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L'avvocato del cuore
Assolto dalla Corte il ragazzo condannato per stupro. La sentenza fa discutere

Una delle sentenze della Corte in tema di stupro più discusse chiama ancora l'attenzione dei lettori

“Gentile Avvocato, ho letto recentemente che la Corte d’Appello di Torino ha assolto un ragazzo condannato in primo grado per stupro perché secondo i Giudici, la ragazza, lasciando la porta del bagno socchiusa, lo aveva “invitato a osare”. Lei cosa ne pensa di questo epilogo?”

Gentile Signora, la sentenza della Corte d’Appello di Torino ha fatto molto discutere, specie per le motivazioni che sono alla base dell’assoluzione del reo, già condannato in primo grado per violenza sessuale. Secondo i giudici la ragazza, con i suoi comportamenti, lo avrebbe “invitato a osare”. Iniziamo da come si sono svolti i fatti. La storia sulla quale i giudici si sono pronunciati risale all’estate del 2019. I protagonisti sono due ventenni, amici già da qualche anno; lui aveva esternato alla ragazza i suoi sentimenti e la giovane, altrettanto chiaramente, aveva espresso l’intenzione di non voler instaurare una relazione con lui. La denuncia della ragazza arriva in seguito a una serata in un locale e la presunta violenza avviene all’interno del bagno, dove lui avrebbe usato violenza strappandole la cerniera dei jeans e abusando di lei. In primo grado il Tribunale ha accolto la ricostruzione della ragazza, condannando l’imputato a due anni e due mesi di reclusione. Ma ecco il colpo di scena. La Corte d’Appello di Torino ribalta completamente la sentenza e assolve il ragazzo dall’accusa di violenza sessuale, motivando la sentenza in questi termini “L’unico dato indicativo del presunto abuso potrebbe essere considerato la cerniera dei pantaloni rotta, ma l’uomo non ha negato di aver aperto i pantaloni della giovane, ragione per cui nulla può escludere che sull’esaltazione del momento la cerniera, di modesta qualità, si sia deteriorata sotto forzatura”. In altre parole, secondo i giudici una cerniera rotta non è la prova di una violenza ma solo che il jeans era di pessima qualità. E ancora, “al momento dei fatti la ragazza era alterata per un uso smodato di alcol» ed «è quindi altamente probabile che non fosse pienamente in sé quando richiese di accedere al bagno, provocò l’avvicinamento del giovane che invero la stava attendendo dietro la porta, custodendo la sua borsetta: non solo, ma si trattenne in bagno, senza chiudere la porta, così da fare insorgere nell’uomo l’idea che questa fosse l’occasione propizia che la giovane gli stesse offrendo. Occasione che non si fece sfuggire”. Leggendo queste parole, mi sono chiesta: come si fa a essere consenziente se non si è pienamente in sé? Il consenso non implica la capacità di poter capire cosa sta accadendo? E poi, non chiudere la porta a chiave davanti a un uomo costituisce un invito sessuale? Questa sentenza, oltre a gridare ingiustizia è pericolosissima perché crea un precedente - giurisprudenziale - e avalla l’idea che la donna “se la sia cercata”. Per fare sesso ci vuole il consenso espresso liberamente e in maniera chiara da entrambi i soggetti che andranno a compierlo, in tutti gli altri casi si tratta di violenza.

 

Avv. Francesca Albi

Studio Legale Bernardini de Pace

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