di Guglielmo Tarantino
La città di Taranto, come è noto da alcuni giorni, è interessata ad una nuova inquietante vicenda, il sequestro di alcuni edifici della città antica restaurati ed assegnati a 16 famiglie, perchè non sicuri, per effetto di un restauro non completato, di opere che la pubblica amministrazione aveva progettato, appaltato e pagato ma che, a quanto pare, non sono mai state realizzate.
Una ulteriore emergenza in una città nella quale coesistono migliaia di appartamenti sfitti e contestualmente circa duemila famiglie richiedenti alloggi popolari, e centinaia di famiglie (difficile censire quante) in situazioni abitative inaccettabili per degrado, sovraffollamento, carenze igeniche.
Il Comune in questi ultimi 5 anni ha introdotto ed avviato, alcuni provvedimenti tampone: il sostegno al fitto con un contributo di 300 euro, anche alle famiglie sfrattate per morosità, i contributi per il risanamento dei debiti dei più indigenti con l'AQP, che ha consentito di evitare la sospensione idrica o permesso il ripristino a numerose abitazioni popolari.
Tutte misure tampone.efficaci nel breve termine. ma non risolutive e soprattutto non tali da garantire la prospettiva di avere diritto ad abitare stabilmente in case dignitose anche per le fasce meno abbienti.
Ma non è questo il tema su cui vorremmo riflettere, perchè ci sono fatti che oltre al proprio specifico significato hanno un valore simbolico e questo è uno di quelli. Questa vicenda è il paradigma di una crisi non risolta della città, il simbolo di come sia Taranto a distruggere se stessa.
Questa città - ma sono solo parole - dice da tempo di voler puntare su due elementi per affrontare il futuro, la cultura e la valorizzazione del proprio patrimonio storico, architettonico paesagistico. Ma vediamo i fatti: Taranto, forse prima tra le città meridionali, elaborò un piano per il recupero della "città vecchia", un piano molto lodato per la sua capacità progettuale riconosciuto e premiato in ambito europeo. A questo progetto sono state destinate ampie risorse,anche utilizzando finanziamenti comunitarie, il Comune ha avuto per decenni un assessorato dedicato a quest'impresa ed uffici di progettazione, risorse esterne e quant'altro dedicate a questo compito. Ma con quali risultati? A circa mezzo secolo di distanza del varo del piano Blandino, poche sono le opere completate tra le quali la sede dell'Università, molte opere riconsegnate al degrado ed all'occupazione abusiva, crolli, devastazione di palazzi storici ed ora questo.
A parte alcune sporadiche manifestazioni, pur meritevoli di plauso, molta parte della città antica è vuota e, soprattutto di sera, appare una linea di confine che non si riesce ad attraversare, senza un forte senso di inquietudine. Il degrado è il prodotto di questa città, che non cura se stessa, ma una volta insediatosi il degrado, condizioniona a sua volta i cittadini, che vivono male, che rifiutano il proprio territorio, che si sentono autorizzati a comportamenti impropri. E' chiaro che dove è già tutto brutto e sporco, in molti si sentono in diritto di abbrutire e sporcare.
Una sconfitta per l'intera città.
Ma vi è un'altra sconfitta, più sottile e non meno inquietante: la sconfitta di chi ha puntato sul risanamento etico della città, dopo il dissesto, dopo le tante inchieste, se il teorema proposto dalla magistratura dovesse triovare conferma, dovremmo dire a 10 anni - quasi - dalla fine dell'esperienza amministrativa che potò Taranto al dissesto, nella macchina amministrativa del Comune vi sono zone d'ombre non chiarite.
Su questo forse è troppo presto per esprimersi, sarà la Magistratura compiendo il suo dovere ad individuare responsabilità , che non sono mai uguali, e separare gli innocenti dai colpevoli.
Tuttavia anche in questo settore si poteva fare di più: in questi anni il Comune ha voluto darsi un nuovo assetto dirigenziale, che non avesse gravami del passato: In tutti i settori sono stati fatti i concorsi per i dirigenti, ma caso strano non si è data stabilità a questo nuovo assetto ed oggi il Comune è nuovamente privo di dirigenti di ruolo. Davvero difficile programmare le proprie attività in queste condizioni, tutto diventa più precario e nelle pieghe dei vuoti e delle incertezze si possono inserire i comportamenti sbagliati, anomali o peggio.
La sensazione è che al di là delle buone intenzioni dichiarate, abitudini, interessi particolari e mancanza di decisione, hanno innescato un perverso gioco dell'oca ed ogni tre passi la città ritorni sistematicamente al punto di partenza.