Lo sguardo libero
La colpa di non aver impedito la follia di Putin
L’occupazione della Crimea del 2014 doveva suonare come campanello d’allarme
La responsabilità della guerra è sempre dei regimi autoritari, non della democrazia
Quando Vladimir Putin, e la sua folle guerra in Ucraina, saranno stati fermati, l’occidente democratico dovrà chiedersi perché ha finto di non vedere per tanti anni il pericolo rappresentato dallo zar del Cremlino.
Nel 1991 ci furono la dichiarazione di indipendenza dell’Ucraina e il referendum confermativo con più del 90% degli ucraini che espresse il proprio consenso – parteciparono al voto più dell’80% degli aventi diritto –. Dal 1999 a oggi Putin è alla guida della Federazione russa, o come capo del governo o dello Stato. Infanzia povera e adolescenza da bulletto, ex agente del KGB, egli non ha mai accettato la dissoluzione dell’Unione sovietica o di ciò che simboleggiava, una sorta di surrogato della grande madre Russia (quest'ultima idea spiritualmente vera e come tale nobile e onorevole). La sua ossessione è aumentata dopo la rivoluzione arancione del 2004 con cui l’Ucraina si riavvicinò all’Europa. Per non dire di quella del 2014, con la sollevazione contro il presidente Viktor Janukovyč, coinvolto in diversi processi per frodi e corruzione, che aveva riportato l’Ucraina a orbitare intorno alla Russia, dove lo stesso Janukovyč fuggì e tuttora si trova. Lo stesso anno Mosca occupò la Crimea.
Nessuno in otto anni, dal 2014 a oggi, si è posto il problema che la situazione sarebbe degenerata? A maggior ragione assistendo a come via via è stato spento il dissenso interno con omicidi, arresti, torture e censure. Nel 2019 vengono proclamate le leggi che puniscono le notizie false su Internet e la mancanza di rispetto.
Il nostro stesso premier, Mario Draghi, nei giorni scorsi ha espresso la sua sorpresa nello scoprire che per quanto riguarda l’Italia la dipendenza dal gas russo dal 2014 è aumentata anziché diminuire - oggi è al 45% con tutte le conseguenze negative, che ciò sta determinando sulla nostra economia -. Possibile che si sia confusa la ricchezza insolente degli oligarchi russi per il cambiamento liberale della Russia? Forse faceva comodo tutta questa sfrontatezza spalmata tra Londra e le coste della Sardegna (leggi qui)?
Il cigno nero della guerra non arriva se vige la democrazia – che nel suo DNA ripudia la stessa se non per difendersi -, ma se ci sono regimi autoritari. Questi non sono pochi, per citare quelli più armati e/o più ricchi, quindi pericolosi: dalla Corea del Nord alla Russia, dall’Arabia Saudita all’Iran alla Cina. Va detto che in questi due ultimi Paesi il potere non si fonda sulla ricchezza – il patrimonio personale di Putin è stimato da fonti autorevoli in 200 miliardi di dollari – e come tale è meno cieco. La strada per la democratizzazione del mondo è lunga e in salita. Tuttavia, mai arrendersi.