Fisco e Dintorni

Riscatto anni di laurea: nuova sentenza a Roma

Con recente sentenza n.3770 pubblicata il 20 ottobre scorso la Corte di Appello di Roma ha fornito una serie di chiarimenti in merito al riscatto degli anni universitari ai fini pensionistici.

Il riscatto della laurea è un istituto che consente, dietro versamento di una somma di denaro, di convertire gli anni degli studi universitari in contributi previdenziali allo scopo di integrare e incrementarne la propria posizione contributiva a fini pensionistici.

La facoltà di riscatto del corso studi è riconosciuta a tutti gli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria, nonché alle forme ad essa sostitutive ed esclusive ed alla gestione separata, sia che si trovino o meno in stato di occupazione.

Ai fini del riscatto della laurea è necessario aver conseguito il diploma di laurea o titoli ad esso equiparati (sono riscattabili unicamente gli anni dei corsi legali di studio universitario), e che i periodi per i quali si chiede il riscatto non siano coperti da altra contribuzione.

Il riscatto di laurea ordinario ha un costo variabile, che muta in base alle norme che disciplinano la quantificazione della pensione con il sistema retributivo o con quello contributivo e i costi sostenuti presentano vantaggi fiscali in termini di detraibilità o deducibilità  (Si rimanda alla circolare INPS 22 marzo 2021 n.46 la quale disciplina termini e modalità di presentazione della domanda e altresì la circolare INPS 6 aprile 2021 n.54 che concerne il “riscatto agevolato” di recente introduzione). 

Sul punto, una recentissima pronuncia della Quinta Sezione Lavoro della Corte di Appello di Roma (n.3770 pubblicata il 20.10.2023 disponibile su www.studiolegalesances.it – sez. Documenti) ha fornito importanti chiarimenti in merito al riscatto degli anni universitari.

La Corte, infatti, ha rigettato l’appello proposto da INPS avverso la sentenza di primo grado, nella quale era stato riconosciuto il diritto al riscatto della laurea, sulla base di una domanda presentata nel 1991, rispetto alla quale il richiedente non aveva mai ricevuto quantificazione e relativo onere da versare da parte dell’istituto previdenziale.

La Corte d’Appello di Roma ha, dapprima, inquadrato l’istituto al di fuori del novero delle controversie in materia di trattamenti pensionistici il quale, dunque, non è assoggettabile ai termini decadenziali per queste previsti e, successivamente, si è pronunciata sulla imprescrittibilità del diritto al riscatto della laurea, il quale sorge nel momento in cui l’interessato ne faccia richiesta e a nulla vale la mancata risposta da parte dell’INPS.

In particolare, i giudici di Roma, richiamando precedenti della Corte di Cassazione, hanno così statuito: “Rileva infatti la Corte che il termine di decadenza di cui all'art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970 non si applica alla domanda amministrativa di riscatto del corso di laurea, atteso che l'art. 47 concerne le controversie in materia di trattamenti pensionistici propriamente detti, … mentre l'istituto del riscatto, essendo finalizzato, mediante il pagamento della riserva matematica ex art. 13 della l. n. 1338 del 1962, alla copertura assicurativa di un periodo in cui l'interessato, per essersi dedicato allo studio, non ha potuto ottenere il versamento dei contributi che avrebbe invece conseguito se avesse lavorato, attiene a un rapporto preliminare e diverso rispetto a quello previdenziale (Cass. Sentenza n. 13630 del 02/07/2020)”.

Il riscatto della laurea, dunque, non è sussumibile nella categoria delle controversie in materia di trattamenti pensionistici, dal momento che lo stesso è un istituto finalizzato a consentire la copertura assicurativa di un periodo in cui l'interessato, essendosi dedicato alla sua formazione, non ha potuto versare i contributi che avrebbe invece conseguito se avesse lavorato.

È necessario, dunque, considerare il riscatto della laurea come un istituto di carattere generale dell'assicurazione obbligatoria che non attiene al rapporto giuridico previdenziale pensionistico, bensì ad un diverso rapporto ad esso preliminare e, pertanto, non possono trovare applicazione i termini decadenziali previsti ex art. 47, d.P.R. n. 639/1970 per le controversie in materia di trattamenti pensionistici.

La Corte, inoltre, prosegue sancendo che “Per ragioni analoghe a quelle appena espresse deve pure escludersi che sia maturata la prescrizione del diritto dell’istante, e ciò in quanto il diritto al riscatto sorge per effetto dell’ammissione al beneficio da parte dell’Istituto che ha verificato la sussistenza delle relative condizioni e ha richiesto all’interessato il versamento della riserva matematica. Il momento della presentazione della domanda è rilevante solo per la quantificazione degli oneri economici gravanti sul lavoratore per il conseguimento del riscatto; questo momento non rileva, invece, a fini prescrizionali”.

Il diritto al riscatto, dunque, non è sottoposto a termini di prescrizione e sussiste anche nel caso in cui l’INPS non fornisca alcun riscontro alla domanda formulata dall’interessato in quanto, non può certamente demandarsi a carico del richiedente l’onere di sollecitare l’assunzione di un provvedimento a carattere oneroso, “che egli, invece, ben potrebbe avere interesse a procrastinare”.

Alla luce delle siffatte considerazioni, pertanto, la portata innovativa del nuovo orientamento giurisprudenziale concerne proprio la qualificazione del diritto al riscatto quale diritto autonomo rispetto a rispetto al diritto alla pensione, e ciò genera, da un lato, l’inapplicabilità dei termini decadenziali per esso previsti e, dall’altro, l’imprescrittibilità del diritto al riscatto con la conseguenza che, chiunque abbia presentato domanda di riscatto senza aver ottenuto alcun riscontro da parte di INPS, potrà agire in giudizio al fine di ottenere l’accertamento del diritto al riscatto degli anni universitari.

 

Dott.ssa Giulia Frisenda

Avv. Matteo Sances

www.centrostudisances.it