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Roma
Morte Vittorio Emanuele, ecco perché Filiberto di Savoia non è erede al trono
A sinistra Emanuele Filiberto; a destra Vittorio Emanuele di Savoia

“È morto il Re, viva il Re”. Con questa espressione nei Paesi dove vige il sistema monarchico è abbastanza facile stabilire chi prenderà il posto sul trono: il figlio primogenito e, in alcuni casi, la figlia primogenita del defunto regnante. Non è però così facile la successione al momentaneamente inesistente trono d’Italia.

Questo perché il ruolo di Capo di Casa Savoia è conteso da due principi della millenaria dinastia: da Aimone di Savoia, figlio del defunto Amedeo di Savoia-Aosta e, da sabato scorso data della morte di Vittorio Emanuele di Savoia, dal figlio di quest’ultimo, Emanuele Filiberto.

La questione in realtà di pose già nel 1983, quando morì Umberto II di Savoia, ultimo re d’Italia. Secondo la tradizione della legge salica – quella che regola nella maggior parte delle vecchie monarchie la successione al trono - morto il sovrano il suo posto andava preso da Vittorio Emanuele. Se non fosse che per una serie di vicende interne a Casa Savoia, il diritto sarebbe stato perduto da Vittorio Emanuele e dai suoi discendenti in favore del duca d’Aosta Amedeo di Savoia e dei suoi discendenti: attualmente Aimone di Savoia. La querelle ha avuto momenti dolorosi per i monarchici italiani e per gli aficionados del trono – che secondo alcuni sondaggi ammonterebbero a percentuali a due cifre -.

Il "popolo" monarchico diviso in due

Questo perché il “popolo” monarchico è diviso tra i sostenitori del ramo che da sabato scorso fa capo ad Emanuele Filiberto e quello che fa capo ad Aimone di Savoia. Le due tifoserie spesso si sono odiate cordialmente ed in questo aizzate da alcune vicende. Una per tutte, i cazzotti sferrati a Madrid dal defunto Vittorio Emanuele al cugino Amedeo durante il matrimonio dell’attuale re di Spagna, Felipe. Nell’occasione Amedeo per non farsi coinvolgere nella rissa, mise le mani dietro la schiena e si lasciò picchiare dal cugino mentre Marina, la moglie di Vittorio Emanuele, chiedeva scusa ad Amedeo e cercava di difendere il cugino dalla furia del marito. Alla fine, un principe arabo braccò Vittorio Emanuele mettendo fine al pestaggio.

In realtà i due attuali contendenti – Filiberto ed Aimone - appaiono molto cordiali tra di loro ma nessuno dei due recede dalle sue posizioni. In occasione della morte di Vittorio Emanuele, Filiberto ha ricevuto con un toccante messaggio, le condoglianze di Aimone di Savoia, e ad onore del vero anche Vittorio Emanuele, quando quasi tre anni fa morì il cugino Amedeo, dimenticate diatribe e cazzotti inviò il suo compianto con parole che sembravano voler concludere la contesa.

Vittorio Emanuele ha modificato le regole di successione dinastica

Non fu così ed anzi Vittorio Emanuele, come se casa Savoia, fosse una sua proprietà esclusiva e privata, e pur con tutti i dubbi sul suo presunto ruolo di capo della casa, senza neppure consultarsi con il “nipote” Aimone, modificò le regole di successione dinastica ricomprendendo nel diritto anche la figlia primogenita di Emanuele Filiberto, Vittoria. Secondo insigni giuristi Vittorio non poteva farlo.

!Solo la monarchia vigente può modificare le regole"

E, secondo l’avvocato Alessandro Sacchi, capo dell’Unione Monarchica Italiana, solo con la monarchia vigente il Re – come accaduto in Spagna- può cambiare le regole. Quindi la questione sarebbe da rinviarsi a quando la monarchia ritornasse in Italia. Cosa questa che secondo Sacchi, visto lo sgretolamento della repubblica, avverrà quanto prima.

Intanto Emanuele Filiberto firmandosi Capo della Casa e duca di Savoia, sta organizzando le esequie del padre nella amata Torino. Passato il lutto, secondo voci ben informate, punta ad un rafforzamento delle sue posizioni. Intanto negli ordini cavallereschi dinastici di Casa Savoia, già saldamente nelle sue mani e poi cercando di “piazzarsi” ai vertici onorari nelle guardie d’Onore alle reali Tombe del Pantheon – ente della Repubblica Italiana – ma pregno di valori patriottici, risorgimentali e…monarchici. Già Vittorio Emanuele, con il mugugno degli “aostani” e di frange dissidenti, era stato nominato presidente onorario delle guardie.

Lo stesso ruolo vorrebbe Filiberto, con tanto di promessa di fedeltà a lui e ai suoi successori – la figlia Vittoria-. Se questo avvenisse, la scelta non sarebbe indolore. Sempre secondo i bene informati, a centinaia sarebbero le “guardie” che darebbero le dimissioni.

Le Guardie d'onore del Pantheon mettono pace"

A cercare la pace vi è il presidente dell’Istituto delle Guardie d’Onore, il capitano di Vascello Ugo d’Atri. Uomo buono che per la fedeltà a valori antichi lo fa essere una figura da Libro Cuore. D’Atri è affranto per la morte del principe Vittorio Emanuele ma lo aspetta un arduo compito, pacificare le varie anime delle Guardie tenendo anche presente che l’Istituto, in quanto ente della Repubblica è vigilato dal Ministero della Difesa, che potrebbe anche innervosirsi per questa “enclave” monarchica nel seno della Repubblica.

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