Gli Stati generali dell’economia convocati dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in programma da questo sabato a domenica 21 giugno a Villa Pamphily a Roma, sembrano essere una buona idea, ma poco congruente alla realtà politica e a quella economica del Paese.
Il centrodestra, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni ad Antonio Tajani, respinge l’invito. “Il Paese – questo sembra il ragionamento – non ha bisogno di passarelle e la sede istituzionale del confronto politico è il Parlamento”.
Il presupposto è che pioveranno sull’Italia 80 miliardi di euro e bisogna decidere come investirli e spenderli. Di qui la convocazione di rappresentanti internazionali e del mondo dell’economia, della finanza e del sindacato. Dovrebbero intervenire in videoconferenza: Kristalina Georgieva, presidente della Banca Mondiale, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, David Sassoli, presidente del Parlamento europeo. Più o meno confermati, tra gli altri: Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, Vittorio Colao, il manager che ha guidato la squadra di esperti che ha presentato al Governo le proposte per il rilancio dell’economia; i vertici delle maggiori organizzazioni industriali/finanziarie (Enel, Eni, Fincantieri, Leonardo etc.), l’imprenditore Oscar Farinetti, gli architetti Massimiliano Fuksas e Renzo Piano, membri dei sindacati. Incerta Christine Lagarde, presidente della Bce.
Quando nella Prima Repubblica c’era un problema, la prima scelta dei partiti era creare una Commissione (come dire: intanto qualcosa facciamo). Si spera che questi Stati generali abbiano un approccio consulenziale: si concludano cioè con proposte concrete, da mettere in pratica (il consulente risolve i problemi). Da evitare è la logica del convegno di approfondimento. In questo senso l’eterogeneità dei partecipanti e la lunghezza dell’evento inducono qualche dubbio. La velocità (quella che nasce dalla competenza… ci sono anche i mediocri veloci…) è un valore decisionale e professionale. Di fondo è che gli Stati generali hanno senso pieno in presenza di comuni intenti della maggioranza e dell’opposizione (come avvenne per esempio negli anni di piombo, la lotta al terrorismo negli anni 70 e i primi 80). Per quanto riguarda lo scenario di Villa Pamphily, in generale, insegna la disciplina manageriale, e in particolare in un momento di crisi come questo, post emergenza sanitaria, parrebbe meglio l’understatement.
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