La Puglia del 2014
investa sui cervelli
Ci sono anni che vanno dimenticati, gettati via perché inutili quando non dannosi. Così è stato, per il Sud, il 2013. Un anno che ha visto calare il numero degli occupati, stringersi attorno al collo delle famiglie il cappio delle tasse e del calo dell’offerta di servizi, colpire al cuore la capacità di imprendere una via d’uscita.
A differenza di quel che va dicendo il governo, il 2013 ha massacrato il Meridione, ha ridotto all’osso le possibilità di fare impresa e di trovar lavoro, mentre ha rimpicciolito i meridionali a meri consumatori: un po’ com’era nel progetto di certuni politici della prima repubblica.
Allora il risveglio, che deve esserci, deve partire da un’inversione di tendenza culturale e sociale, non più economica. Infatti, mentre l’economia finanziaria dà segni di ripresa ma non produce lavoro - bensì rendite e parassitismo pochissimo tassati - l’economia reale, quella che a me piace di più, sparisce: si contrae il manifatturiero, con esso pezzi di artigianato e d’industria si chiudono nell’avello della crisi perché impreparati, retrivi, obsoleti e provinciali.
La via d’uscita sta solo e soltanto nell’investimento innovativo e colto, che sappia far propria la capacità di resistere dei meridionali per bene. La Puglia, in questo, può essere un traino per le altre regioni. Gli investimenti in scuola e ricerca, formazione e università, hanno prodotto cervelli interessanti che devono essere messi al lavoro sempre più, attraverso un ulteriore stimolo all’occupazione e all’impresa, ma anche alla creazione di reti transcontinentali con altri soggetti vivaci ed attivi, insistenti su mercati culturalmente più avanzati del nostro piccolo mondo antico.

Il mondo non è tutto uguale, il Sud men che meno, ma il nostro sud pugliese può, se vuole, farcela solo se saprà raccogliere queste teste dalla cesta della disoccupazione e lanciarle in aria a studiare le stelle del mondo globalizzato.
Dei passi in questa direzione sono stati fatti, altri devono essere messi in cantiere con delle misure nuove, davvero nuove, che intreccino sapere, saper fare e saper fare comunità produttiva e solidale. Penso al segmento dei servizi, così ampiamente sostenuto dalle politiche regionali, che ha saputo impiegare laureati di pregio; penso a quelle misure che hanno dato lavoro ai laureati in discipline umanistiche; ma penso anche alla formazione di quei tanti ragazzi che dall’agroalimentare alla ricezione turistica possono esprimere il meglio della Puglia salvaguardando la tradizione coniugandola con l’innovazione.
Purtroppo questo processo rischia di essere frenato da una classe imprenditoriale vecchia e addormentata, sonnolenta e arrogante, che non vuole investire perché ignora la positività del mondo integrato. Si tratta, allora, di forzare la mano e di condurre le risorse a sprigionar cervelli e ragioni nuove, in un pianeta che compete con le competenze, non con i denari.
Ecco la mia ricetta, allorquando gli indicatori di benessere ci pongono in fondo alle classifiche europee, nonostante la nostra voglia ormai consolidata di costruire un avvenire oltre i sentimenti melmosi del presente: dar fiato alle trombe della gioventù più preparata, senza se e senza ma.