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Totti lusinga Spalletti e Mourinho: "A Fra', che te serve?"
Francesco Totti (foto Lapresse)

Totti lusinga Spalletti e Mourinho. “A Fra’, che te serve?”

Ai tempi di Giulio Andreotti girava la frase “A Fra’, che te serve?”, che secondo la vulgata l’imprenditore romano Gaetano Caltagirone rivolgeva a Franco Evangelisti –braccio destro di Andreotti- all’inizio di ogni telefonata. Per rispondere alla domanda dobbiamo analizzare l’intervista rilasciata ieri dall’ ex capitano della Roma, Francesco Totti, per il Corriere della Sera a Walter Veltroni.

L’intervista, sapientemente confezionata dall’ex politico, inizia sul vago. Che fine ha fatto il ruolo del “numero 10”, che una volta, prima della rivoluzione anarchico-entropica dei numeri sulle maglie, designava il giocatore di livello superiore? Il numero che fu di Pelè, anche da Papa Francesco definito “il più grande giocatore di tutti i tempi”, di Diego Armando Maradona, di Gianni Rivera e appunto di Francesco Totti. Perché, oltre il numero, è sparito anche il ruolo?

Risponde Totti: «Sono spariti perché ora è un altro calcio. È un’altra visione, un altro modo di giocare. Ora prevale il fisico sulla tecnica. Nel tempo in cui giocavo io c’erano sempre, in ogni squadra in Italia o all’estero, uno o due giocatori di altissimo livello. C’erano uno o due numeri dieci potenziali. Insieme facevano il numero venti. Saremo stati fortunati, ma il calcio era più bello».

“Tutto è cambiato con Sacchi?” –chiede ammiccando un fintamente ingenuo Veltroni che vuole fare concorrenza a Fazio (che però è inarrivabile).

«Vedi, il dieci era un giocatore diverso dagli altri dieci. Era uno che doveva correre meno ma sfruttare ogni occasione di talento: un assist, un tiro al volo, un dribbling difficile. Doveva essere lucido, sempre fresco. Per questo il dieci tornava di meno. Sacchi portò tutti a rientrare in difesa. E questo fece sparire lo spazio tecnico per il dieci considerato come il fulcro della squadra, l’elemento di sorpresa. Il calcio si è fatto più organizzato, ma meno sorprendente».

Dunque abbiamo un killer per la fine del “numero 10”. Trattasi di Arrigo Sacchi che –appena saputo dell’intervista- si è dato alla fuga sulle Prealpi inseguito da Gianni Infantino, Presidente della Fifa.

Veltroni, con tecnica navigata, si sta avvicinando al vero obiettivo, spostando il focus sull’allenatore.

Dopo un altro strato fumogeno di finta tecnica pallonara si torna infatti a bomba.

“Con quali allenatori ti sei trovato meglio?”, chiede furbamente Veltroni.
«Per primo Mazzone, che ricordo con grande affetto. Poi Zeman e il primo Spalletti. Lo devo dire. È la verità».

Excusatio non petita, accusatio manifesta”, direbbero quelli che hanno studiato il latinorum.

Infatti -come è noto- tra Totti e Spalletti ci sono stati dei grossi problemi e velenose polemiche ai tempi in cui il giocatore della Roma stava ancora con Ilary Blasi

Ora che la storia con Ilary è malamente finita Francesco ci dice –a sorpresa- che con Spalletti (il primo) si era trovato a suo pieno agio. Era un babbo per lui e da come risponde magari la colpa della polemica è stata della Blasi, rea a suo tempo di averlo pure difeso definendo Spalletti “un piccolo uomo”.

E poi Veltroni, da sapiente manovratore, torna politico e sensale punta il bersaglio finale:

D: “Spalletti. Ha dimostrato, di nuovo, di essere un grande allenatore. Vuoi dire qualcosa che chiude la polemica tra voi?”
R: «Se lo incontrassi lo saluterei con affetto, mi farebbe piacere. Credo che tra noi ci sia un profondo legame. Anche perché quello che abbiamo passato insieme, quando arrivò da Udine, è per me, nella mia vita, qualcosa di irripetibile. Sia in campo che nel quotidiano. Io uscivo una o due volte a settimana con lui a cena. Luciano era una persona piacevole, divertente, sincera. Nella fase finale il nostro rapporto è stato condizionato dall’esterno, specie dai dirigenti o consulenti della società, e non ci siamo più capiti. Anche io ho fatto degli errori, ci mancherebbe. Credo che tutti e due, se tornassimo indietro, non entreremmo più in conflitto».

La colpa è sempre degli altri, sembra di sentire Virginia Raggi.

E poi l’atterraggio:

“Come vedi la Nazionale?”
“Conoscendo lui, che è uno degli allenatori più bravi, se non il più bravo in Italia, sapevo che avrebbe impresso una svolta. La squadra sa come stare in campo, si vede che giocano più liberi, che si divertono. I risultati verranno, è comunque una fase difficile per il calcio italiano.”

Urca. Da nemico numero 1 Spalletti è diventato addirittura “il più bravo d’Italia”.

Dopo la slurpata un saggio Totti si costruisce pure un piano B, non si sa mai che il governo di destra si ricordi delle sue simpatie di sinistra:

D: “Mourinho ha detto che ti avrebbe voluto nella Roma. Ti piacerebbe?”
R: “Certo che, con un ruolo definito, mi piacerebbe, per le ragioni che ho detto prima. E mi piacerebbe con Mourinho, è il numero uno, lo stimo molto. Mi dispiace non essere stato allenato da lui, nella mia carriera. Ma non voglio tornarci su. Non voglio chiedere. Alla Roma sanno che se hanno bisogno di me, per cose serie, mi fa piacere dare una mano. Altrimenti, amici come prima”.

Quindi il pupone, Francesco Totti, sta cercando lavoro, proprio come Padre Georg nella Foresta nera. In primis sta puntando la nazionale con l’ex (‘) nemico Spalletti e poi, in seconda battuta, Mourinho e la Roma.

Conoscendo Spalletti, grande allenatore ma vendicativo, è meglio che Totti punti direttamente il portoghese.

Un plauso alla bravura giornalistica di Veltroni che è riuscito a mascherare una offerta di lavoro in una intervista sul calcio che fu. Abbiamo quindi risposto alla domanda iniziale: “A fra’, che te serve?”

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