La finanza basata sul capitalismo sta per scoppiare? - Affaritaliani.it

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La finanza basata sul capitalismo sta per scoppiare?

Redazione MarketWalll

Il nostro sistema economico globale basato sul credito sembra stia passando da un modello orientato a promuovere la produzione a uno che ricicla il potere della finanza a vantaggio degli speculatori, in un corto circuito forse inarrestabile. Fare soldi su soldi sembra ormai essere l’obiettivo principale del sistema, a prescindere dalle conseguenze sull’economia reale.
Il risultato sarà che la gente non potrà, o non vorrà, più lavorare e l’innovazione tecnologica finirà col ristagnare, perché la finanza sta bruciando energie per riprodurre se stessa, invece che immettere capitali nelle aziende.
Un preoccupante segnale nasce dal fatto che ormai l'economia globale è sensibilmente alimentata dalle carte di credito: l’espansione nei soli Stati Uniti a partire dai primi anni 1970 è stata di 58 volte: ora abbiamo 58 miliardi di dollari di credito ufficiale, mentre nel 1970 ne avevamo solo uno.
I risparmiatori iniziano ad essere diffidenti a proposito del debito accumulato e infatti i governi o le istituzioni preposte e regolamentare il credito hanno cominciato a costruire barriere alla creazione di ulteriore credito. Inoltre, il rendimento offerto sui risparmi o gli investimenti (siano essi conti correnti o depositi, buoni del tesoro, bund, o altre forme di risparmio) è inadeguato rispetto ai valori storici o a quelli che dovrebbero essere calcolati teoricamente sulla base della duration.
I tassi di interesse negativi che dominano il 40% del mercato obbligazionario di Eurolandia, e che rispecchiano quanto avvenuto per molti anni in Giappone, sono un enigma per quasi tutti gli investitori di buon senso.
Perché qualcuno dovrebbe prestare denaro a qualcun altro, con la certezza di ottenere meno soldi in una data futura? Diversi anni fa anche gli economisti più illuminati non avrebbero immaginato un tale evento, ma ora sembra all'ordine del giorno convivere con questa realtà.
I rendimenti negativi minacciano i margini di profitto delle banche: infatti le curve dei rendimenti si appiattiscono in tutto il mondo. Il recente crollo in tutte le Borse del mondo delle quotazioni dei titoli bancari può essere spiegato non soltanto da potenziali rischi di mercato, ma dalla previsione di una regolamentazione più severa che porterà certamente a margini futuri significativamente più bassi.
Questo ragionamento coinvolge anche altri settori nel mondo della finanza: ad esempio il comparto assicurativo non può coprire i sinistri con la sicurezza del passato, perché le compagnie non riescono a guadagnare abbastanza sui propri investimenti in obbligazioni e azioni, riducendo così sensibilmente il proprio margine di manovra.
Lo stesso vale in tutto il mondo per i fondi pensione, perché non possono ricavare abbastanza sui loro portafogli di investimento per coprire gli impegni presi.
E il danno si estende a tutti i risparmiatori e alle famiglie di tutto il mondo che hanno accumulato piccoli capitali per la vecchiaia, o per gli studi dei figli, o per future possibili spese mediche: di quanto siano stati danneggiati se ne rendono conto solo ora, scontrandosi con i tassi di interesse negativi.
Ma sembra che alcuni politici o responsabili di importanti istituzioni, come Mario Draghi, peraltro ottimo economista in molti frangenti, oggi si preoccupino solo di aspetti secondari, come l’eliminazione delle banconote di grosso taglio (ad es. i 500 euro e i 1000 dollari). C'è un attacco uniforme un po’ sospetto da parte di economisti noti come Larry Summers, o rispettati giornalisti come Gillian Tett del Financial Times,  o banchieri centrali come appunto Mario Draghi: tutti sembrano improvvisamente preoccupati dei trafficanti di droga e dei terroristi (problemi che esistono, ma del tutto secondari per l’economia globale).
Intanto gli sforzi per debellare la deflazione falliscono miseramente e le aziende di tutto il mondo stanno rendendosi conto che solo cambiamenti drastici nelle politiche finanziarie e fiscali potranno permettere loro di sopravvivere.

Paolo Brambilla