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Il buono, il brutto e il cattivo
Coronavirus e case di riposo (eterno)

Diranno che ci sono eccellenze e che la Lombardia, bla bla, che siamo i primi al mondo e che gli anziani sono al primo posto nel welfare, ma la realtà è ben diversa e il Covid-19 è stato solo il detonatore che ha fatto esplodere una carica esistente da troppo tempo ma sapientemente nascosta

Le cosiddette RSA (Residenze socio-assistenziali) sono diventate nel corso degli ultimi anni un boccone goloso per Fondi, Gruppi finanziari misteriosi, e soprattutto società di gestione troppo spesso improvvisate.

Ora dopo aver contato i morti, cominceranno tardivamente le inchieste, le accuse politiche reciproche e le aggressioni trasversali scomposte

Certo migliaia di decessi fanno impressione e in un tempo cosi ristretto ed è per questo che bisogna fare chiarezza e non soltanto giudiziaria, ma chiedersi perché vecchi immobili, palazzi abbandonati e di scarso valore sono diventati nel tempo case di riposo convenzionate e ben remunerate.

Che la popolazione italiana, longeva statisticamente rappresentasse occasione di guadagno all’interno dell’immenso forziere della sanità regionale, era chiaro a tutti, ma pochi ne hanno parlato,anche perché l’argomento “ospizio”perché di questo si tratta,scivola facilmente nella retorica del “nonnino”.

Qualche centinaio di migliaio di ospiti distribuiti in settemila strutture di cui sicuramente una buona percentuale potrebbero svolgere qualsiasi funzione tranne quelle per cui sono state convenzionate improvvidamente e da quasi tutte le regioni del Bel Paese.

Spazi inadeguati, servizi carenti e gestioni improvvisate hanno creato la bomba sociale e se mi permettete culturale pronta ad esplodere alla prima occasione,il risultato credo abbia lasciato sgomenti anche quanti continuano a difendere politicamente le posizioni per un verso o per l’altro.

In effetti il “Paese che resiste”, è abituato a fare di necessità virtù,e in ogni ramo del welfare ci siamo arrangiati,come primi della classe nell’arte del recupero,e del “mettiamoci una pezza sopra”,maestri irraggiungibili da secoli.

Questo status di perenne emergenza, di approssimazione e precariato funzionale ci appartiene geneticamente, e solo l’eroismo dei tanti invisibili operatori, ha evitato un’ecatombe peggiore, ma non basta.

Credo sia necessario costruire un tracciato nuovo nella programmazione dei sistemi sanitari nazionali, e soprattutto locali, in tutte le declinazioni, con una serie di “progetti flessibili” (esattamente l’inverso di quelli esistenti) che consentano di affrontare disastri prevedibili o imprevedibili.

Poli-ambulatori, ospedali di piccole e medie dimensioni, strutture più ancorate al territorio, RSA progettate per essere altro dal parcheggio stanco verso l’estinzione.

Diranno tutti che i soldi mancano, e poi mettere d’accordo venti “star regionali” non è facile, ma possiamo tentarci, perché il fallimento di insospettabili aree del paese, e la tenuta di altri, dovrebbe farci riflettere, senza la lacrimuccia ipocrita davanti ai camion militare che trasportano “il lavoro sporco”, altrove.

Che spessore etico può avere un paese che non si cura dei più deboli, incapace di aiutare nella normalità ma grande nella tragedia, sempre in cerca di eroi da santificare e di responsabilità da addossare all’avversario politico del momento.

Possiamo augurarci che qualcuno finalmente si assuma una responsabilità? C’è ancora qualcuno dalla parte del Palazzo che sia finalmente in grado di urlare un liberatorio:ho sbagliato, è colpa mia, ma ora ho voglia di impegnarmi per risolvere davvero il problema, perché la morte di troppi innocenti non è di destra o di sinistra.

E questo vale anche se sono morti “solo”vecchi.

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