Covid, Conte primo responsabile: nuova tegola sul progetto giallo-rosso

Inchiesta Covid Bergamo/ Alla fine tutti i nodi vengono al pettine: i risultati dell'inchiesta sulla mancata attuazione della zona rossa in Val Seriana

L'opinione di Giuseppe Vatinno
Politica

Inchiesta Covid Bergamo, così si spegne il progetto giallo-rosso del grillino Conte 

Alla fine tutti i nodi vengono al pettine e così l’ex ministro della Sanità Roberto Speranza, l’ex premier Giuseppe Conte, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, l’ex assessore al Welfare Giulio Gallera, il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro, il presidente del Consiglio superiore della Sanità Franco Locatelli, il coordinatore del primo comitato scientifico Agostino Miozzo, l’ex capo della Protezione civile Angelo Borrelli e l’ex direttore scientifico dello Spallanzani Giuseppe Ippolito ed altri sono indagati dalla procura di Bergamo con la grave accusa di epidemia colposa.

La procura di Bergamo stava da tempo conducendo l’inchiesta sulla mancata attuazione della zona rossa in Val Seriana nel 2020 e si aspettavano appunto le conclusioni che finalmente sono giunte. La mancata istituzione della misura contenitiva nel 2020 ha provocato più di 4.000 decessi che potevano essere evitati. Tutti ricordiamo le tragiche immagini di colonne di camion militari che procedevano verso i forni crematori in un clima surreale, da film horror. Tutto si basa su una consulenza di Andrea Crisanti che oggi è un senatore del Pd per cui si sarebbero risparmiati ben 4.140 decessi con una chiusura della val Seriana dal 27 febbraio e 2.659 se si fosse chiusa il 3 marzo. Si è perso del tempo prezioso non comprendendo il rischio che si stava correndo.

Conte affermò invece che la zona rossa doveva essere usata con la massima cautela. Speranza firmò il decreto per chiudere la Val Seriana solo il 5 marzo ma il premier Conte non volle controfirmarlo. Il 6 marzo era tutto pronto con polizia e carabinieri per chiudere Val Seriana (come fatto nel Lodigiano) ma non se ne fece niente. Nel mirino della procura di Bergamo, oltre la mancata zona rossa, c’è però pure il mancato aggiornamento e applicazione del piano antipandemico del 2006.

Questi sono i fatti a cui si devono aggiungere, inevitabilmente, delle conclusioni politiche. Intanto, come al solito, l’Italia è stata nel 2020, ancora una volta, in testa ad un primato: la prima nazione del mondo occidentale ad essere stata contagiata dal virus del Covid. Un primato indubbiamente poco auspicabile che siamo comunque riusciti a cogliere per primi. Il fatto che l’Italia sia un Paese in pieno declino da decine di anni è un dato incontrovertibile su basi statistiche, a cominciare dal PIL.

Ma anche questa volta siamo riusciti ad arrivare primi nel peggio. I motivi non sono ancora noti con precisione, forse il traffico d’affari con la Cina, forse la sfiga ma sta di fatto che è così. Dietro al dramma nazionale c’è però un altro problema più specifico -ma le cui cause invece sono perfettamente note- ed è proprio quello su cui ha indagato la Procura di Bergamo e cioè il “pasticcio Lombardo”. E qui svetta la figura del premier e cioè Giuseppe Conte che avrebbe sempre frenato per instaurare quella zona rossa che avrebbe salvato più di 4.000 vite umane e per questo è il principale imputato per il processo che si va a celebrare. Inoltre, a suo tempo, fu anche contestata sui Social la gestione della comunicazione istituzionale da parte dell’ex Grande Fratello Rocco Casalino sul decreto “chiudi Lombardia” per una presunta fuga di notizie che scatenò il panico in Lombardia.

L’altro grande imputato è l’ex ministro Speranza che non solo non si è imposto come doveva su Conte ma che neppure aveva aggiornato il piano pandemico influenzale come del resto aveva meritoriamente portato alla ribalta Sigfrido Ranucci con la sua trasmissione Report e per cui si beccò un sacco di critiche e minacce. Perché in Italia funziona così: ce la si prende sempre con chi inguaia i responsabili e non viceversa.

Per quanto riguarda Speranza c’è poi da chiarire bene un altro fatto, e cioè il suo rapporto con il Direttore generale dell’OMS, il chiacchieratissimo e incompetente (si ricordi –ad esempio- l’iniziale attacco all’uso delle mascherine) Tedros Adhanom Ghebreyesus. C’è addirittura una intercettazione in cui si parla dell’OMS come “una consapevole fogli di fico” per le decisioni governative italiane.

Resta comunque il disastro del governo giallo – rosso che si è trovato a gestire il Covid a livello nazionale e parimenti della disastrosa gestione Lombarda governata dal centro – destra, anche se le responsabilità appaiono minori. Ora Giuseppe Conte deve rispondere di quello che è successo ed è la prima tegola che casca in testa al redivivo progetto allargato di alleanza tra Il Pd e i Cinque Stelle, cioè una riedizione di quel governo giallo - rosso che ha fatto il disastro del Covid.

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