Il bonus culturale ai 18enni? Piuttosto che niente, meglio piuttosto
Preoccupato delle conseguenze deprimenti e recessive degli attacchi terroristici, Matteo Renzi investe in sicurezza ma pesca anche dalle dissestate casse dello Stato 300 milioni e li destina, in forma di card, a tutti i giovani 18 enni, 500 euro a testa, perchè li spendano in cultura. Apriti cielo: demagogia elettorale, misura sperequativa, non è così che si governa... e chi più ne ha più ne metta da parte di quegli esponenti snob dell'intellighenzia sinistrorsa per i quali il problema è sempre "ben altro".
E invece noi di Affaritaliani.it che col Premier non siamo mai stati teneri e proni (un anno fa lanciai da Unomattina il fortunato hastag #Renzicomeunacyclette, alludendo agli scarsi risultati del governo nonostante il grande sforzo collettivo), stavolta plaudiamo al premier, che in questo caso conferma la sua riconosciuta capacità di stare sul pezzo e di avere orecchio, come suggeriva Enzo Jannacci e, da bravo erede di Silvio Berlusconi, feeling ed empatia con la pubblica opinione.
I giovani, spendendo quei denari,al proprio diletto personale aggiungeranno la produzione a valle di un effetto positivo di sistema: daranno cioè ossigeno prezioso a teatri, librerie,case editrici, musei, ossia a quell'industria culturale in grande sofferenza a causa di una crisi economica pluriennale che ha prodotto tra le sue conseguenze più nefaste proprio il taglio nei bilanci familiari delle spese in consumi culturali.
E immetterà nel sistema denaro circolante che da sempre è la vera risposta alla crisi. Non ci hanno spiegato gli economisti che per combattere la recessione dobbiamo mettere quattrini nelle tasche dei cittadini prosciugate dalla crisi finanziaria globale, dal credit crunch, dalla paura e incertezza del futuro? Bene Renzi,dunque: è solo una goccia nel mare di anni di recessione.Ma lubrificanti e da' un piccolo segnale e uno stimolo positivo e antidepressivo che in questo momento aiuta. Come insegna la saggezza orientale, goccia dopo goccia... piuttosto che niente, dicono a Milano, meglio piuttosto.