Stretta Bce, niente più liquidità agevolata alle banche: finiti i tempi d'oro

I bilanci delle banche centrali si restringono: la sola Bce lascerà scadere da marzo titoli per un valore di 15 miliardi di euro al mese

di Julian Marx*
Economia

Banche centrali e tassi sui interesse, cosa implica per i mercati? L'analisi 

Causa ed effetto: il principio di causalità vale anche per la politica monetaria. Nell’Eurozona ci sono voluti tassi d’inflazione a due cifre perché la Banca Centrale Europea (BCE) iniziasse a ridurre il suo bilancio. Nel frattempo, l’economia e gli Stati si erano ormai abituati alla disponibilità di denaro a basso costo. Ma i tempi d’oro sono finiti (almeno per ora). Adesso le banche non possono più rifornirsi di liquidità dalla BCE a condizioni agevolate e tra novembre dello scorso anno e fine febbraio hanno già rimborsato circa 850 miliardi di euro erogati nell’ambito di operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine. 

Inoltre, la Banca centrale sta cominciando a ridurre il suo portafoglio titoli. In una prima fase, che durerà fino a metà anno, la BCE lascerà scadere titoli per un valore di 15 miliardi di euro al mese senza riacquistarli; un volume equivalente a circa il 50% dei rimborsi previsti. È questo l’inizio della grande “cura di disintossicazione” da anni di politica monetaria ultra-espansiva?

Rispetto alla BCE, altre banche centrali hanno accelerato la riduzione dei portafogli titoli già lo scorso anno. La Bank of Canada (BoC), ad esempio, ha smesso ad aprile 2022 di reinvestire i rimborsi sui titoli di Stato nazionali in scadenza. Poiché gran parte delle obbligazioni governative detenute dalla BoC hanno durate residue brevi, è probabile che entro la metà del 2024 il volume di titoli di Stato detenuti dalla banca centrale si sarà già ridotto di circa il 40%. La sua omologa oltre confine, la Federal Reserve statunitense (Fed), sta lasciando scadere i titoli in suo possesso ormai da giugno dello scorso anno – attualmente a un ritmo di 95 miliardi di dollari al mese. Di conseguenza, le disponibilità di titoli sono diminuite di circa 500 miliardi di dollari alla fine di febbraio, scendendo a poco meno di 8.000 miliardi di dollari all'ultimo conteggio. 

A differenza della BoC e della Fed, la Bank of England (BoE) sta addirittura vendendo attivamente i titoli in suo possesso. Quest’anno, infatti, scadrebbe “solo” il 4,7% dei titoli di Stato detenuti dalla banca, ovvero partecipazioni del valore approssimativo di 34 miliardi di sterline. Più della metà dei Gilt (titoli di Stato britannici) detenuti dalla Bank of England scadrà invece tra il 2030 e il 2071. La banca intende però ridurre il portafoglio di circa 80 miliardi di sterline – più o meno il 10% – già entro il quarto trimestre del 2023. 

Ma a prescindere dal fatto che i titoli vengano venduti attivamente o che quelli in scadenza non vengano sostituiti, l’ondata di denaro riversatasi nel sistema negli ultimi anni è destinata a prosciugarsi. Nel complesso, le banche centrali mondiali stanno ora ritirando dal mercato centinaia di miliardi al mese. A ogni modo, questa “disintossicazione” dalla politica del denaro a basso costo non sembra poi così aggressiva, almeno non nel contesto di bilanci “gonfiati”, come dimostra l’esempio della BCE. A fine febbraio, la Banca Centrale Europea possedeva titoli per un valore di 4.943 miliardi di euro, sottoscritti nell’ambito di diversi programmi di acquisto. 

Pertanto, se anche la BCE triplicasse il ritmo di riduzione del suo portafoglio da 15 a 45 miliardi di euro al mese a partire da luglio di quest’anno, alla fine del 2024 deterrebbe ancora titoli per un valore equivalente a circa 4.000 miliardi di euro. Basta dare un’occhiata ai suoi depositi per capire quindi che la BCE continuerà probabilmente ad alimentare il sistema finanziario con una straordinaria quantità di liquidità per diversi anni a venire. Ridimensionare i bilanci delle banche centrali richiederà quindi molto più tempo di quanto ne sia servito per accumularli. La BCE è solo un esempio, ma vale anche per le altre. Per rifarsi alla famosa fiaba dei fratelli Grimm, mentre nelle crisi passate il portafoglio titoli è salito rapidamente a “passo di lepre”, ora sta scendendo alla velocità di un riccio e probabilmente non raggiungerà mai più i minimi precedenti. 

Negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha già annunciato di voler mantenere in futuro il suo portafoglio titoli a un livello (storicamente) più elevato. Il rischio di una possibile carenza di liquidità nel sistema finanziario andrebbe minimizzato con un investimento permanente della liquidità in eccesso. Pertanto, anche se le banche centrali non cancelleranno (o non possono cancellare) da un giorno all’altro la loro impronta sul mercato, la graduale contrazione dei loro bilanci avrà comunque implicazioni di vasta portata. Se la riduzione dei titoli di Stato americani dovesse proseguire all’attuale ritmo massimo di 60 miliardi di dollari al mese, la sola domanda di Treasury da parte della Fed potrebbe calare quest’anno di circa 700 miliardi di dollari.  Un vuoto che in qualche modo va colmato – cosa che finora è riuscita piuttosto bene. 

Il mercato obbligazionario, infatti, è tornato a offrire rendimenti adeguati. Proprio come in passato. Di recente, ad esempio, i Treasury US a 5 anni hanno generato un rendimento di nuovo superiore al 4% – tasso registrato l’ultima volta nel 2007. Grazie a questa dinamica, il mercato obbligazionario sta riconquistando l’attenzione di operatori che prima preferivano “parcheggiare” il loro denaro in qualche forma di deposito. Negli Stati Uniti, solo nel 2022, i Treasury hanno “richiamato alla base” 750 miliardi di dollari di investimenti dall’estero. Per fare un confronto: nell’ultimo anno solare, il deficit del governo statunitense è ammontato a 1.419 miliardi di dollari.

Finora quindi la disintossicazione dal denaro a basso costo sta procedendo secondo i piani. Con il ritorno di rendimenti adeguati, sul mercato stanno tornando anche numerosi operatori che contribuiscono a colmare il vuoto di domanda lasciato dalle banche centrali. Tuttavia, perché l’impresa abbia davvero successo, bisogna continuare a garantire anche la sostenibilità del debito, non da ultimo quello pubblico. Alla luce di indebitamenti statali da record, è quindi probabile che, per non creare troppo scompiglio, anche in futuro il ritiro della liquidità dal sistema sarà graduale. Perciò, continuando con la metafora medica, anche in tempi di contrazione dei portafogli titoli, una terapia farmacologica più blanda non implica necessariamente una completa disintossicazione.

*Research Analyst Multi Asset e parte del team Multi Asset di Flossbach von Storch

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