Niger, Parigi avvia l'evacuazione. Volo speciale per gli italiani bloccati

La Farnesina si mobilita dopo le crescenti tensioni post golpe.

di Redazione Esteri
Golpe in Niger
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Golpe in Niger, Parigi avvia l'evacuazione. L'Italia mette a disposizione un volo speciale per gli italiani bloccati 

La situazione in Niger si aggrava di ora in ora. La Francia ha cominciato a evacuare i propri cittadini, a dimostrazione che la situazione nel paese sta precipitando molto più rapidamente del previsto e che la saldatura con i regimi di Mali e Burkina Faso, anch’essi frutto di colpi di stato animati da un sentimento anti francese e anti occidentale, è oggi più concreta che mai. I toni in tutto il Sahel si sono alzati e l’ipotesi di un intervento militare in Niger paventato dalla Comunità degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) ha scatenato le ire proprio del Mali e del Burkina Faso. Con un comunicato stampa le due giunte golpiste hanno messo in guardia da qualsiasi intervento militare contro Niamey, che sarebbe considerato una “dichiarazione di guerra”.

Bamako e Ouagadougou avvertono che qualsiasi “intervento militare contro il Niger porterebbe al ritiro del Burkina Faso e del Mali dall’Ecowas, nonché all’adozione di misure di autodifesa a sostegno delle forze armate e del popolo nigerino”. Tradotto: entrerebbero in guerra a fianco di Niamey. I due Paesi hanno anche messo in guardia dalle “conseguenze disastrose di un intervento militare in Niger, che potrebbe destabilizzare l’intera regione, come ha fatto l’intervento unilaterale della Nato in Libia, che ha portato alla diffusione del terrorismo nel Sahel e in Africa occidentale”.

Nel frattempo "il governo italiano ha deciso di offrire ai nostri concittadini presenti a Niamey la possibilità di lasciare la città con un volo speciale per l'Italia. L'Ambasciata a Niamey resterà aperta e operativa, anche per contribuire agli sforzi di mediazione in corso" dopo il golpe nel Paese. Così su Twitter il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

Il Mali e il Burkina Faso, entrambi guidati da governi di transizione, si dicono “indignati e sorpresi dallo squilibrio osservato, da un lato, tra la velocità e l’atteggiamento avventuroso di alcuni politici dell’Africa occidentale che desiderano usare la forza armata per ristabilire l’ordine costituzionale in un Paese sovrano, e, dall’altro, l’inazione, l’indifferenza e la complicità passiva di queste organizzazioni e leader politici nell’aiutare Stati e popoli che sono stati vittime del terrorismo per un decennio e abbandonati al loro destino”. Intanto il capo di stato ciadiano Mahamat Idriss Deby – il Ciad non è membro dell’Ecowas, ma condivide un lungo confine con il Niger – continua la sua opera di mediazione per evitare che la situazione nel paese precipiti. Risultati concreti, tuttavia, per ora non se ne vedono. 

I paesi occidentali e amici del Niger, così come l’Ecowas, hanno sospeso ogni sostegno finanziario al bilancio e alla cooperazione di sicurezza, facendo crescere la pressione sulla giunta militare del Niger, guidata dal generale Abdourahamane Tchiani, affinché ripristini l’ordine costituzionale, riconoscendo come unico capo di Stato il presidente, democraticamente eletto, Mohamed Bazoum. Per i partner occidentali le prospettive sono molto fosche, e aggravate dalle prese di posizione di Bamako e Ouagadougou. Dopo il Mali e il Burkina Faso, dunque, anche il Niger è caduto sotto il controllo di un regime militare che potrebbe sconvolgere la lotta contro i gruppi armati jihadisti nel Sahel e anche il contrasto ai flussi migratori, il Niger ne è il crocevia. Di fronte all'avanzata dei terroristi, le giunte militari hanno preso il sopravvento su democrazie ritenute inefficienti e corrotte da parte delle popolazioni saheliane. 

I militari che hanno, infatti, preso il potere in Niger hanno già annunciato un nuovo orientamento strategico. “L'attuale approccio non ha permesso di mettere in sicurezza il Paese nonostante i pesanti sacrifici compiuti dai nigerini”, ha detto il generale Tchiani. Il Niger e il suo presidente, eletto democraticamente, erano i principali alleati dei paesi occidentali nel Sahel travolto dalla violenza jihadista e da un’ondata di autoritarismo venato di sovranità russofila. 

 Il Mali si è rivolto ai mercenari della Wagner per far fronte ai gruppi jihadisti, provocando la partenza delle truppe francesi nel 2022. Le autorità di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, hanno optato per la mobilitazione di cittadini armati e hanno chiesto il ritiro delle forze speciali francesi nel Paese, non senza l’appoggio della Wagner. Il presidente nigerino, invece, aveva scelto di mantenere sul suo territorio la presenza di soldati francesi, americani e italiani – in tutto più di tremila - temendo di essere coinvolto nel divorzio tra occidente e le giunte saheliane.

Queste giunte “tendono naturalmente ad addossare la responsabilità del deterioramento della sicurezza agli alleati dei regimi che hanno rovesciato. Questi colpi di stato sono sostenuti da una parte della popolazione che ha già mostrato un atteggiamento ostile nei confronti dei francesi o degli occidentali presenti nel Sahel”, spiega Ibrahim Yahaya Ibrahim, ricercatore dell'International Crisis Group. Fin dal suo primo intervento, il generale Tiani ha preferito rivolgersi ai suoi omologhi saheliani, interrogandosi “sul senso e sulla portata di un approccio securitario alla lotta al terrorismo che escluda ogni reale collaborazione con Burkina Faso e Mali” nell'area nota come i tre confini.

A causa delle tensioni diplomatiche, i militari nigerini e francesi non hanno potuto operare liberamente contro le basi dello Stato Islamico dall'altra parte del confine con il Mali, dove vengono pianificati e partono gli attacchi sul territorio nigerino. Questa crisi non potrebbe essere risolta senza la cooperazione con il Mali, secondo il generale Tchiani. Insomma, è facile prevedere che vi sia un “miglioramento” delle relazioni e una maggiore cooperazione tra i paesi vicini con una saldatura con i regimi di Mali e Burkina Faso che avrebbe un impatto destabilizzante, non solo sul Sahel, ma su tutta la regione dell’Africa occidentale. Da qui le minacce di un intervento militare per il ripristino della democrazia in Niger che, allo stato attuale, sembra essere una via estremamente pericolosa

 

 

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