarsi della camicia di forza del consumo e decide di avere un ruolo attivo e consapevole nella scelta dei “fornitori” dell’informazione. Il “potere” passa così nelle mani della domanda e costringe l’offerta a scelte qualitative in un’arena competitiva sempre più affollata.
 
Utopia? C’è realmente il rischio che il lavoro di Enzo Quarto possa essere confuso come l’opera di un... visionario. Soprattutto da parte di chi crede che il mestiere di giornalista e/o di comunicatore sia nella ricerca spasmodica delle emozioni (titoli urlati e spot con modelli di consumo privi di contenuto). Nell’epoca in cui sembriamo dominati dal chiacchiericcio e dalla suggestione, l’autore individua proprio nei giovani e nella nuova tecnologia una combinazione in grado di affrancarci dalla palude di un’informazione mediocre e approssimativa.
 
Perché la “forza” dirompente della nuova tecnologia è nella relazione, in quella che i massmediologi chiamano “orizzontalità” e fa giustizia di quell’informazione gerarchico-funzionale che sotto la spinta delle esasperazioni del mercato ha ridotto i pubblici a massa di consumatori. La tecnologia oggi “impone” dialogo e relazione, favorisce la critica, anche se in realtà esalta, in modo esponenziale, la manipolazione. Tuttavia la mistificazione non è più occulta, ma plateale: si rivela più facilmente che un tempo. Cresce, cioè, la consapevolezza della manipolazione e con essa la ricerca di fonti affidabili sul piano dell’etica della verità.
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Quarto, inoltre, fa giustizia di un luogo comune così caro a novellini del mestiere di giornalista e cioè che “ai giornalisti tocchi dire tutto”. Un mantra dell’imperizia giornalistica. Il che non solo non è vero in assoluto, giacché un giornale o un telegiornale sono un “recinto” limitato dallo spazio o dal tempo. Ma non è vero anche sul piano della responsabilità e della scommessa educativa. I giornalisti sono sempre un filtro, avverte l’autore, e devono sapersi assumere le responsabilità.
 
Il lavoro giornalistico è capacità di “pesare” le notizie, di verificarle e di pubblicarle in piena coscienza e con un linguaggio adeguato, inclusivo e abbordabile per tutti, evitando di essere strumento di interessi terzi. Per questo una parte (assai) significativa del testo è dedicato alla Relazione con l’informazione che investe i bambini, per i quali sotterfugi e tecnismi (“consigliamo di non far vedere queste immagini ai più piccoli...”) evitano penalizzazioni professionali, ma non premiano la professionalità.
 
È un libro ispirato e ispirante. La simbiosi tra caratura professionale e fervida fede religiosa dell’autore costruiscono l’architrave di un libro vulcanico. Un testo che ad ogni eruzione scuote la coscienza di chi fa il mestiere più bello del mondo.
 
Quando è al servizio delle persone.
 
Dionisio Ciccarese - EPolis Bari
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