Kiev: il caso della Costituzione ucraina che non riconosce la minoranza russa

Varata frettolosamente, la Costituzione ucraina non accetta chi parla russo. Eppure non ne parla nessuno, da Mattarella ai filo-Biden

l'opinione di Paolo Diodati
Politica
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Guerra Russia Ucraina, il caso della Costituzione e il documento ha portato al conflitto. Il punto 

In due giorni (venerdì 3/6 e oggi, sabato 4/6) due notizie destinate a modificare diverse posizioni preconcette e dettate dal buon senso della massaia pro-Zelensky: è stato aggredito, deve difendersi e noi dobbiamo aiutarlo, come sembrava dire Biden, fino all'ultimo ucraino o fino all'ultima arma disponibile.

La prima, è dovuta a un articolo di Franco Battaglia (La Verità): la Costituzione ucraina non riconosce l'esistenza della minoranza russa, che parla russo. E, giustamente, Battaglia scrive: "Non ci potrà essere alcuna pace se Kiev non accetta chi parla russo".

Ho subito controllato e aggiungo dei dati. Per convincersi della rozzezza e grossolanità della Costituzione ucraina, oltre che dall'eccesso di frettolosità con cui è stata varata, basta ricordare che "è stata approvata il 28 giugno 1996 con 315 voti favorevoli su 450 (il minimo richiesto era 300)".

Argomento mai toccato nella miriade di articoli sulla guerra Russia-Nato: la Costituzione ucraina fu approvata col 66,67 % dei voti, cioè con circa un terzo di contrari. Perché non si cercarono compromessi? Perché fu scelta una percentuale così bassa per far passare la Costituzione che doveva essere di tutti? Passò per soli 15 voti. Guarda caso, gli ucraini che si considerano russi e che parlano russo, sono circa il 30%. Le percentuali furono scelte, quindi, per accontentare non tutti gli ucraini, ma solo quelli filo-Nato.  Una nazione nata così era destinata ad avere grane: o perenne clima da guerra civile o... tirannide o, come sta accadendo, entrambe!

Mattarella, garante della nostra Costituzione, dovrebbe essere particolarmente sensibile a questa stridente differenza: la nostra Costituzione fu approvata a votazione segreta, con l'88% di voti favorevoli. Ed eravamo dilaniati da una ferocissima guerra civile durata due anni. Invece, l'unica banalità fuori dalla realtà che riesce a dire è che la Russia se ne deve tornare, coda tra le gambe, a casa, proprio ora che addirittura in qualche parte, viene accolta festosamente come liberatrice!  

La seconda notizia è il titolo in prima pagina de La Verità "Il documento che ha portato alla guerra". Un documento a dir poco clamoroso che, rinnegando gli accordi di Minsk, con l'appoggio degli Usa, apriva alla guerra per la riconquista armata della Crimea. Sarà interessante vedere come riaggiusteranno il tiro tutti i gran semplificatori. Quelli della tiritera "C'è un aggressore e un aggredito, punto!". La Storia sta focalizzando la responsabilità dell'amministrazione del sonnambulo Biden, della propaganda e dell'improvvisato duro Zelensky, impaurito dagli estremisti anti-russi del battaglione Azov.

Avrà capito Mattarella, il riconfermato a furor di parlamentari e popolo? Quello accolto da ovazioni di ammiratori plaudenti in piedi? Quello che ha preso una cantonata dietro l'altra (pandemia, guerra) e ha messo una pezza sbagliata (Conte) dietro l'altra (Draghi) sui buchi che si aprivano?

Nun te reggae più, Mattarella no-pax: possibile che da Crozza in giù, nessuno si sfoghi col capolavoro di Rino Gaetano che chissà cosa direbbe in questi tempi scandalosi in cui tocca sentire il garante a modo suo della Costituzione dire a getto continuo delle banalità terrificanti e pure in contrasto con le azioni del governo e che condivide. Che effetto può fare a una persona normale sentire "La Russia si ritiri dai territori occupati" e poi giustificare, da esponente di rilievo dei no-pax, sia l'invio di armi che il cafonesco guerrafondaio non invito degli ambasciatori russo e bielorusso, con queste miserevoli parole: "Me l'ha chiesto l'Ue...".

Una spiegazione davvero penosa, che ci fa provare vergogna. Meno male che il livello dei professionisti della politica russa è ben superiore a quello dei nostri principianti.  Ben più alto, a cominciare da Putin, che ha imparato il mestiere in 22 anni di esercizio. Grande l'intervento di Razov, ambasciatore russo a Roma, come risposta alle amenità pietose dette sul viaggio a Mosca da Salvini. Derisioni, esagerazioni ridicole, dette in continuazione da tutti quelli che non riescono a tener la bocca chiusa!

Per Enrico Letta si correva il rischio di una crisi di governo! Giorgia: "Parliamo di cose serie..." Parliamo magari di Giorgia e del suo feeling con Letta! Draghi "Salvini e la Russia? Siamo allineati coi G7, non ci facciamo spostare da queste cose". E... miracolo! Se Salvini facesse fare un passo avanti verso la pace?  Draghi non si farebbe spostare... per dispetto! Saviano "Salvini è la bicicletta di Mosca. Lavora per mostrare che l'occidente non è compatto". 

E Paolo Mieli? Quello che recentemente ha scritto "Giorgio La Pira e la pace"? Perché, almeno lui non ha sprecato una sola parola (o sbaglio?) per ridimensionare l'importanza della volontà di Salvini? Perché non ha dato una delle sue lezioni per dire "Ma dove sono tutti questi pericoli di destabilizzazione, di mettere in crisi il fronte, che per La Pira, nessuno vedeva? Un tentativo velleitario? Ma quando mai un buco nell'acqua è stato pericoloso?" E, in tutta questa bagarre di ciacolio, ecco l'intervento di Razov, politico serio di professione: Salvini l'invito a Mosca, io!" Grande lezione ai pettegoli esagerati. 

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