Procacci e Pd. La replica di Minervini
"La bufera", questo il titolo della replica, affidata ai social network, di Guglielmo Minervini alla nota di Giovanni procacci e alle decisioni che incidono sul percorso verso le Primarie di fine novembre:
"Allora.
Il senatore Procacci si è sospeso dalla sua funzione politica.
Due punti mi sembrano centrali.
Il primo.
La questione università.
Il nepotismo, il familismo, il clientelismo baronale hanno raggiunto punte insostenibili.
Col doppio effetto di rendere l'università inaccessibile ai talenti veri e, quindi, dequalificata sia l'attività didattica che la produzione della ricerca.
L'incrostazione dell'università è la vera causa della fuga dei nostri giovani.
Il suo degrado è un problema per la Puglia.
E la Puglia senza il suo giacimento di conoscenze e di saperi, non va da nessuna parte.
Ecco perchè questa sfida per il cambiamento dell'università è cruciale.
Non dobbiamo mollare. Non possiamo mollare.
Il secondo.
La crisi riduce di fatto le opportunità.
Se anche le poche opportunità poi sono spartite con la logica della raccomandazione, allora il senso di esclusione diventa totale.
I figli di nessuno avvertono fortissima questa sfiducia.
C'è un mondo lì fuori che non ci crede più ormai.
Ieri è emerso torrenziale.
Se la politica non capisce questo, allora vuol dire che vive in un altro mondo. Non in questo.
Se la politica vuole rientrare in questo mondo e recuperare credibilità e fiducia, semplicemente deve giocare leale e fare due cose.
Deve moltiplicare le opportunità per tutti. E deve consentire al merito di emergere. In modo limpido e trasparente.
E queste scelte non si predicano ma si praticano.
Anche con dolorose rinunce.
In prima persona.
Chi si impegna in politica deve sapere che ci sono prezzi da pagare piuttosto che privilegi da incassare.
Il primo cambiamento, quello vero, quello che il nostro popolo disperatamente ci chiede è questo: che la politica ritorni a essere una forma pregiata di testimonianza.
Questo ho capito.
Ps Caro Giovanni mi spiace che tu l'abbia messa sul piano personale o che l'abbia inquadrata con le categorie improprie del rancore.
Nulla di tutto questo. Ovviamente. Non ne avrei ragione alcuna.
Ho cercato solo di dare nome a uno stato d'animo diffuso tra tantissimi giovani e molte più famiglie, intriso di indignazione e talvolta anche di rabbia.
Penso sia in fondo il compito della politica leggere la realtà.
Ed essere conseguente".