Meloni al Colle, presidente della Repubblica eletta dei cittadini. Esclusivo

Pronta la riforma riforma semi-presidenzialista, in Parlamento a gennaio. Avanti con l'autonomia differenziata

Di Alberto Maggi
Politica

Semi-presidenzialismo all'"italiana". Ecco il progetto


Fantapolitica? Mica tanto. Lo scenario è intrigante e, dietro le quinte, se ne discute da qualche settimana. Ma facciamo ordine. Il dibattito sull'autonomia differenziata presentata dal ministro Roberto Calderoli, con tutti i distinguo che non arrivano solo dai Governatori di Centrosinistra ma anche da alcuni presidenti di Regione di Centrodestra del Sud, è strettamente legato alla riforma in senso presidenziale dello Stato. E infatti, secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, subito dopo le feste di Natale, a gennaio, quando la Legge di Bilancio sarà ormai approvata e archiviata, arriverà in Parlamento il ddl di modifica della Costituzione, sul quale il Terzo Polo Calenda-Renzi ha già detto di essere disposto a dialogare con la maggioranza.

Il modello "italiano" di semi-presidenzialismo - come lo definiscono fonti di FdI - assomiglierà moltissimo a quello francese. Ironia della sorte, proprio a quello del nemico numero uno di Giorgia Meloni, ovvero Emmanuel Macron. Elezioni quindi del Capo dello Stato e non del premier, che comunque verrà indicato direttamente dagli elettori nel momento delle elezioni politiche per il rinnovo delle Camere, che avrà più poteri rispetto a quelli attuali del presidente della Repubblica ma non al pari dell'inquilino della Casa Bianca (presidenzialismo puro). In assenza di intoppi e/o liti nel Centrodestra, e quindi se tutto andrà come previsto, l'iter per il cambiamento della Carta durerà circa un anno e mezzo in caso di maggioranza qualificata o circa due anni laddove ci fosse il referendum confermativo, che sicuramente Pd e M5S chiederanno essendo contrari alla riforma.



In sostanza, il semi-presidenzialismo all'italiana, cugino di quello francese, dovrebbe entrare in vigore tra la metà del 2024 e l'inizio del 2025, quando - come spiegano fonti di Centrodestra -, come aveva detto Silvio Berlusconi mesi fa scatenando una bufera politica, ci saranno le inevitabili e scontate dimissioni di Sergio Mattarella, essendo cambiata la modalità di elezione del Presidente. A quel punto in Fratelli d'Italia danno per certa la candidatura a Capo dello Stato da parte della premier Meloni, che diventerebbe - sondaggi attuali alla mano - la prima donna italiana presidente della Repubblica eletta direttamente dai cittadini. Contestualmente, ci sarebbero anche le elezioni politiche per il Parlamento e sarà Meloni stessa a indicherà il candidato premier.

LA RIFORMA SEMI-PRESIDENZIALISTA DELLA MAGGIORANZA DI CENTRODESTRA - "Elezione diretta del presidente della Repubblica". Ma nella proposta di legge di riforma costituzionale depositata da FdI alla Camera e al Senato c'è molto di più. Un sistema molto diverso dal sistema parlamentare che ha segnato la storia della Repubblica italiana dalla sua nascita. Per l'esattezza, una forma di "semipresidenzialismo" più vicino al modello francese che a quello americano, dal momento che conserva una figura di primo ministro e un governo sottoposto a fiducia delle Camere. L'obiettivo dichiarato è garantire maggiore stabilità istituzionale e una "democrazia decidente". Ma, mettono in guardia diversi costituzionalisti, potrebbe avere un effetto molto diverso, destabilizzante.



Oggi il presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune, integrato dai rappresentanti degli enti locali. FdI propone l'elezione diretta del capo dello Stato, con la possibilità di candidarsi a partire dai 40 anni di età (oggi gli anni sono 50) e svolgere un mandato di cinque anni (oggi sono sette) con possibilità di essere rieletti una volta sola. Una legge poi dovrebbe essere introdotta per "evitare conflitti tra gli interessi privati di chi ricopre l'ufficio di presidente della Repubblica e gli interessi pubblici". Secondo la proposta del governo sarebbe il presidente del Senato a indire l'elezione e le candidature potrebbero essere presentate da un gruppo parlamentare, da duecentomila elettori o da gruppi di parlamentari, europarlamentari, consiglieri regionali.

Una legge dovrebbe regolare finanziamenti della campagna elettorale e la par condicio tv. Sarebbe eletto chi ottiene il 50% + 1 dei voti validi, al primo turno o al ballottaggio tra i due più votati al primo turno. Nel sistema istituzionale attuale il presidente della Repubblica, che è il capo dello Stato, è la massima figura di garanzia. Nel disegno del Centrodestra continuerebbe a "rappresentare l'unità della Nazione" e ne garantirebbe "l'indipendenza", vigilerebbe sul rispetto della Costituzione. Ma il suo ruolo non sarebbe più separato da quello del governo, anche se continuerebbe ad avere il potere di sciogliere le Camere. Non presiederebbe più il Consiglio superiore della magistratura, che sarebbe guidata dal primo presidente della Corte di Cassazione. Avrebbe il comando delle forze armate, come adesso. In più rappresenterebbe l'Italia "in sede internazionale ed europea", ad esempio ai vertici europei, al G7 o al G20 o vertici Nato.

Nel sistema proposto dalla maggioranza il presidente del Consiglio sarebbe una figura molto ridimensionata rispetto al capo dello Stato. "Il presidente della Repubblica - si legge nella proposta di legge costituzionale - dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri, con il concorso del primo ministro". Dunque ci sarebbe un "primo ministro" ma sarebbe il capo dello Stato a presiedere il Consiglio dei ministri, a nominare il primo ministro e poter nominare e revocare i ministri. Ultima novità sarebbe l'istituto della cosiddetta sfiducia costruttiva. Cosa prevede? Che ciascuna Camera possa votare la sfiducia al governo, a maggioranza assoluta, ma solo indicando la persona alla quale il presidente della Repubblica debba conferire l'incarico di primo ministro al posto di quello sfiduciato. Nessuna sfiducia è possibile invece al capo dello Stato, che è eletto dai cittadini.

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