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Affari Europei
Dieselgate, colpe di Commissione e Stati. "Assolto" Tajani. Il report Ue

Dieselgate, dall'Europarlamento dubbi su Commissione Ue e sui governi

La commissione d'inchiesta del Parlamento Europeo sullo scandalo Dieselgate, approvando il suo rapporto finale, ha puntato il dito contro le case automobilistiche, ma anche contro la Commissione che non è stata in grado di indagare su possibili comportamenti illegali, malgrado avesse a disposizione informazioni sulle divergenze nel livello di emissioni dei motori diesel. Secondo il rapporto, la comunicazione interna tra i servizi della Commissione ha rivelato informazioni che avrebbero potuto suggerire l'uso di software truccati per abbassare il livello di emissioni nei testi di laboratorio, ma l'esecutivo comunitario non ha preso alcuna misura per indagare ulteriormente.

Accuse anche agli Stati membri

Dopo quasi un anno di inchiesta, la commissione d'inchiesta dell'Europarlamento accusa gli Stati membri di non aver attuato in modo adeguato la legislazione dell'Ue sulle emissioni o di non aver verificato le ragioni per cui le automobili omologate producessero più emissione su strada rispetto alle prove in laboratorio. Secondo i deputati, l'approvazione di nuove regole per i test in condizioni reali su strada è stata rinviata perché gli interessi dell'industria hanno avuto la precedenza sulle preoccupazioni legate a sanità e ambiente. La commissione d'inchiesta ha raccomandato il rafforzamento delle procedure europee per l'omologazione dei veicoli, un ruolo rafforzato di controllo della Commissione e la creazione di un'agenzia europea per la sorveglianza dei veicoli. Il testo finale del rapporto dovrebbe essere adottato nella plenaria dell'Europarlamento di aprile.

Il report dell'Europarlamento "assolve" Tajani

Il report assolve comunque l'attuale presidente del consesso, Antonio Tajani, e gli dà ragione sul caso Volkswagen. Tajani era stato accusato di non essere intervenuto con una procedura di infrazione ai danni di Volkswagen nonostante ci fossero le prove che le emissioni reali dei veicoli erano lontane dalla realtà. Tajani si è sempre difeso sottolineando che non esistevano prove di una frode, di non essere mai stato informato al riguardo e di non aver dunque mancato nessun suo dovere da commissario per l'Industria. E il parlamento Ue gli ha dato ragione non ascrivendogli nessuna responsabilità. 

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