Lo sguardo libero
Terzo mandato, la Repubblica non si piega ai voleri dei governatori in carica

Antonio Tajani (71 anni), vicepremier, ministro degli Esteri e segretario nazionale di Forza Italia
Nel dibattito sul terzo mandato per i presidenti di Regione si gioca qualcosa di più della sorte di singoli politici: si mette alla prova la capacità dello Stato di tenere fede ai propri principi fondamentali. Il limite dei due mandati consecutivi, previsto dalla legge statale n. 165 del 2004 e confermato dalla Corte costituzionale (sentenza 64/2025), non è una regola secondaria: è una barriera democratica contro l’accumulo eccessivo di potere. Oggi questo principio rischia di essere trattato come una concessione, negoziabile su richiesta dei presidenti regionali in carica.
Tajani: “Anche Hitler e Mussolini vinsero le elezioni”
Antonio Tajani, leader di Forza Italia, ha dichiarato: “Anche Hitler e Mussolini vinsero le elezioni. Ma questo non basta a garantire la democrazia.” Tajani, contrariamente alla posizione di Lega e Fratelli d’Italia, i partiti guidati rispettivamente da Matteo Salvini e Giorgia Meloni, ha ribadito il valore del limite ai mandati come forma di difesa della democrazia, non come ostacolo alla rappresentanza popolare. Non è solo chi vince, ma come governa e per quanto tempo che definisce la qualità democratica di una Repubblica.
Il caso De Luca: una legge su misura bocciata dalla Consulta
Nel 2024, il presidente della Campania Vincenzo De Luca ha cercato di ottenere un terzo mandato facendo approvare una legge regionale (n. 16) che azzerava il conteggio dei mandati precedenti. Una mossa subito impugnata dal Governo e poi dichiarata incostituzionale dalla Corte. La Corte ha chiarito che il limite ai due mandati è un principio fondamentale dello Stato, non derogabile nemmeno dalle Regioni.
Zaia e la zona grigia: quello che era possibile, oggi non è più legittimo
Luca Zaia, presidente del Veneto, è al suo terzo mandato consecutivo. Una condizione possibile solo perché, all’epoca della sua ultima elezione (2020), la norma sul limite non era ancora stata chiarita dalla Consulta e nessuno presentò ricorso. Oggi, con la sentenza del 2025, è evidente che un quarto mandato non sarebbe più legittimo. Eppure, è stata proprio la volontà di consentire a Zaia e Massimiliano Fedriga, entrambi esponenti della Lega, di continuare a governare le loro Regioni (rispettivamente Veneto e Friuli-Venezia Giulia) a far partire la trattativa all’interno della maggioranza. Fratelli d’Italia, come dichiarato da Giovanni Donzelli, responsabile dell’organizzazione del partito, inizialmente contraria al terzo mandato, ha ammorbidito la propria posizione, ma solo se saranno le Regioni a chiederlo formalmente.
La Costituzione non è un compromesso tra interessi locali
Questa logica sembra pericolosa. Non sono i governatori a dover dettare le condizioni della democrazia, né le conferenze regionali possono decidere se un principio costituzionale debba o meno essere applicato. Il potere regionale, se non arginato da limiti nazionali, rischia di trasformarsi in un mosaico di potentati locali. E in questo scenario, la Repubblica non si definisce più in base alla legge, ma in base ai rapporti di forza tra centro e territori.
Mattarella, un precedente istruttivo
Lo stesso principio vale per il Quirinale. Quando, nel 2022, Sergio Mattarella fu rieletto Presidente della Repubblica, molti parlarono di scelta di equilibrio. Ma la Costituzione prevede un solo mandato di sette anni, e pur non vietando il rinnovo, lo configura implicitamente come eccezione. La colpa non fu di Mattarella, che accettò con spirito di servizio, ma del Parlamento, incapace di trovare un accordo.
Pericle e il principio del limite
Questa crisi del ricambio democratico obbliga a tornare alle radici del pensiero civile. Nel celebre “Discorso agli Ateniesi” (quinto secolo avanti Cristo), Pericle afferma: “La nostra amministrazione favorisce i molti invece dei pochi; ed è per questo che è chiamata democrazia. Le leggi qui assicurano una giustizia equa per tutti nei loro confronti privati, ma riconoscono l’eccellenza solo quando un cittadino si distingue per merito. E, per quanto riguarda la povertà, nessun uomo è tenuto in disparte dall’oscurità dell’umile condizione se è in grado di servire lo Stato.” Parole scolpite nella memoria della civiltà occidentale. Esse ci dicono che la democrazia è tale solo quando è inclusiva, temporanea, fondata sul merito e non sull’appartenenza o sulla rendita.