Meloni non fa rimpiangere Craxi: buoni i primi 6 mesi di politica estera

Meloni si è dedicata alla politica estera facendo molto parlare di lei e guadagnando le copertine di settimanali prestigiosi

Di Giuseppe Vatinno
Giorgia Meloni
Politica

Giorgia Meloni si porta a casa un bel bottino per i suoi primi sei mesi di politica estera. L'analisi

Quello che si è notato in questi primi sei mesi di governo è il focus del governo sulla politica estera. Si tratta di un elemento oggettivo che salta subito agli occhi. Appena è stato possibile Giorgia Meloni si è dedicata –sarebbe il caso di dire- quasi esclusivamente alla politica estera facendo molto parlare di lei e guadagnando le copertine di settimanali prestigiosi.

Il premier fa questo sostanzialmente per due motivi. Il primo è che deve far dimenticare il suo passato “fascista” ed accreditarsi a livello europeo prima e mondiale poi. Cosa che ha indubbiamente fatto, dopo i primi attriti con Macron e la von der Leyen. Poi è stata la volta del Presidente Usa Joe Biden ed infine di Papa Francesco.

Così si è messa al sicuro dalle critiche della Francia, della Ue e del Vaticano, soprattutto per la questione dei migranti. Infatti alla Meloni Papa Francesco aveva da sempre destato qualche sospetto dottrinale, come dice anche nella sua biografia. Da cattolica praticante lo rispettava ma non lo capiva. Il suo riferimento era Papa Woytila e soprattutto il più recente Papa Benedetto XVI ma poi è riuscita a trovare una sponda anche con Francesco e lo ha fatto sapientemente sfruttando l’innato peronismo del Papa argentino che le sta dando una grossa mano con l’Europa.

Anche con Macron ha raggiunto un equilibrio mentre con la von der Leyen c’è dialogo costruttivo. Il collante di tutto questo è stato però cucinato, cotto e alchenicamente trattato da un paio di anni quando la Meloni capì che poteva vincere tutto ma doveva però abbandonare le “amicizie pericolose” e cioè il Gruppo sovranista di Visegrad e soprattutto l’amicizia intensissima con il leader ungherese Viktor Orban.

Ha capito che l’unica scelta vincente sarebbe stata quella atlantica e si è comportata di conseguenza, facendo divenire l’Italia l’alleata più stretta dell’Ucraina. Per fare questo deve però tenere continuamente a bada i suoi alleati di centrodestra e cioè la Lega di Matteo Salvini e Forza Italia di Silvio Berlusconi. Questo è in effetti il punto più critico perché si presta alle frequenti uscite di Berlusconi e –in parte di Salvini- che hanno ed avevano (?) un rapporto addirittura di amicizia con Putin. E questo pure è un piccolo miracolo di equilibrio sia esterno che interno.

Il secondo motivo è invece più puro e riguarda la concezione che ha la Meloni e la Destra dell’Italia come nazione e Patria. Una visione in cui l’Italia viene prima di tutto. E c’è da dire che all’Estero questa nuova sensibilità si comincia a percepire concretamente. L’Italia non è solo un alleato affidabile per la Nato ma è anche un alleato che –quando necessario- sa far valere le sue ragioni.

L’Italia erano decenni che non aveva una vera politica estera degna di questo nome. Possiamo fare risalire la cosa ai tempi di Bettino Craxi e Giulio Andreotti, che dovettero assumere una posizione pro palestinese per tenere fuori l’Italia dagli attentati. Da allora però c’era stato solo il solito pellegrinaggio a Bruxelles con il cappello in mano per ottenere qualcosa.

Renzi si era sottoposto di buon grado alla tutela Usa e Ue, Conte aveva ottenuto il PNRR ma a costo di cessione di parte della sovranità mentre Mario Draghi era invece proprio un uomo di Bruxelles a Roma e non viceversa. Dunque vedremo come andranno le cose in futuro ma resta comunque un bel bottino di questi primi sei mesi.

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