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L'avvocato del cuore
Diritto all’oblio supera quello di cronaca: ma in alcuni casi viene compresso

Il diritto di raccontare i fatti reali del mondo che ci circonda per mezzo della stampa (e oggi per mezzo degli strumenti di comunicazione globale), trova il suo fondamento nella nostra Costituzione che tutela la libertà di espressione, nonchè in trattati, convenzioni internazionali e regolamenti europei.

La stampa ha infatti un ruolo fondamentale in una società democratica e ha il compito di divulgare notizie e opinioni con riferimento a tutte le questioni di pubblico interesse.

I giornalisti, però, sono soggetti a doveri e responsabilità e devono agire in buona fede per fornire informazioni accurate e affidabili nel rispetto dei diritti inviolabili della persona.

Il diritto di cronaca, in particolare, non deve ledere l’onore e la reputazione di un soggetto e deve essere bilanciato, altresì, con il diritto alla riservatezza e con il diritto all’oblio, ossia il diritto che determinate vicende personali siano pubblicamente dimenticate.

Possiamo oggi affermare che un individuo ha diritto a che l’opinione pubblica smetta di collegarlo a vicende trascorse da tempo, se hanno perso utilità sociale o se è venuto meno l’interesse a ricordarle e ha altresì diritto a pretendere che il ricordo di sé non rimanga cristallizzato nel passato ma anzi si adegui a circostanze nel frattempo intervenute.

Il diritto all’oblio può essere sacrificato a vantaggio del diritto di cronaca solo quando sussista un interesse effettivo e attuale a ripercorrere quelle vicende passate che vogliono essere dimenticate.

La Corte di Cassazione si è recentemente e nuovamente pronunciata sul punto, stabilendo le condizioni in presenza delle quali il diritto fondamentale all’oblio può subire una compressione a favore del diritto di cronaca.

Tali condizioni sono: 1) il contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico; 2) l’interesse effettivo e attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia (per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui ovvero per scopi scientifici e culturali); 3) l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato per la peculiare posizione nella vita pubblica; 4) le modalità impiegate per ottenere o nel dare l’informazione che deve essere veritiera, diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo nell’interesse del pubblico e priva di insinuazioni o considerazioni personali, così da evidenziare un esclusivo interesse alla nuova diffusione;  5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell’immagine a distanza di tempo in modo da consentire all’interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al pubblico.

In assenza delle condizioni scriminanti e quindi in caso di violazione del diritto all’oblio, la giurisprudenza ammette da tempo la risarcibilità di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, eventualmente prodotti dalla condotta lesiva.

Si tratta, sostanzialmente, del risarcimento del danno da fatto illecito tale per cui colui che subisce la violazione della sfera del proprio riserbo ha diritto a veder risarcito, oltre al danno patrimoniale, anche il danno non patrimoniale che sarà principalmente quantificato in via equitativa, sopratutto in considerazione dell’ambito di diffusione della notizia.

Purtroppo, l’esistenza della “rete” rende spesso difficile impedire la violazione del diritto all’oblio, rendendo la forma risarcitoria l’unica strada percorribile, sebbene esista la possibilità di ottenere una tutela d’urgenza volta alla rimozione immediata della pubblicazione che viola il diritto.

Avv. Andrea Gazzotti - Studio Legale Bernardini de Pace

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