Cronache
ArcelorMittal: salta la tregua, operai dell'indotto presidiano le portinerie

Patuanelli: "Se vogliono tornare al tavolo devono fare la prima mossa"
E’ saltata dopo poche ore quella che appariva una piccola tregua dell’indotto-appalto siderurgico ArcelorMittal. Stamattina, infatti, gli operai delle imprese fornitrici del siderurgico stanno presidiando in massa sia la portineria imprese, sulla strada per Statte, sia la portineria della direzione, sulla statale per Bari. In quest’ultimo caso però si tratta di un presidio simbolico che non impedisce al personale della direzione di entrare nel palazzo.
Sembrava, stando almeno alla piccola tregua che si era profilata ieri sera dopo che Confindustria Taranto aveva incontrato e parlato con ArcelorMittal, che almeno sino a domani non ci sarebbero state proteste. Nel senso che le aziende e Confindustria Taranto avrebbero atteso sino a domani, giovedì, il pagamento delle fatture scadute, per riservarsi poi, in caso di mancato pagamento, azioni ulteriori. Invece stamattina presto sono ricomparsi i presidii davanti alle portinerie dell’acciaieria.
“Non abbiamo alimentato il presidio - ha dichiarato stamattina ad Agi il presidente di Confindustria Taranto, Antonio Marinaro - nè l’attività di blocco. Abbiamo parlato con la direzione di stabilimento che ci ha proposto il pagamento del 60 per cento dello scaduto nei prossimi 15 giorni. Mi sono riservato, a quel punto, di sentire le aziende, ma la proposta di ArcelorMittal non è stata accettata dalle imprese se non parzialmente. In mattinata, adesso, porterò ad ArcelorMittal una nuova proposta delle aziende. Queste ritengono che i pagamenti - prosegue Marinaro - debbano essere fatti in questo periodo, e quindi detteranno le condizioni. Le aziende, dopo tre mesi di insoluti, non riescono più ad operare. E noi sappiamo come ArcelorMittal sta operando sul territorio e cosa vuole non fare. Il fatto che l’ad di ArcelorMittal, Morselli, non ci abbia incontrato, lo riteniamo un segnale preoccupante”.
ArcelorMittal, Patuanelli: "Se vogliono tornare al tavolo devono fare la prima mossa"
"Se (ArcelorMittal, ndr) vogliono tornare al tavolo devono fare la prima mossa". Lo ha detto il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli parlando a Class Cnbc della situazione dell'ex Ilva e dei rapporti con ArcelorMittal.
ArcelorMittal: Confindustria Taranto, nessun pagamento, da domani blocco
Preavviso di nuovo blocco da domani per ArcelorMittal a Taranto da parte delle imprese dell’indotto-appalto siderurgico che chiede il pagamento delle fatture scadute. Lo annuncia Confindustria Taranto. “Nessun pagamento effettuato da parte di Arcelor Mittal Italia alle aziende dell’indotto - si legge in una nota diramata in tarda mattinata-, neanche in minima percentuale: contrariamente a quanto dichiarato dall’azienda nella serata di ieri a Confindustria e sindacati, convocati nella direzione dello stabilimento, nessun credito è stato soddisfatto neanche come anticipo rispetto alla mole creditizia maturata da parte delle aziende fornitrici”. “Le imprese, che da lunedì scorso continuano a tenere il presidio spontaneo e autogestito davanti allo stabilimento, hanno assicurato già da ieri sera, accogliendo la richiesta di Confindustria Taranto, gli interventi necessari per la messa in sicurezza degli impianti - afferma Confindustria Taranto -. In assenza del saldo dei crediti, tuttavia, riprenderanno con il blocco delle attività interne allo stabilimento a partire dalle 12 di domani, giovedì 21 novembre”.
ArcelorMittal: Tria, serve lo scudo penale; ma Cdp non intervenga
Il problema dell'ex Ilva "va risolto, ma sarebbe stato meglio evitare di cancellare lo scudo penale». Così l'ex ministro dell'Economia, Giovanni Tria, in un'intervista a La Stampa. «Ho vissuto in prima persona la vicenda della Tav Torino-Lione: allora come oggi si è creato un enorme danno reputazionale al Paese. Chi fa investimenti deve avere la certezza che il quadro normativo non cambi».«Se non si tornasse al regime precedente - ha aggiunto Tria - il caso di Taranto sarebbe ancora più eclatante. Gli accordi vanno rispettati, da entrambe le parti. Questa sullo scudo (introdotto e tolto due volte da quattro governi diversi, ndr) è una sceneggiata che si sarebbe dovuta evitare». In merito all'intervento pubblico Tria spiega che: «Investire in aziende come Ilva non è fra i compiti della Cassa. Cdp non può essere utilizzata per interventi di cui non è sicuro il risultato. Occorre essere molto cauti, c’è in palio il risparmio postale degli italiani». Eppure lei disse sì all’intervento pubblico in Alitalia? «Dissi di sì purché ci fosse un piano industriale credibile e dentro le regole europee. Il sì era condizionato a queste due precondizioni, che peraltro in quel caso non si sono ancora realizzate». Tria si sofferma sulla riforma del Fondo salva-Stati e sulle polemiche interne alla maggioranza. «Non c’è stata nessuna firma - spiega - , tantomeno segreta. È una polemica a dir poco pretestuosa. Il testo è disponibile sul sito della Commissione europea». Smentisce che l’accordo penalizzerà l’Italia? «Il processo di riforma del Fondo è iniziato nel 2011. È stata condotta una lunga trattativa, e certamente quello trovato è un compromesso. Come tale scontenta un po’ tutti: l’Italia, ma anche la Francia o la Germania. Si dimentica però di dire che la firma non c’è stata ancora, e che il Parlamento dovrà ratificare il trattato. Quando si parla di queste cose sarebbe bene prima approfondirle». In quali punti l’Italia dovrebbe ritenersi soddisfatta?«I passaggi più pericolosi sono stati eliminati, in particolare quello che prevedeva la possibilità di ristrutturazione del debito sovrano. Era un punto molto delicato, ora trasformato in una formula generica».