Cronache dal mercato dell'arte
Ciao Radomir, Maestro della contemporary art slava
Addio al Maestro jugoslavo

Radomir Damnjan, seduto, all’inaugurazione della sua personale a Spazio Roseto. In piedi, da sinistra: Vincenzo Saluzzo, Federico Bianchi e Milo Goj
Ciao Radomir, Maestro della contemporary art slava
L’avevo visto per l’ultima volta quasi due anni fa, all’inaugurazione di quella che sarebbe stata la sua personale d’addio in Italia. Presso lo Spazio Roseto di corso Garibaldi 95, a Milano, Radomir Damnjan era stato protagonista della mostra antologica “Dalla pittura alla pittura n.1”, curata da Federico Bianchi.
E lo stesso Bianchi qualche giorno fa mi ha dato la triste notizia della scomparsa del Maestro jugoslavo (come lui stesso continuava a definirsi), avvenuta nella notte tra il 9 e il 10 luglio. Nato nel 1936 (alcune fonti riportano però 1935) a Mostar, città della Bosnia Erzegovina, che all’epoca faceva parte del Regno di Jugoslavia, Damnjan ha influenzato attraverso il suo lavoro attuale, eclettico e sociale intere generazioni di artisti.
Il suo percorso pittorico e concettuale accompagna infatti la storia dell’arte mondiale per oltre mezzo secolo con intuizioni e produzioni iconiche applaudite dalla critica e dal mercato.
Alla fine degli anni ’50 propone già una sua personalissima visione della pittura intrisa di essenzialità, con la serie delle “Spiagge” da cui deriva nel decennio successivo il suo minimalismo analiticamente rigoroso. Sono gli anni di Documenta Kassel, delle Biennali di Venezia, del primo premio alla Biennale di San Paolo, del suo soggiorno newyorchese, anni nei quali il suo lavoro si relaziona e si influenza reciprocamente con le tendenze artistiche più innovative.
Negli anni ’70 nascono le disinformazioni dove il rigore è dato dal binomio messaggio scritto–colore monocromo che spiazza a livello celebrale lo spettatore. Temi attualissimi che si riversano anche nelle sue performance.
Negli anni ’80 si ritorna alla pittura su tela vera e propria: nascono le macule in un progressivo riempimento coloristico dello spazio-tela che è “esercizio di pittura”. Fino ad arrivare alle ultime forme minimaliste che si manifestano con una sorte di tricotomia forma-pittura-spazio.