Coronavirus Natale, lo psicologo: "Trasformare la drammaticità in originalità" - Affaritaliani.it

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Coronavirus Natale, lo psicologo: "Trasformare la drammaticità in originalità"

di Alessandra Vardaro

Covid, come sarà questo Natale? Su Affaritaliani.it i consigli dello psicologo Gabriele Giorgi per affrontare le festività. L'INTERVISTA

Le feste sono alle porte. Ma dopo quasi un anno da quando l’Italia è stata sconvolta dall’epidemia di Covid-19 la domanda che viene sempre più in mente agli italiani alle prese con nuovi dpcm e continue restrizioni è: che tipo di Natale sarà?

Affaritaliani.it lo ha chiesto a Gabriele Giorgi, professore associato in psicologia presso l’Università Europea di Roma (UER), sugli effetti di questo “Natale contenuto”.

Dopo 8 mesi di pandemia e due lockdown che gli italiani hanno affrontato, che cosa significa ad oggi dover rinunciare alle feste natalizia?

E’ sicuramente una rinuncia importante. Questo perché nasce da due fattori principali: il primo è quello di una mancanza di appagamento del nostro bisogno emotivo, l’Italia è una cultura che viene definita affettiva. Di fatto noi possiamo avere due tipi di culture: neutrali, dove c’è meno bisogno di esprimere le emozioni, e affettiva, dove c’è proprio bisogno di comunicazione emotiva. Il secondo fattore è quello della tradizione: il Natale è un elemento fortissimo nella nostra cultura. Il nostro Paese è fortemente cattolico e quindi questa festività ha un grande significato, la famiglia è un valore importantissimo. Con questo Natale confinato avremo sicuramente una perdita di identità e di valori del nostro sistema paese.

Secondo lei con quale stato d’animo gli italiani si trovano a dove affrontare questo Natale contenuto?

Gli stati d’animo saranno sicuramente più stressanti, ansiogeni. Potranno essere presenti emozioni di instabilità, anche nei sentimenti e delusione. In alcuni momenti in cui le persone si chiuderanno ancora di più perché non potranno vivere questo momento importante.

Chi potrebbe soffrire di più di questa situazione?

Personalmente suddividerei il rischio di stress sulla base di alcune categorie: sicuramente gli anziani isolati, appaiono maggiormente a rischio e poi le persone single che non hanno la propria famiglia vicino. Mi viene da pensare anche ai bambini che hanno sempre vissuto il Natale come un momento gioioso, di sogno e oggi si trovano comunque in una atmosfera familiare sicuramente diversa.

Dunque le reazioni a questo “Natale contenuto” saranno diverse a seconda della fascia di età?

Non proprio. Dire che ancora di più peserà la categoria, lo status familiare. Le reazioni saranno diverse perché una cosa è essere anziano o giovane ma ancora di più conterà essere padre o madre di famiglia rispetto all’essere  single. Ovviamente se la persona è vicina alla famiglia, vive o convive con la famiglia, avrà un diverso approccio rispetto a chi vi è lontano. Chi vivrà il Natale da solo sarà sicuramente più triste, con pensieri più negativi, con una perdita di sicurezza di sé stessi e probabilmente di speranza.

Secondo lei affrontare il Natale con questi disagi emotivi avrà un effetto anche a lungo termine? O meglio, questo natale potrà influenzare quelli che verranno dopo?

Direi di sì ma come cumulato ad altre esperienze pregresse. Qui mi permetto di fare un ragionamento non solo sul Natale ma più generalizzato. Noi siamo ad un secondo lockdown quindi la situazione è ormai “gravosa”, anche dal punto di vista psicologico. Non parlerei dunque dell’episodio singolo del Natale però parlerei di questa situazione cumulata di frequente distanziamento. Questo provoca uno stress molto forte che in letteratura evidenziamo come microstressor che percepiti frequentemente hanno un impatto patogeno più elevato anche di un importante trauma, ad esempio più di un lutto, di un grosso trauma, di un divorzio. Ma ecco, questi micro eventi ripetuti hanno un effetto molto lesivo. Quindi non è solo la giornata di Natale, ma è questa festa mancata alla quale si aggiungono i due lockdown e il distanziamento. Sicuramente sia dal punto di vista della tradizione sia che della nostra necessità è una perdita importante.

Sui così detti “emigrati”, coloro che hanno dovuto lasciare la propria casa per scelta o necessità e che quindi sono già costretti a vivere nella maggior parte del tempo lontani dalla propria casa e dalla propria famiglia, che impatto può avere questa restrizione?

Ritengo che anche siano tra le persone che hanno subito di più questo confinamento perché hanno avuto una separazione più netta dalla famiglia. In questo caso il ricongiungimento diventa o impossibile o molto complicato perché abbiamo già visto tutti i treni e gli aerei pieni. Quindi questo è un ulteriore fattore di stress e ci si ritrova in una situazione già destabilizzata. Sono soggetti più fragili che potrebbero avere emozioni più negative, perdita maggiore della speranza, sentiranno ancora di più questo sentimento della lontananza ed è per questo che l’isolamento non va vissuto troppo negativamente.

Quali sono gli effetti di un isolamento vissuto negativamente?

Due sono gli effetti dell’isolamento, da una parte c’è una distorsione della visione, quindi persone che si isolano troppo possono avere quello che viene definito “effetto tunnel” ovvero è come entrare in un tunnel dal quale non si riesce ad uscire, dove le cose appaiono ancora più buie. Quindi cresce la minaccia del Covid, dell’impossibilità di vedere la famiglia. E dall’altro c’è un "effetto di riccio", di rinchiudersi, di mettere in atto ancora di più delle condotte di evitamento: non posso andare a casa, devo stare distanziato e quindi mi rinchiudo ancora di più in me stesso. Sento di più la minaccia perché ho perso ancora di più i miei punti di riferimento

In questo quadro che abbiamo descritto non molto positivo, un consiglio per affrontare al meglio queste feste anche con tutte le difficoltà che ci sono?

Direi che bisogna rimanere positivi o comunque trovare delle strategie. Sicuramente bisogna rimanere in contatto con le nostre emozioni, dobbiamo confrontarci con la nostra vita. Secondo me è molto importante utilizzare la nostra intelligenza emotiva, emozionale. Questa va in qualche modo “virtualizzata” ovvero va utilizzata ancora di più attraverso i canali tecnologici, virtuali. Non dobbiamo buttare via i gesti emotivi che sono importanti e che possiamo fare virtualmente quindi la telefona in più, il sorriso virtuale, la videochiamata, sentirsi vicini agli altri. L’importante è essere lontani ma emotivamente vicini. Poi si possono anche pensare a nuove visioni del Natale, costruire nuove abitudini, riscoprire qualcosa di nuovo, vedere in questa situazione una parentesi, anche con delle novità. Facciamo un Natale in cui abbiamo il nostro tempo, in cui non sentiamo la pressione, dove ci sentiamo liberi. Vedere la positività del nuovo è un elemento che mi sentirei di consigliare. Aprirsi al cambiamento abbattendo l’ansia. Rompiamo con la nostra routine, ci manca la famiglia, ci mancano i parenti ma stiamo anche vivendo una nuova esperienza. Vedere il lato positivo. O magari pensiamo ad un Natale originale, innovativo. Questo può essere un modo per sdrammatizzare: trasformiamo la drammaticità in originalità, secondo me può essere un vantaggio.