Anche la Grande Mela deve affrontare l’emergenza sociale degli anziani
di Alessandro Frezato
Solitamente siamo portati a pensare a New York, come una città dinamica e giovane. Ma in realtà sta dimostrando sempre di più un’altra faccia, che è quella di una città che invecchia.
Al momento gli abitanti con un’età’ superiore ai 65 anni raggiungono all’incirca il milione, ma secondo le statistiche, saranno 300 mila in più entro il 2030, portando così la percentuale di persone anziane al 15,5% della popolazione. Un sondaggio del 2013 sottolineava l’indubbia e inevitabile crescente necessità di servizi come l’assistenza domiciliare, oltre ai programmi a sostegno alle famiglie.
Le richieste di politiche pubbliche più sentite arrivano da persone di classe media, le quali avendo un redito alto per poter accedere ad aiuti pubblici e al tempo stesso basso per affrontare a proprie spese i costi per l’assistenza, si trovano ad essere penalizzate
A complicare però l’aumento di richieste di servizi è anche la demenza senile e l’Alzheimer. Negli Stati Uniti non a caso 1 persona su 3 sopra gli 85 anni è malata di Alzheimer.
Questo genere di fenomeno sociale non riguarda solo New York e gli USA, ma ben si buona parte dell’Europa e del moderno occidente, per via del basso tasso della natalità e al prolungamento dell'aspettativa di vita delle persone, il che è un fattore positivo, che però dovrebbe già da ora implicare un grosso impegno dei governi e delle istituzioni politiche, a favore di un adeguato piano di servizi socio-sanitari e socio-assistenziale e di abbattimento totale delle barriere architettoniche. Altrimenti il continuo prolungamento dell’aspettativa della vita, diverrà un fattore sempre più ingestibile.
In un futuro non molto lontano quindi, il tema disabilità riguarderà un’ampia fetta della popolazione.