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Affari Europei
Benifei: “La maggiore flessibilità? Frutto di una decisione politica”

Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani

Domani la Commissione Ue pubblicherà le 'pagelle' degli Stati europei, sembra che l'Italia otterrà la flessibilità chiesta dal governo. C'è un cambio di rotta da parte di Bruxelles sul tema del rigore?

“Io non credo si possa propriamente parlare di 'cambio di passo' per due ragioni sostanziali: innanzitutto perché aperture sul tema della flessibilità nell'applicazione delle regole fiscali e di bilancio erano già state introdotte lo scorso anno, e la Comunicazione della Commissione Europea sulla flessibilità, eredità fondamentale del semestre di presidenza italiano della seconda metà del 2014, contiene indicazioni specifiche in questo senso. In secondo luogo, perché non si tratta solo ed esclusivamente di un nuovo indirizzo dell'esecutivo comunitario, favorevole a concedere agli Stati Ue un maggior margine nella definizione delle politiche fiscali e di bilancio, bensì si tratta del risultato, soprattutto politico e non derivante da una opzione tecnica, ottenuto da una coalizione di governi e forze progressiste nell'Ue, in cui l'Italia ha certamente giocato un ruolo chiave”.

C'è un minore rigorismo da parte della Germania?

“La Germania, come gli altri Paesi Ue, riceve le sue Raccomandazioni specifiche, esattamente quanto l'Italia, la Grecia, il Portogallo o il Regno Unito. La tradizionale linea 'rigorista' che spesso la Commissione ha mantenuto è il frutto di un complesso bilanciamento di forze in seno alle istituzioni Ue che ne definiscono l'orientamento politico. Credo che molti 'falchi' all'interno del partito della Cancelliera Merkel non esultino oggi alle concessioni negoziate ed ottenute dal nostro governo. Fortunatamente, potrei dire, le decisioni si prendono a Bruxelles e non a Berlino, e l'esecutivo di Jean Claude Juncker si dimostra, ancora una volta, libero di muoversi con una maggiore autonomia rispetto alla Commissione Barroso”.

Esiste una correlazione tra austerità e crescita dei movimenti populisti?

“Certamente sì ed è una correlazione di diversa natura a seconda dell'area geografica in cui ci si trova e di logiche politiche di fondo spesso molto diverse tra loro, ma tuttavia convergenti nella critica ad una gestione eccessivamente burocratica dei bilanci pubblici, della razionalizzazione delle spese, dell'abbattimento della spesa pubblica. In certi casi, movimenti populisti e di protesta mettono in discussione il funzionamento e l'esistenza stessa della moneta unica e/o della Unione, con pesanti risvolti nazionalisti e sovranisti - si vedano le reazioni del Movimento 5 Stelle e della Lega Nord in Italia e del Front National in Francia, per citare due esempi, comunque molto differenti tra loro; in altri casi, invece, l'attacco all'austerità come politica economica fallimentare muove da una critica più marcatamente sociale”.

Come Podemos?

“Esattamente. È ovviamente difficile tracciare una netta linea di demarcazione tra cosa sia populismo e cosa no. Il Partito democratico stesso presenta, e porta sul tavolo di Bruxelles, una severa critica all'austerità quasi dogmatica che ha dominato l'agenda politica ed economica dell'Ue. Stiamo uscendo da questa situazione di scelte di politica economica  fallimentare, se vogliamo dirci francamente come stanno le cose, con una disapplicazione metodica e regolamentata del Fiscal Compact, già in atto da tempo”.

Weber ha accusato Moscovici di fare un favore a Spagna e Portogallo, definendoli "amici socialisti". Si tratta effettivamente di un 'favore'?

“Weber continua a distinguersi per un approccio in larga misura superato anche da ampie porzioni del suo gruppo politico, mostrando un appoggio incondizionato a politiche di austerità estrema che, come dimostrano i fatti, stavano peggiorando le condizioni macroeconomiche dei paesi Ue. Leggo una certa frustrazione nelle sue dichiarazioni, che tuttavia comprendo, conoscendo le sue rigidità quasi ideologiche”.

Quanto l'instabilità nella penisola iberica ha influenzato le valutazioni della Commissione?

“Credo che ci sia, da parte della Commissione europea, una valutazione politica di fondo, una riflessione sulla necessità e l'opportunità di allentare la presa su alcuni paesi in difficoltà e su paesi che hanno fatto scelte forti per ripartire, come l'Italia. Nulla di più giusto e necessario, era quello che chiedevamo da anni: politiche di bilancio e di coordinamento economico-finanziario più intelligenti, più sensibili, meno 'parametriche' in maniera astratta. Se ne faccia una ragione, il collega Manfred Weber, senza parlare di favore agli "amici socialisti", visto che le decisioni vengono prese per consenso dall'intero Collegio dei Commissari, la cui maggioranza difficilmente si può definire socialista o socialdemocratica”.

L'Irlanda quest'anno è cresciuta a ritmi impensabili per l'Italia, eppure ha portato a termine le richieste della Troika. L'austerity è davvero la ricetta sbagliata o è il come viene applicata che influenza i risultati?

“Su tutte le possibili valutazioni che si possano fare a riguardo, credo che la situazione dell'Irlanda, un'economia totalmente diversa da quella italiana, un paese molto piccolo e che ha ritagliato un suo ruolo in alcune nicchie specifiche come alcune categorie di produzione ad alta tecnologia, debba soprattutto servire come esempio per dimostrare che una politica della bacchetta magica, applicabile a tutti i paesi Ue prescindendo dalle loro concrete caratteristiche, ad esempio in ambito sociale, geografico, infrastrutturale, sia totalmente priva di senso”.

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