Brexit, l'Ue è preoccupata: "Difficile la vittoria del sì al referendum" - Affaritaliani.it

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Brexit, l'Ue è preoccupata: "Difficile la vittoria del sì al referendum"

Per il premier britannico David Cameron vincere il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea è "più difficile" del previsto. E' quanto si legge in uno studio del Parlamento europeo redatto per la commissione Affari esteri. Il testo analizza i rapporti tra Londra e l'Europa, ricordando che quello che si terrà nel 2017 e' il secondo referendum organizzato dai britannici per chiedere ai cittadini se continuare a far parte dell'Ue oppure no. Il primo si tenne nel 1975, quando l'Ue si chiamava ancora Cee e gli Stati membri erano appena nove. Ma la grande differenza con allora e' che oggi l'economia britannica è tra quelle che vanno meglio.

"Nel 1975 gli elettori britannici sapevano che le altre economie della Cee erano molto piu' forti della loro, mentre nel 2015 l'economia britannica cresce più velocemente della maggior parte degli altri Stati dell'Ue". Inoltre, continua il documento, il presente dice che "anche se molti politici e uomini d'affari sostengono l'adesione, molti personaggi di spicco dell'ambiente moderato chiederanno di votare 'No', come probabilmente farà una parte significativa dei media". Per questo l'impressione è che rispetto al referendum del 1975 "per David Cameron sarà molto più dura vincere il suo referendum".

Gli interventi di alcuni selezionati leader europei potrebbero "influenzare il risultato" del dibattito britannico sulla permanenza nell'Ue e, di conseguenza, del referendum previsto per il prossimo giugno, si legge ancora nel documento. Qui si riconosce che appelli diretti dei primi ministri dei Paesi Ue o dei leader delle istituzioni comunitarie agli elettori britannici e "potrebbe non avere grande effetto". Anzi, tali interventi "potrebbero essere visti come interessati". Tuttavia ci sono in Europa delle "eccezioni".

Secondo il documento "Angela Merkel gode di una buona reputazione nel Regno Unito e le sue parole sarebbero ascoltate". Allo stesso modo "i britannici rispettano i Paesi nordici, e potrebbero essere influenzati dalle parole dei loro leader". Ma ci sono anche "governi non europei che potrebbero fare la differenza" nel dibattito sulla permanenza del Regno Unito in Europa. I cittadini britannici "darebbero ascolto alle parole del presidente degli Stati Uniti, e potrebbero fare lo stesso con i leader di Canada, Australia e Nuova Zelanda". Del resto vincere la campagna referendaria del 'sì' "è responsabilità dei pro-Europei britannici, ma quelli fuori dal Regno Unito possono contribuire". Un esempio? Canada, Australia e Nuova Zelanda "già si espressero a favore dell'appartenenza del Regno Uniti all'Ue nel 1975, e probabilmente faranno lo stesso anche adesso".