E' Natale, ma la Cina impone l’adattamento comunista della religione
Bibbia, Vangeli, Corano, scritti buddisti e taoisti dovranno essere armonizzati alla ideologia di Stato
Mentre l’Occidente secolarizzato, e “non più cristiano” come dice Papa Francesco, commemora la sua festa religiosa maggiore, il Natale, la Cina impone la variante comunista delle fedi.
Come ricorda il Corriere della Sera, il Partito comunista cinese (PCC) ha deliberato il novembre scorso la revisione e armonizzazione dei testi sacri all’ideologia di Stato. Dovranno essere corretti e ritradotti: Bibbia, Vangeli, Corano, scritti buddisti e taoisti. Il regime di Pechino, che obbliga i suoi membri all’ateismo, dà il via alla “sinizzazione” dei culti. Tutto nasce dalla campagna lanciata nel 2015 da Xi Jinping, l’uomo più potente della terra, non solo quale presidente dello Stato, capo della Commissione militare centrale e segretario del PCC, ma perché potrà mantenere tali cariche a vita dopo l’abolizione costituzionale del vincolo dei due mandati, approvata nel marzo 2018.
La dimostrazione che solo la democrazia ammette pienamente la libertà di religione. Ma anche un ulteriore esempio dell’evoluzione “scaltra” del comunismo, che ha come principale obiettivo la sua sopravvivenza. Il passaggio dallo sradicamento della religione, indicato da Mao, al suo controllo. Come avvenuto col capitalismo. Prima da abbattere, quindi, a partire da Deng Xiaoping, da abbracciare nel senso dell’ arricchimento e da declinare nella logica dell’economia di mercato di Stato. Un mostro - non può esistere capitalismo nel significato migliore del termine se non nella democrazia liberale - che si alimenta di una politica economica prevaricatrice verso l’esterno. Oggi la Cina è la seconda potenza mondiale, cresce a un ritmo tra il 6/7% del Pil all’anno e intorno al 2030 diventerà la prima. Ma nessun regime potrai mai essere superiore alla democrazia liberale, come nessun popolo, incluso quello cinese, indegno di essa. Come i fatti di Hong Kong preconizzano.
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