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Borse europee, con Macron puntare su industriali, moda, telefonia e high-tech

La vittoria di Emmanuel Macron era ampiamente scontata dai mercati e non produce oggi particolari contraccolpi, che avrebbero invece potuto verificarsi, in termini negativi, nel caso di una vittoria “a sorpresa” di Marine Le Pen. Se la principale fonte di incertezza politica (ma non unica: a giugno sempre in Francia sarà la volta delle elezioni politiche, in autunno toccherà alla Germania e forse all’Italia) è stata rimossa, quanto potrà durare lo stato di grazia dei mercati e chi ne beneficerà maggiormente? La sensazione, ribadita da un coro pressoché unanime di analisti e gestori, è che almeno a breve termine gli investitori torneranno a concentrarsi sui fondamentali macroeconomici che, guarda caso, stanno gradualmente ma costantemente migliorando in Europa, verso i cui mercati, in particolare quelli azionari, dovrebbero continuare a dirigersi flussi d’investimento provenienti dall’America e dall’Asia.

C’è dunque spazio per una ulteriore risalita degli indici, anche se è difficile prevedere accelerazioni “brucianti” visti i livelli già raggiunti. A favore dei listini europei giocano oltre allo scenario macro le attese di utili in crescita più che in altre aree del mondo (Stati Uniti in primis) e valutazioni relativamente più attraenti. Inoltre la vittoria di Macron, come nota Steven Andrew, gestore del fondo M&G Income Allocation, è una buona notizia per chi crede nel progetto europeo di maggiore integrazione e più profonda cooperazione tra i paesi membri della Ue, progetto che negli ultimi 9 mesi è apparso seriamente a rischio complice la Brexit e l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Indirettamente la vittoria di Macron potrebbe aiutare anche i mercati “periferici” del reddito fisso come l’Italia o il Portogallo, grazie ai minori timori di instabilità politica per i prossimi mesi e anni.

Una instabilità che tuttavia non è garantita “per sempre”: anzi, come nota Salman Ahmed, Chied Investment Strategist di Lombard Odier IM, i prossimi 5 anni saranno decisivi per i politici come Macron a favore della globalizzazione per procedere a riforme in grado di rassicurare chi è rimasto escluso dai benefici della globalizzazione, altrimenti il vento del populismo rischia di tornare a soffiare ancora più forte alla prossima crisi economica. Parallelo al tema delle riforme strutturali, e all’attenzione per l’andamento dei colloqui Gran Bretagna-Ue sulla Brexit, è destinato a riacquistare sempre più peso l’attesa per l’evoluzione della politica monetaria della Bce, finora vera “rete di protezione” dei mercati azionari e obbligazionari europei anche nei momenti di maggiore tensione.

La Bce ha ricordato ancora oggi, e forse il timing non è casuale, come le sue operazioni di rifinanziamento a lungo termine finalizzate (Tltro) abbiano “offerto supporto alla trasmissione delle politiche monetarie” traducendosi in “migliori condizioni e più elevati volumi di finanziamento”. Della politica e delle misure “straordinarie” adottate dalla Bce hanno tratto vantaggio in particolare le banche italiane, spagnoli e francesi (ma anche tedesche) e più in generale i titoli sensibili ai tassi d’interesse, ora la riduzione graduale della liquidità, o meglio il rallentamento nella creazione di ulteriore liquidità, e il graduale leggero rialzo dei tassi potrebbero spostare il favore dei mercati da tali titoli a titoli ciclici oltre che ai titoli tecnologici, che potranno continuare a beneficiare del rally degli high-tech a Wall Street, ripreso dopo il “riposizionamento tattico” di Donald Trump rispetto agli annunci fatti in campagna elettorale.

Volendo tradurre operativamente i consigli e le analisi diffuse copiosamente a seguito dell’esito elettorale francese, sulla componente obbligazionaria si potrebbe approfittare di qualche ulteriore recupero dei prezzi per alleggerire le posizioni (o quanto meno per ridurre la duration media), rimanendo maggiormente esposti a Oat francesi, Bonos spagnoli, Btp italiani e titoli di stato portoghesi. Sull’azionario si potrà ridurre gradualmente il peso degli Usa per incrementare l’esposizione sui listini europei, eventualmente privilegiando a livello settoriale i titoli della moda-lusso, gli industriali, i telefonici, l’high-tech ed eventualmente i petroliferi. Banche e assicurazioni potranno essere vendute gradualmente, perché non è escluso che sulla scorta di qualche trimestrale o di nuove operazioni di fusione e acquisizione non possano offrire ulteriori spunti positivi.

Per chi ha una buona capacità di sopportare il rischio e ama puntare su singoli titoli, Ferrari, Leonardo e Telecom Italia sembrano anche a questi livelli in grado di suscitare interesse negli investitori. Da tenere d’occhio Mediaset, in vista di una soluzione per la vicenda Vivendi che da troppo tempo si trascina senza costrutto, mentre Fincantieri potrebbe valere una scommessa tra le “mid cap”, con Clabo e Fove che sembrano in grado di migliorare ulteriormente le già eccellenti performance da inizio anno, sfruttando anche l’attesa per nuovi flussi d’investimento in arrivo dai fondi collegati ai Pir, il cui successo potrebbe anche sostenere le quotazioni di titoli come Azimut, Banca Generali, FinecoBank o Banca Mediolanum.

Luca Spoldi

Tags:
borse europeeemmanuel macron asset management borseinvestimento azionarioportafoglio azionario


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