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Coronavirus
Morti viventi? Più delle vittime vere: Italia assuefatta alla sofferenza

Assuefatti. Vagano per la città senza una meta precisa come per darsi un tono, come se il lavoro li rendesse liberi, in attesa del prossimo bollettino, nella speranza che il colore della loro regione cambi, ma senza un motivo apparente, senza un significato plausibile. Assuefatti dalle parole a milioni di Speranza e speranza, del Presidente ineffabile e piacione, e sempre in attesa dei ristori, dello slittamento dei pagamenti e del caffè da consumarsi nel bicchierino di carta, ma lontano dall’ingresso dell’ultimo bar aperto.

Non si guardano più, e figuratevi se ci sia interesse a parlare a parlarsi, senza la naturale propensione a gesticolare, con la mascherina che ci nasconde e che nasconde le nostre emozioni: perfetto per questo mondo depauperato e militarizzato, tra telecamere di sorveglianza e pagamenti digitali, e telepass.

Sembrano cambiati e pallidi i paladini della politica di maggioranza ed opposizione, negano tutto e affermano solo quello che è fonte di interesse particolare. Salvini scivola senza nemici da attaccare, la Meloni si smarca dall’area che l’ha generata e Silvio, dall’isolamento pandemico continua a cercare un posto su un palcoscenico troppo affollato da persone che forse non conosce neppure. Assuefatti dal dolore della morte, e della malattia, dall’incapacità pubblica di dare conforto a quanti non hanno più nulla, neppure la vicinanza dei congiunti nell’ora fatale, come impone l’Istituto di Sanità che per decenni ha assistito allo smembramento della sanità di tutti, sommersa dai costi immensi e da servizi decadenti. E’ l’ennesima riprova di quanto l’uomo comune riesca a sopportare, e di quanto basti poco per finire la giornata, uno spritz, o una pizza prima dell’ennesimo lockdown che ci colpisca a tradimento, prima di un altro tramonto apocalittico.

Assuefatti medici e infermieri che vagano senza sosta e con tanta pena nelle corsie dove sono stipati malati veri e innocui, unica avanguardia di un mondo che non riesce a sopportare anche la minima (o massima) sofferenza. Guardali i virologi-star, o starlette che sciorinano dati e metodologie cliniche solo rivolti a telecamere spente, una nuova categoria di duellanti di un altro spettacolo, con i numeri della morte che non fanno più male del pareggio della squadra del cuore.

E’ uno stillicidio sociale e antropologico che conta molti più morti viventi di quelli morti per davvero, di psicofarmaci in crescita esponenziale e di violenze familiari stabili. Uno stato diffuso di narcosi che rallenta le capacità cognitive e spinge ad un’omologazione senza grandi desideri, solo rivolta a sbarcare il lunario materiale e psicologico, mentre guardiamo i notiziari con l’audio basso, e con le facce stanche, delle varie cricche che ansimano per cercare di essere ancora plausibili.

La Pandemia ha solo accelerato disperazioni e incapacità congenite in una società e di una politica stanca e inadeguata, metre Di Maio, il Ministro, vuole contare di più, e Casaleggio annuisce insieme a quel Dibba che in un paese civile avrebbe il suo posto fisso da commesso alla Lidl, con tutto il rispetto per quanti quell’impiego se lo sono guadagnati.  Non ci salveranno l’intelligenza di Galimberti o l’isteria senile di Cacciari, non siamo stati in grado di sognare una società diversa da questo porcile, potevamo ambire ad essere almeno un pollaio, ma non ce l’abbiamo fatta.

Tutti aspettano la chiamata, anche qualche geometra di Cuneo per fare il Commissario alla Sanità della Calabria. Che ci vuole? Basta fingere, sempre e comunque cercando di restare seri davanti agli strafalcioni del Governatore, o alle affermazioni becere del Neo-Governante in carica. Passerà, ma ci vorrà tempo per dimenticare uno squallore che neppure in Delitto e Castigo Dostoevskij avrebbe mai potuto raccontare e anche se manca il delitto siamo certi che, nessuno di loro, subirà

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