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Cronache dal mercato dell'arte
Autentiche Ottone Rosai, non c'è guerra tra Cavallo e Faccenda

Tutto risale a qualche mese fa, quando una nota auction house toscana aveva inserito in una battuta d'asta un'opera di Ottone Rosai, corredata da un certificato di autenticità del professor Luigi Cavallo, da decenni certificatore di riferimento del maestro fiorentino. L'opera, all'improvviso era stata ritirata e nel mercato si era diffusa la voce che a richiederlo era stato il professor Giovanni Faccenda, anche lui esperto di Rosai e noto al pubblico delle cosiddette televendite come uno dei volti di Orler tv.
Qualcuno aveva creduto che Faccenda, che tre anni fa aveva ricevuto mandato per la catalogazione e l'archiviazione delle opere di Rosai dagli eredi dell'artista e di sua moglie, Francesca Fei, mettesse in dubbio il lavoro di Cavallo e pretendesse di verificare i lavori messi all'asta, minacciando in caso contrario di chiederne il sequestro. 
Non sarebbe stata la prima volta che a un autenticatore di riferimento ne subentrasse un altro, che non necessariamente riconosceva automaticamente valide le expertise del suo predecessore. Con grande scorno dei collezionisti che, dopo aver pagato per ottenere un certificato (il professor Cavallo, ad esempio, richiede mediamente 500 euro per un suo parere su un'opera di Rosai), si trovavano a dover rifare la trafila, con il patema d'animo che il nuovo esperto non riconoscesse l'autenticità e, in ogni caso, con l'obbligo di sottoporsi a una nuova gabella. 
Insomma, si sarebbe trattato di uno di quegli episodi, purtroppo non rari, che, minando la certezza dell'originalità di un dipinto, fanno disamorare i collezionisti.
Invece, almeno in questo caso, le cose non stanno così, come ha avuto modo di appurare Affaritaliani. 
«Nel 1968 ho avuto mandato da Francesca Fei e da Bruno Rosai, nipote del maestro, di curare l'archivio», ricorda Luigi Cavallo, «nel caso dell'opera tolta dalla battuta d'asta, l'autentica era falsa, la mia firma era stata contraffatta. Quindi è stato giusto che il lavoro venisse ritirato». Versione sostanzialmente confermata da Faccenda, che afferma: «La mia missione è ripulire il mercato da opere non originali, verificandone eventualmente anche la documentazione. Se l'autentica fosse stata stilata realmente dal professor Cavallo, non avrei avuto niente da eccepire». 
I maligni che parlano di una guerra per le autentiche tra i due esperti dunque si sbaglierebbero. Intervistati da Affaritaliani, Cavallo e Faccenda si scambiano attestati di stima e di affetto personale. Entrambi amano ricordare come, solo pochi mesi fa, hanno curato insieme una mostra di un altro grande del Novecento, Ardengo Soffici. E il mercato, se da un lato tradizionalmente tende a riconoscere l'autorevolezza del professor Cavallo, per il suo lavoro cinquantennale, dall'altro stima pure Faccenda, anche lui da anni attento studioso dell'opera di Rosai, di cui sta curando la pubblicazione di cinque cataloghi, (Editoriale Giorgio Mondadori). Il primo dovrebbe essere pronto per il prossimo dicembre.
Ma cosa devono fare i collezionisti? L'Auction house Art-Rite, ligia alla sua connotazione di casa particolarmente scrupolosa e rigorosa, nella seduta del 7 aprile scorso, ha presentato “Omini al caffè”, un olio di Rosai del 1956, provvisto della doppia autentica.
In realtà non ce n'è bisogno. «Tutti coloro che hanno la certificazione di Cavallo possono stare tranquilli», conferma Faccenda, «una nostra ulteriore conferma non è necessaria, a condizione, ovviamente, che l'autentica sia stata rilasciata realmente dal professore e non sia un documento falso».
Chi possiede un'autentica rilasciata da Cavallo, dunque, come ci ha confermato Faccenda non ha necessità di richiedere un'ulteriore conferma e può mettere in vendita l'opera. Se poi, per valorizzarla ulteriormente, ambisce che  venga inserita nel catalogo, deve rivolgersi al professor Faccenda. Ma si tratta di una libera scelta e non di una imposizione.

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