Crisi di Governo/ Più "sostenibile" la politica di Conte o quella di Renzi?
Potere è sapere, in politica come nel mondo del lavoro
Che cosa rimane di questa prima giornata della crisi del Governo Conte II, con l’intervento del presidente del Consiglio alla Camera e la votazione sulla fiducia, cui seguiranno domani quelli al Senato?
Che questa è la democrazia della società affluente. Che mentre nelle aziende ci sono organizzazioni e comportamenti complessi, con le carriere definite dal curriculum, dalle competenze e dal merito, nella nostra democrazia un salsicciaio con il diploma di scuola media - con tutto il rispetto per i salsicciai e per chi ha interrotto la sua carriera scolastica alla scuola secondaria di primo grado - può diventare esperto di politica, di tattica parlamentare e trasformismo. Dovrebbe essere “tecnicamente” impossibile che l’esperienza parlamentare di qualche anno realizzi una palingenesi dell’intelligenza e dell’intelletto. Del resto… non si può fare altrimenti, il diritto di voto è universale e tutti possono essere eletti.
Viene meno l’idea di sostenibilità della politica, che si manifesta più facilmente se si coniuga con l’adesione a partiti o movimenti politici di tradizione, che, come tali, sono meno personalistici e che, avendo una storia, hanno anche un futuro più naturalmente sostenibile. Non è un caso che l’Unione europea ha predisposto il Next Generation EU, piano dove è esplicitato il concetto di generazioni future (la sostenibilità è questo: fare scelte a vantaggio delle generazioni future), con l’obiettivo di eliminare le emissioni di gas a effetto serra entro il 2050 e fare dell’Unione l’area più competitiva, sostenibile appunto, innovativa e inclusiva del mondo. Non è fortuito che i quattro punti principali dell’agenda di Joe Biden, che giurerà come nuovo presidente degli Usa mercoledì alla 11:30 locali (17:30 in Italia) siano: pandemia, crisi economica, integrazione razziale e clima, tutti temi riconducibili all’idea di sostenibilità.
C’è in generale poca fiducia nelle proprie capacità. Si preferisce il colpo a sorpresa. Potere è sapere. In politica, come nel mondo del lavoro, chi sa comanda (storicamente la cultura è sempre stata dei potenti, prima della nobiltà, poi della borghesia; gli analfabeti non hanno mai comandato).
Se è vero che in politica vale la regola “mai dire mai” e che cambiare idea può essere segno di libertà, avere la fiducia delle persone è una virtù. Non mi sorprende il fatto che tu menta, ma che non potrò più crederti. Una fidanzata tradita dal compagno, non si meraviglia del fatto che lui si sia potuto innamorare di un’altra, ma che non potrà più essere certa della sua fedeltà.
C’è una evidente difficoltà politica del Conte II di gestire certe situazioni. La comunicazione deve essere trasparente e guardare al popolo in modo positivo, ottimistico e persino un po’ didascalico, nonostante la sua inevitabile limitata capacità critica e intellettuale, oggi così condizionata dalla televisione (il famoso lavaggio del cervello), situazione con cui, per ragioni di business e tornaconto personale, parte del giornalismo è connivente.
Nel Governo – seppure nelle aziende si lavori per schemi, slide, pragmatismo, taglia-incolla laddove utile – manca, probabilmente a livello di funzionari, quella capacità di sintesi, benchmarking, abilità di scrivere veloce i documenti, che è propria delle aziende del mondo globale (pesa l’antico ritardo italiano nella lingua inglese, cosa da cui si stanno emancipando i nostri giovani). Ciascun ministro dovrebbe essere esperto della sua materia, con un curriculum, competenze e capacità manageriali specifici.
La politica non può non essere “sostenibile”. La parte propositiva deva prevalere su quella distruttiva.
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