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Lo sguardo libero
Vincenzo Romano Spica: “Il successo è formare i giovani”
Vincenzo Romano Spica, genetista e docente universitario

"Riduciamo le liste d’attesa prendendo il meglio dal pubblico e dal privato"

Vincenzo Romano Spica, professore universitario e scienziato di fama internazionale, è un medico genetista, docente di Igiene e Sanità Pubblica presso l’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”, dove è stato preside della Facoltà ed attualmente dirige il Laboratorio di Epidemiologia e Biotecnologie. Si è formato negli Stati Uniti, applicando nuovi metodi biomolecolari alla tutela della salute. Lo abbiamo incontrato per la nostra intervista su questa avventura elettorale che lo vede impegnato nella regione Lazio nella lista civica Francesco Rocca.

Quando ha deciso di intraprendere questo percorso e candidarsi in questa tornata elettorale che la vede protagonista? Perché ha scelto il candidato presidente Francesco Rocca?

La settimana scorsa... per l’incoraggiante e affettuosamente ferma richiesta di amici e colleghi e per la stima e fiducia verso il presidente Rocca e la splendida squadra che ha convocato. Sento l’onore e la responsabilità di essere stato chiamato in questo percorso, e poter offrire il mio contributo. Dagli anni del liceo sono sempre stato attratto dalla politica, un’autentica passione che mi aveva anche coinvolto in vari piccoli successi ed opportunità, ma quando arrivai a Roma e mi proposero di continuare nell’allora Dc, risposi che ormai avevo preso una decisione e mi sarei dedicato alla medicina e alla ricerca scientifica, e così sarebbe stato anche negli anni successivi ogniqualvolta altre occasioni e inviti si presentavano. Non volevo distrarmi dalla medicina e sentivo il mio futuro nella ricerca scientifica, come un impegno in cui portare il mio contributo per gli altri attraverso lo studio ed il lavoro; qualcuno lo chiamerebbe caso o destino, altri Provvidenza. 

Si vuole presentare. La sua vita. i suoi studi…

Vivo a Roma dal 1984, quando venni a studiare all’Università. Le radici dei miei genitori sono in Sicilia, terra che amo come tutto il Sud, ma in cui non ho mai vissuto in quanto sono nato a Brescia nel 1965 e ho frequentato le scuole a Imperia. Sono sposato da 31 anni con Olga, laureata in chimica farmaceutica, ed abbiamo una figlia di 28 anni. Abbiamo vissuto spesso all’estero, negli Stati Uniti, dove ho perfezionato i miei studi e acquisito nuovi orizzonti nelle scienze e nelle potenzialità del progresso tecnologico. Sono tornato nel mio Paese come ricercatore e professore universitario, per trasmettere quello che avevo imparato e aiutare i giovani a trovare la propria strada nello studio e nella ricerca, qui in Italia. La ricerca è la base del progresso e dello sviluppo per le presenti e future generazioni. Quando dico ricerca voglio dire “portare le idee nella pratica”, e penso al lavoro di ogni artigiano, imprenditore, agricoltore, funzionario o industriale che deve affrontare problemi nuovi, cercando soluzioni creative. Anche l’atleta che cerca superare il proprio limite per me è un ricercatore! Dopo essermi laureato in medicina e chirurgia e specializzato in genetica medica, questo è lo spirito aperto e di servizio che ho portato nel mio lavoro e con cui ho costruito opportunità realizzando soluzioni per la prevenzione e la sanità pubblica. In tutti i compiti in cui sono stato chiamato ho cercato portare la mia esperienza e con umiltà il mio piccolo contributo per trovare soluzioni funzionali ed efficaci.

Quale la sua visione circa la Regione Lazio?

Oggi, gli stessi risultati che ho raggiunto mi interrogano per fare di più. Vedo le difficoltà nel potenziare la ricerca e soprattutto nel valorizzare i giovani nei diversi ambiti occupazionali, sociali e culturali. Anche in questo, sembra siano state distrutte o infrante le straordinarie potenzialità proprio della bellissima Regione Lazio, tradite le promesse della classe dirigente verso i vari settori di crescita, lavoro e di sviluppo umano, sento la sfiducia e tocco la delusione della gente, e mi addolora la rassegnazione sempre più indifferente dei giovani… 

Parliamo di Università e di ricerca scientifica.

L' università e la ricerca scientifica non sono state lanciate adeguatamente sul territorio, creando quel volano che naturalmente poteva e doveva svilupparsi. In questo scenario, rimanere nel proprio studio e tra gli esperimenti del laboratorio non sarebbe più una vocazione né una sfida, ma una comodità che si consolida per inerzia.

Torniamo al suo percorso politico.

 Ho deciso intraprendere questo percorso di politica con estrema umiltà, consapevole di non essere un rodato e navigato politico, ma sicuro di voler far parte di questa squadra e poter offrire la mia esperienza in questa Lista civica per il Presidente Rocca, che vede proprio in diversi temi di sanità pubblica un ambito prioritario. 

Un suo successo?

Il mio successo più grande è formare i giovani. Aiutare ciascuno a trovare e percorrere la propria strada, per realizzare le proprie potenzialità. È una sfida delicata, in cui non si deve imporre, ma ascoltare ed assecondare. È come seminare, il successo lo si vede nel tempo. Ho ricevuto diversi riconoscimenti, ma quello più gradito è quando ho visto che la mia persona univa il consenso di visioni diverse e posizioni anche opposte. Trovare soluzioni originali per risolvere problemi nuovi è stata occasione di encomi, come l’aver realizzato laboratori nuovi, da zero, spesso anche partendo con zero risorse! In Italia come all’estero. La gioia è stata vedere come le idee, le strutture, le squadre messe insieme potevano continuare a funzionare, col tempo, anche senza la mia presenza costante. I riconoscimenti più difficili e importanti sono però quelli che si conquistano in famiglia, con gli amici, nelle piccole e grandi cose quotidiane; ed anche con sé stessi nelle diverse situazioni, cercando di superare i diversi ostacoli che la vita fa incontrare a tutti. 

Parliamo di salute, responsabilità ed impegno.

Perché penso poter essere utile, nel portare le mie esperienze non solo professionali e scientifiche, ma anche umane e culturali, ed il mio punto di vista. Le mie linee di ricerca scientifica e attività didattiche hanno raggiunto ormai una maturità tale da poter andare avanti con le proprie gambe e in ottime mani anche grazie ai miei collaboratori, che ho formato in questi anni, alcuni nel Laboratorio a Roma, altri impegnati all’estero o in altre regioni italiane. Adesso, posso fare di più e in un ambito più ampio come candidato di questa straordinaria lista civica, con cui mi sento in sinergia. Cerco sempre rendermi disponibile e portare il mio aiuto a chi me lo chiede, cercando di fare la differenza e dare il mio meglio. Giocare in questa squadra guidata dal presidente Rocca, sembra poter amplificare ogni potenzialità del singolo e costituisce un onore ed un privilegio. Questo impone maggiore responsabilità ed impegno per poter contribuire insieme a migliorare la vita, la salute ed il futuro dei cittadini della Regione Lazio. Ci sono le condizioni per poter fare cose concrete e portare un vento nuovo e costruttivo.

Il suo appello è "Servizio e Innovazione". Che valore aggiunto vorrebbe apportare per la Regione Lazio?

Nella mia esperienza ogni conoscenza scientifica, professionale o culturale doveva innanzitutto servire agli altri. Gli altri non sono solo persone o chi ci sta intorno, ma anche istituzioni, valori o semplici contesti in cui mi sono trovato ad operare. Occorre dunque guardare il presente, ma pensando al futuro. Questo, applicato alla ricerca scientifica significa “innovazione”, ossia affrontare i problemi cercando soluzioni nuove, che non siano teoriche ma trasferibili nella realtà, che non solo funzionino, ma che siano anche utili. Vorrei fare la differenza servendo i cittadini e le idee di questa lista civica, apportando la mia esperienza ed una prospettiva nuova, con spirito di servizio ma anche di radicale cambiamento.

Il suo programma?

Contribuire a ridurre le liste d’attesa nella sanità. Valorizzare in questo ambito le istituzioni ed il pubblico, difendendo il nostro Sistema Sanitario Regionale. Questo non richiede solo visione, investimenti, e risorse ma anche educazione, sia degli operatori che dei cittadini. Inoltre, questo non esclude l’aiuto e la sinergia dal settore privato, che non deve essere in antagonismo ma anzi in una collaborazione complementare verso obiettivi condivisi. È possibile prendere il meglio da ambo le parti, ed è pure ragionevole che dopo oltre 40 anni il SSN possa esso stesso richiedere un check up ed un po’ di riabilitazione, per migliorare le prestazioni. Questo richiede un approccio multidisciplinare, non solo medico, ma anche infermieristico, economico, giuridico e di tutti i tecnici ed operatori sanitari, come anche del volontariato, che deve integrare progetti, non supplire a carenze.

Le persone si sentono abbandonate dalle istituzioni.

Lo spirito portante del SSN è la salute come diritto e valore, l’articolazione a partire dal territorio, e l’attenzione alla persona, a partire dagli ultimi. Immagino modelli e strutture agili e innovative, anche per la prima assistenza medica, con presa in carico delle persone malate e specie quelle che negli ultimi anni di crisi sono finite ai margini della società. Soluzioni concrete che possano affiancare il SSR ed accogliere ragazzi, anziani, famiglie e persone in difficoltà, attraverso strutture, reti e sinergie, rispondendo alla straordinaria opportunità di reinserimento e integrazione di malati, singoli e di comunità, nel tessuto sociale. Le difficoltà di accesso al SSN emerse in tempo di pandemia per le fasce più deboli hanno fatto emergere nuove idee e l’esigenza di creare e potenziare nuovi modelli per fornire assistenza di primo livello “in zona”. Un servizio per chi non può essere raggiunto dal SSR, un ponte, ma anche una occasione per valorizzare il volontariato e fare esperienze portando il proprio contributo professionale, tecnico, culturale, umano. Occorre cercare di trasformare il disagio sociale e le sacche di emarginazione in un Laboratorio Sperimentale “sul campo”, in cui poter trasferire competenze tecniche e servire il malato, offrendo opportunità di reciproca crescita professionale, sociale, umana.

C’è anche una carenza di strutture.

Nel Lazio esistono edifici e straordinari spazi abbandonati, che non possiamo abbandonare al degrado e che impongono essere valorizzati. Potrebbero ospitare le nuove iniziative, dando un contesto ed un indirizzo a idee e progetti. Per esempio, occorre comprendere che la sanità pubblica non può reggersi senza fondarsi sulla prevenzione. E che la prevenzione oggi è soprattutto ambiente e stili di vita, ossia alimentazione e attività motoria: lo sport è un tema portante per la salute (oltre che per il sociale). Il Lazio dispone di Laureati in Scienze Motorie che quotidianamente e con professionalità contribuiscono a contrastare la sedentarietà, alfabetizzare alla salute e integrare interventi di prevenzione primaria, secondaria, terziaria. Occorre fare un salto di qualità per rendere queste nuove competenze parte integrante delle azioni delle ASL e un beneficio adattato alla portata di tutti, indipendentemente dall’età o dalle condizioni di diversa abilità.

Ha colpito una sua riflessione su un bene come l’acqua.

Il Lazio è nell’insieme ricco d’acque, ma vanno valorizzate e difese dal punto di vista igienico-sanitario. Come già ho imparato da decenni, aderendo alle iniziative dell’ONU sull’acqua, dobbiamo riuscire ad espandere una cultura di tutela di queste risorse e gli strumenti per proteggerle in modo sostenibile. Conoscere, rispettare e tutelare l’acqua è la chiave per difendere l’ambiente e la salute anche delle future generazioni.

Un sogno?

Poter realizzare un campus aperto per i giovani. Non una semplice rete o federazione accademica tra atenei laziali e centri di ricerca, ma una reale modalità di accoglienza ed inserimento e/o formazione dei nuovi laureati. Il modello è quello di CSHL, che conobbi quando vivevo in USA, ma pensato non solo per puntare alle eccellenze, bensì aperto a tutti, con l’offerta di esperienze temporanee in progetti condivisi tra atenei, industrie, laboratori e soprattutto a partire dalle proposte e attese dei giovani. Un percorso finalizzato a qualificarsi e crescere, mettersi alla prova portando le proprie idee e costruendo la propria strada non da soli, ma accompagnati ed aiutati dai meno giovani.

Primo obiettivo?

Vincere le elezioni e subito cominciare a lavorare. Meno parole e più fatti.

Il suo augurio per i giovani? 

Trovare la propria strada. E trovarla in un ambiente che valorizzi i loro sogni.

 

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