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Torino di Urbano Cairo vince l'altro scudetto: leader di beneficenza e sociale

“Sì, di iniziative ne abbiamo messe in piedi, ma in linea di massima la consegna è di non divulgarle troppo. Queste cose si fanno, non si dicono. Almeno così la pensano i dirigenti”. Questo, più o meno testualmente, è quanto ci rispondo all’ufficio stampa del Torino Fc, quando proviamo a chiedere se la società sia coinvolta in attività di beneficenza. Un atteggiamento che, in tempi di social network e mezzi di comunicazione onnipresenti nelle faccende calcistiche, potrebbe sembrare perfino anacronistico: ma che in realtà ben rispecchia la proverbiale tempra sabauda da bogia nen, nomignolo con cui si indica la perseveranza testarda e spesso diffidente dei piemontesi.

Scavando in rete, in effetti (oltre che tra tifosi e associazioni vicine alla squadra), si fa presto a capire che è proprio così: di iniziative la società ne ha organizzata più d’una, ma sempre senza clamore e pubblicità. I Granata, ad esempio, sono stati i primi, e finora unici, a patrocinare, finanziare e concedere  ufficialmente il proprio nome a una squadra di calcio per disabili . Si chiama “Torino Fd” (sigla che sta per “for disabled”) ed è una formazione dilettantistica di calcio a sette: a fondarla, nel 2009, fu Claudio Girardi, disabile dalla nascita e da sempre appassionato di sport. “Quell’anno - spiega - fui invitato a disputare una partita al “Ruffini” di Torino: da una parte una squadra di giocatori con disabilità; dall’altra, le vecchie glorie del Toro. Un compagno di quella formazione improvvisata mi invitò a giocare a Castellarano, in provincia di Reggio Emilia; in quell’occasione fui trattato con ogni riguardo, come un vero e proprio atleta: albergo, viaggio pagato, accoglienza calorosa. Fu allora che capii che questo sport, nonostante la scarsissima diffusione, aveva delle grosse potenzialità. E arrivato a Torino fondai la squadra”. Girardi raccoglie giocatori con diversi tipi di disabilità: sensoriale, psichica, fisica. “L’unica prerogativa - chiarisce - è che possano correre, oltre ovviamente a saper giocare”. Un anno dopo, il team vola in Svezia per la sua prima competizione internazionale: “a quel punto - continua il Presidente - mi resi conto che molte società, all’estero, erano direttamente affiliate a squadre di primissimo piano, come il Chelsea o il Liverpool. Di ritorno a casa, ne parlai con Urbano Cairo, che fu subito entusiasta della mia proposta”.
Ad oggi - in un paese in cui, pur essendo una sorta di seconda religione nazionale, il calcio risulta paradossalmente tra gli sport meno praticati dai disabili - il Torino Fd è probabilmente la squadra più affermata a livello paralimpico. “In nazionale, al momento, quattro giocatori sono dei nostri” precisa Girardi, con un certo orgoglio. “E inoltre abbiamo partecipato a parecchie competizioni internazionali: oltre a Borlange, in Svezia, dove battemmo il Chelsea, abbiamo giocato nel Principato di Monaco, in Svizzera contro il Bellinzona, e in Francia per un torneo in cui abbiamo vinto contro Marsiglia e Metz”.

In seno ai Granata,  del resto, è anche nato il primo club di tifosi a livello europeo interamente composto da disabili: a fondare i Tori seduti, nel 2003, furono Riccardo Sabatini e Giovanni Patriarca. Grazie al lavoro congiunto con la dirigenza del Torino, il “loro” stadio (l’Olimpico di Torino) oggi ha un livello di barriere architettoniche prossimo allo zero:  biglietterie ad altezza di carrozzina, solo qualche decina di metri tra ingressi e tribune riservate, bagni per i disabili facilmente raggiungibili e regolarmente igienizzati. Una mosca bianca, in un panorama che, per il resto, risulta spesso desolante. Da dieci anni a questa parte, il gruppo ha ottenuto dalla dirigenza del Torino l’intera gestione degli accrediti per i portatori di handicap: circa 200 posti gratuiti, riservati a disabili motori e sensoriali con i relativi accompagnatori.  Per poter svolgere questo incarico, nel 2006 il club dei Tori seduti si è formalmente costituito come società senza scopo di lucro. Da allora, oltre alla squadra, il gruppo ha sostenuto una miriade di cause benefiche, diventando di fatto anche un'organizzazione di volontariato che ad oggi ha devoluto centinaia di migliaia di euro in beneficenza. "Ogni anno - spiega Bachis - scegliamo un paio di progetti, e li sosteniamo tramite iniziative di finanziamento, come la cena di fine stagione a cui di solito partecipano anche i giocatori. Per il terremoto dell'Aquila abbiamo raccolto 94mila euro, oltre a inviare quattro camion di aiuti umanitari: per l'Emilia, insieme ai Viking, ne abbiamo donati 35 mila”. Molte di queste iniziative sono patrocinate dalla società granata: che anche in questo caso, però, tende a prendervi parte in sordina, senza far troppo rumore.

Per quanto riguarda la beneficenza in senso stretto, da anni il Torino Fc sta sostenendo economicamente Casa Ugi, una casa d’accoglienza con 22 appartamenti, gestita dall’”Unione genitori italiani contro il tumore dei bambini” e nata per assistere i bimbi in cura presso l’Ospedale pediatrico Regina Margherita. Alla struttura, oltre a una serie di contributi economici, i granata hanno donato lavatrici, televisori e altri elettrodomestici e oggetti d’arredamento; negli anni, inoltre, a beneficio dell’associazione la squadra ha organizzato una serie di aste, mettendo in palio maglie, fasce da capitano e cimeli delle vecchie glorie del Toro, come anche una Suzuki Vitara “Toro Edition”, realizzata dallo sponsor principale della squadra.

Da redattoresociale

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